Ok

En poursuivant votre navigation sur ce site, vous acceptez l'utilisation de cookies. Ces derniers assurent le bon fonctionnement de nos services. En savoir plus.

dimanche, 14 juillet 2013

Eu-Rus. Il protagonismo dei popoli europei e una nuova sinergia con la Russia

Eu-Rus. Il protagonismo dei popoli europei e una nuova sinergia con la Russia

da Alfonso Piscitelli
Ex: http://www.barbadillo.it
 

eu-russia-summit-l

Aymeric Chauprade è uno degli autori di geopolitica più importanti della nuova generazione. Animatore della Revue française de géopolitique  è anche presidente della Accademia Internazionale di Geopolitica. Chauprade afferma le ragioni del multipolarismo: sostiene che per riequilibrare il sistema di rapporti internazionale sia necessario un nuovo protagonismo dei popoli europei, che solo può avvenire in virtù di  una forte intesa con la Russia.

La Russia appunto. La vecchia rappresentazione secondo la quale Mosca esprimeva un potere “asiatico” ed ostile, separato dal nostro vivere occidentale da un limes invalicabile (la cortina di ferro) appare vecchia. Una rappresentazione ossidata e tossica. Archiviata per sempre l’ideologia marxista, la Russia torna ad essere nazione europea, per paesaggio, etnia, lingua, cultura e religione. Ed è naturale che gli spiriti più intuitivi del nostro tempo si prodighino per sostenere la vera, autentica  “integrazione” per la quale valga la pena di battersi. L’integrazione tra Est e Ovest dell’Europa; il respiro simultaneo dei “due polmoni dell’Europa”, come li definiva con parola ispirata  Giovanni Paolo II.

Il 13 giugno Chauprade  ha rivolto un’allocuzione ai deputati della Duma russa. “Signore e signori della Federazione Russa – ha esordito l’autore – è un grande onore essere qui per un patriota francese che come me guarda al popolo russo come a un alleato storico”. Poi Chauprade ha proseguito  con affermazioni forti di stampo sovranista: “Il nuovo bipolarismo mette di fronte, in un confronto che si amplificherà, da un lato questo totalitarismo globale, che ha distrutto la famiglia e la nazione, riducendo la persona ad un consumatore schiavo di pulsioni mercantili e sessuali e dall’altro i popoli traditi dalle loro elite, assopiti davanti alla perdita di sovranità e all’immigrazione di massa, ma che di fronte all’attacco contro la famiglia iniziano a risvegliarsi”.

Nel clou dell’intervento l’elogio di Vladimir Putin:  “Signore e signori deputati, è con il presidente Putin e tutte le forze vive della Russia, che il vostro paese ha intrapreso una ripresa senza precedenti, militare, geopolitica, economica, energetica e spirituale che ispira ammirazione nei patrioti francesi! I patrioti del mondo intero, gelosi dell’indipendenza dei popoli e delle fondamenta della nostra civiltà, in questo momento hanno gli occhi puntati verso Mosca”.

L’idea che la Russia di Putin rappresenti oggi “il polo” per coloro che si riconoscono nel retaggio e nel futuro della civiltà europea è una impressione condivisa.

Chi scrive, nel suo piccolo, ha concepito l’idea di un progetto denominato Eu-Rus e ne ha cominciato a parlare, alla maniera dei ragazzini … su facebook[1].

La “Eu” di Eu-Rus contiene le stesse lettere  della sigla UE (Unione Europea) sia pur in un ordine diverso ed  evoca anche la radice greca “eu” che nella lingua di coloro che per primi pensarono l’Eu-r-opa[2] significa bene (come nelle parole composte “eudemonia”, “euritmia”, “euforia”, “eucaristia” e – si spera di no –  “eutanasia”).

L’intenzione è quella  di realizzare con gli amici che sono interessati un network di intellettuali motivati dall’ideale della integrazione Europa – Russia.

Gli spunti di riflessione e di impegno sono tanti:

1. Affermare l’esigenza di una comunità energetica  comune, attraverso la realizzazione dei gasdotti North Stream e South Stream.

2. Battersi affinché  in tutto il continente si affermi il  programma portato avanti da Putin  di socializzazione delle  fonti energetiche. Socializzazione versus privatizzazione selvaggia.

3. Auspicare il sorgere  di un area di libero scambio comune tra Europa e Russia,  di integrazione delle  risorse tecnologiche e imprenditoriali. I grandi corridoi orizzontali che in questi anni si stanno costruendo devono essere prolungati fino a Mosca  e devono diventare  strade  a doppia corsia: sulla corsia che va verso Occidente scorrono le  risorse energetiche e del sottosuolo, sulla corsia che va verso Oriente scorre il Know How che l’Europa Occidentale oggi può mettere a disposizione.

4. Riaffermare i principi della rivoluzione nazional-democratica gaullista: capi di  governo eletti direttamente dal popolo, come oggi avviene in Francia e in Russia; con un radicale ridimensionamento di tutti i poteri non-eletti  (commissari UE, governi tecnici, ONG …)

5. Rilanciare la  politica di coesistenza pacifica con i paesi arabo-islamici secondo la linea perseguita sia pur tra difficoltà e/o incertezza dall’Italia con Mattei, Moro, Craxi, Andreotti.

6. Sviluppare anche l’idea di una graduale  integrazione militare delle nazioni europee, una integrazione che coinvolga tutte e due le potenze dotate di arsenale nucleare del continente: la Francia e la Russia.

7. Sostenere un ideale di multipolarismo basato sul principio del Balance of Power per evitare le derive belliciste che inevitabilmente derivano dal predominio mondiale di una “Unica Superpotenza”.

8. Affermare una politica sull’emigrazione corrispondente alle esigenze dei lavoratori e dei disoccupati europei, una politica che non segua gli interessi di coloro che mirano ad abbassare il costo del lavoro con l’immissione continua di nuovi soggetti nel sistema economico, ma che segua le indicazioni del formidabile discorso alla Duma di Vladimir Putin del 4 febbraio 2013.

9. Auspicare l’adozione di una politica per la famiglia corrispondente alle esigenze demografiche dell’Europa.

10. Approfondire il dialogo culturale meditando sulle esperienze spirituali  dei grandi pensatori russi: Soloviev, Bulgakov, Dostoevskij, Florensky.

11. Per la stessa ragione contribuire al dialogo ecumenico tra chiesa cattolica romana e chiese ortodosse d’Oriente.

12. Rimeditare  in chiave post-moderna il tema della III Roma.

Due sono gli errori da non commettere nello svolgimento di questa impostazione:

1. sviluppare i temi con un taglio “estremista”. La geopolitica autentica confina con la diplomazia e non con l’ideologia. La calma, la moderazione, l’equilibrio sono una sostanza migliore rispetto ai fumi dell’ideologia.

2. sviluppare il progetto con una foga polemica contro altri soggetti internazionali. Qui non si vuole essere  anti islamici o antioccidentali o anticinesi. Si vuole semplicemente essere nietzschianamente  “buoni europei” e dunque elaborare il tema della fratellanza naturale e storica tra i popoli che sono figli della Grande Madre Europa.

Siamo felici che questo progetto possa partire a bordo della nave pirata di Barbadillo. Ne parleremo nelle prossime settimane con gli amici che condividono, nella piena libertà delle loro equazioni personali, le idee di fondo del progetto.



[2] Europa era la splendida fanciulla orientale amata da Zeus (nella radice etimologia,Eu-Op, il riferimento ai grandi occhi splendenti). Il grande dio del cielo per sedurla si trasformò in Toro e condusse la fanciulla dalla sponda orientale a quella occidentale del Mediterraneo, nella terra che avrebbe preso da lei il nome

@barbadilloit

A cura di Alfonso Piscitelli

lundi, 08 juillet 2013

La Russie, le fournisseur d’armement idéal pour la Suisse

La Russie, le fournisseur d’armement idéal pour la Suisse

par Albert A. Stahel,

Institut für Strategische Studien, Wädenswil

Ex: http://www.horizons-et-debats.ch

Alors qu’avant 1992 l’Union soviétique possédait encore une excellente industrie de l’armement qui développait et produisait des armes modernes, ce secteur fut laissé à l’abandon sous la présidence de Boris ­Eltsine. L’exportation d’armes russes fut limitée pendant de nombreuses années à des livraisons d’armes provenant des arsenaux de l’armée russe. Toute nouvelle production fut interrompue.


Ce n’est qu’avec l’accession au pouvoir de Vladimir Poutine que le secteur de l’armement a recommencé à être soutenu par l’Etat. Au cours des dernières années, l’industrie de l’armement de la Fédération de Russie a développé et mis en service diverses armes modernes. En font partie la série des systèmes de missiles guidés S-300 contre les avions et des missiles guidés balistiques sol-sol, dont la plus ancienne version S-300PS fut mise mis en service dans les années 1982/83.1 En 1998, la version améliorée S-300VM était à disposition et en 2007 la S-400 Triumph. La S-400 a une portée de 250 kilomètres. Avec ce système des missiles guidés, on prévoit d’intercepter et de détruire à l’aide d’une ogive conventionnelle des armes balistiques à courtes et à moyennes distances (portée de 5500 km). Un développement plus récent est le missile guidé 40N6 d’une portée de 400 km, qui devrait être disponible en 2013. Le S-500 Prometheus, d’une portée de 500 à 600 km, est également en train d’être développé. Cet engin permettra même d’intercepter et de détruire des missiles guidés balistiques intercontinentaux sol-sol (d’une portée de plus de 5500 km, dotés d’une ogive nucléaire). Pour tous ces systèmes de défense, on a également développé les radars de désignation et de poursuite d’objectifs correspondants.


Si ces indications sont exactes – en raison de la tradition de l’industrie d’armement russe dans le développement d’armes anti-aériennes on ne peut pas en douter –, les performances de la S-400 dépassent de loin celles du missile guidé de défense américain Patriot PAC-3. Le PAC-3 possède une portée de 15 à 45 kilomètres contre des cibles aériennes et des cibles balistiques.


Depuis la mise hors service irréfléchie des missiles guidés anti-aériens Bloodhound sous le conseiller fédéral Ogi en 1999, la Suisse n’a plus de système de défense aérienne contre des cibles de ­longues portées. Avec l’acquisition du système de défense S-400, la Suisse serait protégée non seulement contre des avions de combats mais aussi contre des missiles guidés balistiques.


La Russie produit également d’autres équipements militaires, qui pourraient être intéressant pour un petit Etat en raison de leur rapport qualité–prix. Cela comprend notamment la série des avions de combat polyvalents Su-27 de Sukhoï. Depuis le manœuvre spectaculaire du Cobra de Pougatchev à l’Aéroport Paris-Le Bourget en 1989, d’autres types d’avions (chasseurs et chasseurs-bombardiers) ont été développés par Sukhoï sur la base du Su-27. Il s’agit notamment des modèles Su-30, -33, -35, -35S et -37. Mais le Su-27, qui a été mis en service en 1984, jouit – avec sa vitesse maximale de Mach 2.35 et un rayon d’action de 3530 km – toujours d’une excellente réputation au niveau international. Il y a quelques années, les Su-30 de l’armée de l’air indienne se sont avérés supérieurs aux F-15 américains lors d’un exercice de combat aérien.


La Suisse en tant que petit Etat, qui est de plus en plus traité d’Etat-voyou et soumis au chantage par de soi-disant «amis», ainsi que le Conseil fédéral et le Parlement seraient bien avisés à l’avenir de prendre au sérieux l’offre d’armement de la Russie.


Contrairement aux «amis» occidentaux, les dirigeants russes ont toujours traité la Suisse avec respect au cours des dernières années. Compte tenu des siècles de bonnes relations et d’amitiés entre la Suisse et la Russie – mentionnons l’amiral Pierre le Grand, le Genevois F. J. Lefort (1656–1699), le colonel et éducateur du Grand-duc Alexandre, le Vaudois F. C. de Laharpe (1754–1838) et le général et conseiller militaire de divers tsars, le Vaudois Antoine-Henri Jomini (1779–1869) –, ce pays est pour la Suisse le fournisseur d’armes idéal en ces temps difficiles.     •

1    Jana Honkova, Current Developments in Russia’s Ballistic Missile Defense, The Marshall Institute, 2013, p. 10/11.

vendredi, 05 juillet 2013

LE RETOUR DES MOINES GUERRIERS

FA_image_00028889.jpg

LE RETOUR DES MOINES GUERRIERS

La question islamiste en terre bouddhiste


Rémy Valat
Ex: http://metamag.fr

Le numéro de juillet de l’hebdomadaire américain Time aborde le problème de la radicalisation du clergé bouddhiste face à l’Islam en Asie (Thaïlande du Sud et Birmanie). L’article de Beech Hannah, When Buddhists go bad, fait actuellement scandale en Birmanie. Il a notamment heurté de nombreux membres de la communauté bouddhiste qui ne se sent pas solidaire du discours du moine islamophobe Ashin Wirathu.


Qu’en est-il exactement ? 


La guerre religieuse et d’indépendance, qui débuta en 2004, continue de faire rage dans le sud de la Thaïlande. La Thaïlande se compose d’une population majoritairement bouddhiste, mais le Bouddhisme n’est pas la religion officielle du pays. Les musulmans représentent 5 % de la population, dont la majorité (4/5e) sont des locuteurs malais (les musulmans thaïlandophones représentent environ 20%), implantés dans les cinq provinces frontalières à la Malaisie (Narathiwat, Pattani, Satun, Songkla et Yala). Ces régions rurales et pauvres ont subi une politique d’assimilation forcée du gouvernement de Bangkok dans les années 1960. Deux mouvements indépendantistes, le Pattani United Liberation Organization (PULO) et le Barisan Revolusi Nasional (BRN) ont pris une première fois les armes entre 1976 et 1981, puis les mouvements se cantonnèrent dans l’activisme politique et l’extorsion de fonds. En réponse aux mesures musclées du chef du gouvernement deThaskin Shinawatra, la minorité religieuse mit en avant ses droits et réclama notamment le port du Hijab pour les femmes musulmanes dans les lieux publics, l’ouverture de mosquées et l’expansion des études islamiques dans les écoles publiques. C’est sur ce terreau favorable que le conflit armé latent depuis 2001 débuta en 2004. Il oppose toujours les forces gouvernementales aux mouvements indépendantistes, essentiellement, aux groupes terroristes islamistes, le Pattani Islamic Mujahadeen Movement ou Gerakan Mujahideen Islam Pattani, qui a déclaré la djihad contre les populations bouddhistes et la monarchie-junte militaire thaïlandaise.


Deux moines bouddhistes sous la protection de soldats Thaïlandais (province de Pattani)

Les sources de financement des groupes insurrectionnels ne sont pas claires : l’importation de techniques et de fonds serait la main du « terrorisme international » d’Al Qaida, selon les services de renseignement nord-américains, mais rien ne l’atteste irréfutablement. Le mouvement serait plutôt un cocktail religieux, identitaire et passéiste... Selon Pak Abu, un professeur d’école coranique et chef des affaires internes du Pulo, l’objectif du mouvement serait la « libération du Patani Darussalam - la terre islamique de Patani - de l'occupation des infidèles» et de revenir au temps idéalisé (mais révolu) du sultanat de Pattani.... 
Localisation du conflit. Les cinq provinces malaises embrasées par la guerre religieuse et  d’indépendance ont été rattachées au Siam par le traité de Bangkok (10 mars 1909) signés par la Grande-Bretagne et le royaume du Siam 

Un autre responsable du mouvement islamiste aurait déclaré à un journaliste du Figaro que les réseaux sont peu structurés, très violents et capables de planifier leurs actions : l’ensemble représenterait environ 3 000 individus majoritairement des jeunes de moins de 20 ans. Selon lui, le BRN-Coordination est une « coalition informelle d'individus», cimentée par un « haine commune à l’encontre des populations siamoises. «Nous avons fait, déclare-t-il, le serment de sacrifier notre vie pour libérer notre terre ancestrale de l'occupation des infidèles.» Il précise que les jeunes combattants (les juwae) ont « été repérés à la crèche, recrutés dans les écoles coraniques et mènent une guérilla urbaine de plus en plus sophistiquée» Surtout, l’indicateur du Figaro reconnaît que «le degré de brutalité» de la nouvelle génération «est parfois une source d'embarras» et déplore la « criminalisation » des troupes : «30% des combattants vendent leurs services à la mafia et aux trafiquants de drogue». Leurs méthodes sont en effet radicales : attentats à l’explosif contre des cibles civiles, embuscades sur les axes routiers, assassinats, incinérations vivantes, voire décapitations de civils, d’agents symboles de l’Etat (fonctionnaires thaïlandais et religieux bouddhistes). Plus de 5 000 morts et 8 000 blessés (globalement le bilan de la guerre civile algérienne en France entre 1955 et 1962) ont été recensés entre 2004 et 2012 et le bilan ne cesse de s’alourdir, les négociations étant toujours à l’heure actuelle dans l’impasse.


Bilan humain du conflit (tués et blessés)  

Les agressions contre le personnel religieux bouddhiste ont obligé l’armée royale à transformer les monastères en bases militaires et à organiser les populations bouddhistes en groupes d’autodéfense (70 000 volontaires bouddhistes) : selon Duncan McCargo, enseignant à l’université de Leeds, des rumeurs courent sur la présence dans les communautés bouddhistes d’anciens militaires ordonnés moines et sur l’armement d’une fraction des religieux : une réminiscence des moines guerriers du Japon médiéval (les sôhei) ou de Shaolin ? Non, une simple ressemblance sur la forme sans plus, les moines guerriers nippons ayant surtout pour vocation de protéger leur temple et d'y maintenir l'ordre : ils étaient aussi une force politique et armée non négligeable. Nous sommes ici dans un réel contexte de guerre de religions. Il ne fait aucun doute que le discours de quelques religieux bouddhistes tend à se radicaliser : « Il n’y a pas d’autres choix, nous ne pouvons plus séparer le bouddhisme des armes désormais », aurait déclaré le lieutenant Sawai Kongsit, de l’armée royale thaïlandaise (Time). Les moines estiment que les Musulmans utilisent les mosquées pour entreposer des armes, que chaque imam est armé : « L’islam est une religion de violence » déclare Phratong Jiratamo, un moine ayant servi dans le corps des troupes de marines thaïlandaises (Time).



Le moine birman, Ashin Wirathu, tête de file du mouvement 969


Cette radicalisation est nette dans le discours islamophobe du moine bouddhiste Ashin Wirathu (Mandalay, Birmanie) : discours à l’origine de lynchages, de meurtres et de comportements racistes à l’encontre des musulmans birmans (les Rohingyas) qui représentent entre 4% et 9% de la population du pays. Ashin Wirathu appelle de ses voeux un schisme entre les populations bamars (majoritairement bouddhistes) et les Rohingyas musulmans. Un nouvel et tragique épisode du « choc des civilisations »...

En savoir plus : Faker Korchane, "Time"  Klein Victor, L’Islam en Thaïlande, de l’intégration au déchirement, blog sur l’Asie du Sud-EstLauras Didier, En Thaïlande des temples transformés en casernes .

Achtung! “Freund” hört mit!

Echelon_Radars_1.png

Achtung! “Freund” hört mit!

„Zugeben, man habe mitgemacht oder zumindest das ganze Ausspionieren geduldet, wird kaum einer“   schrieb ich in meinem letzten Beitrag hinsichtlich einer möglichen Zusammenarbeit eines österreichischen Geheimdienstes mit jener berüchtigten NSA. Nun wird bekannt, daß zumindestim Falle der  Bundesrepublik Deutschland,  wahrscheinlich aber auch Österreich, eine solche Mitarbeit zutreffen soll.                                                     

Nach Angaben der britischen Zeitung “The Guardian” haben einige Länder, in hohem Maße aber Deutschland,  regelmäßig aus digitaler Kommunikation gewonnene Daten an die US-Sicherheitsbehörde NSA (National Security Agency) weitergegeben. NSA und andere haben also nicht nur spioniert, sondern auch Material zugesteckt bekommen. Das Blatt beruft sich auf Enthüllungen eines ehemaligen NSA-Mitarbeiters.

Die geheuchelte Empörung der  Politiker wird besonders im Falle Berlins verständlich, wenn man bedenkt, was da für die hochverräterische politische Klasse auf dem Spiel steht. Mehr als ihre Glaubwürdigkeit jedenfalls.                                                                                   

Daß Deutschland ein bevorzugtes Angriffsziel seiner „Freunde“ ist, erklärt zwar dessen ökonomische Stärke und Innovationskraft auf technischem und wissenschaftlichem Gebiet, aber auch dessen für besondere „Freunde“ unergründliche,  immer noch schwer durchschaubare Seele. Man mißtraut den Deutschen, trotz allem.

Das  nun ins Gerede gekommene Überwachungssystem sollte nicht wirklich überraschen, sind doch seit spätestens 2001 ähnliche Systeme (von der EU befürwortete “Echelon” z. B.) in Betrieb und bekannt. Nicht zuletzt wurden angeblich nach dem Kriege in Geheimverträgen den Siegermächten von Bonn Überwachungsrechte zugestanden, die zum Teil heute noch in Kraft sein sollen. Was einer in einem östlichen Überwachungsstaat aufgewachsenen und diesbezüglich eher schweigsamen Kanzlerin nicht wirklich merkwürdig erscheinen muß.

Interessant an der ganzen Sache ist auch, daß Washington nur die englischsprachigen Länder  Großbritannien, Kanada, Australien und Neuseeland zu seinen wirklichen Freunden zu zählen scheint. Deutschland gehört, so liest man, trotz einflußreicher atlantischer Netzwerke und US-Anhänglichkeit führender  Eliten, nicht zum engeren Kreis. Was an der  Wertschätzung des einst großen Vorbildes durch deutsche (auch österreichische) politische “Mitarbeiter”, die durch NSA- und andere Einsichten und Zugeständnisse längst erpressbar geworden sind, wenig ändern wird.                                      

Jacob Augstein schreibt ganz richtig: „Sie (aber wer ist das? Anmerkung von mir) streben die totale Kontrolle an – über jeden einzelnen von uns. Dieses Bestreben macht ausgerechnet das Land, das wie kein anderes auf der Welt für die Freiheit des Einzelnen stand, zu einem totalitären Staat.“ Nur dieses eine Land?                                                            

Man darf  gespannt sein, ob der deutsche Michel (oder der österreichische Herr Karl) daraus etwas lernen kann  bzw. wie sich der Jahrhundertskandal auf die Wahlen im September auswirken wird.

 

Austria_1945-55.png

Österreich und Uncle Sam – nicht unbedingt eine „Love Story“

 

Der Datenskandal rund um den US-Geheimdienst NSA  schlug auch in Österreich erhebliche Wellen. Sollten, wie kolportiert, das Heeresnachrichtenamt und möglicherweise auch andere Stellen mit der NSA kooperieren, wäre dies, angesichts der  realen Machtverhältnisse in Nachkriegseuropa, nicht überraschend.                                                 

Daß die Bundesregierung deshalb alarmiert gewesen sei, halte ich daher für wenig wahrscheinlich. Aber der Öffentlichkeit gegenüber mußte man wohl  irgendwie den über die Jahre Ahnungslosen spielen. Zugeben, man habe mitgemacht oder zumindest das ganze Ausspionieren geduldet, wird kaum einer.  

In diesem Sinne wäre der Innenministerin offizielle Anfrage an die US-Botschaft, ob mit dem umstrittenen Spionageprogramm PRISM personenbezogene Daten auch von Österreichern oder österreichischen Firmen verarbeitet wurden, als rein kosmetischer Formalakt zu betrachten.

Ein groteskes Theater immerhin, daß  sich eben vor der Kulisse der  von den Alliierten hergestellten Ordnung nach 1945  und vor dem Hintergrund der  die Außenpolitik der USA bestimmenden Doktrin entsprechend einordnen läßt.  Daß die USA seit Jahrzehnten den nicht immer ganz vornehmen und rücksichtsvollen Hauptakteur in den Beziehungen der beiden Länder geben, läßt sich kaum verheimlichen.                                                               

Die US-Außenpolitik kann  unter dem janusköpfigen Wilson-Motto, „die Interessen der anderen Nationen  sind auch die unseren“  (ähnlich brüderlich formulierte man es auch einmal in Moskau) zusammengefasst werden. Es wurde und wird von Washington weltweit unterschiedlich Druck ausgeübt und gegebenenfalls unter dem Motto „America first!“dem Anlaß gemäß  interveniert. Auch im neutralen  Österreich.

In den 175 Jahren diplomatischer Beziehungen zwischen Wien und Washington  herrschte nicht immer eitel Wonne. Das zeigte sich etwa 2005 als Österreich bei den EU-Beitrittsverhandlungen mit der Türkei nicht gleich begeistert mitmachte. Damals drohte ein hochrangiger Mitarbeiter des US-Außenministeriums in einem Telefonat mit der Botschafterin in Washington: „Wenn Österreich die Türkei quält, wird es einen Preis dafür zahlen.“ Das genügte, und Österreich gab seinen Widerstand auf. 

Ähnlich das Ergebnis in jenem Fall wo es vor wenigen Jahren vorerst noch um die von Washington „gewünschte“ hochoffizielle Übermittlung von bestimmten Daten ging. Hatte doch der US-Kongreß ein Gesetz verabschiedet, wonach Länder die das Visa-Waiver- Programm (Einreise ohne Visa) behalten wollen, mit den USA im Kampf gegen transnationale Verbrechen kooperieren, eben Daten übermitteln müßten.

Die USA wollten demnach aufgrund des Abkommens „über die Vertiefung der                 Zusammenarbeit bei der Verhinderung und Bekämpfung schwerer Straftaten” Zugriff auf DNA-Datenbanken, Fingerabdruckdateien und die Identitäten von Terror-Verdächtigen bekommen. Den haben sie inzwischen, etwa vor einem Jahr, bekommen, konkret von der schwarz-roten Koalitionsmehrheit des österreichischen Parlaments.                                  

Mit dem Abkommen wird den US-Behörden ein Zugriff auf die österreichischen Polizei-Datenbanken ermöglicht. Das österreichische Außenministerium umschrieb dies mit „flankierenden Sicherheitsmaßnahmen“.

Konkret bezieht  sich der Vertrag auf terroristische und schwerwiegende Straftaten, wobei schon eine Strafdrohung von mehr als einem Jahr Freiheitsstrafe maßgeblich sein kann. Neben der Übermittlung von Fingerabdrücken und DNA-Profilen soll auch in Einzelfällen die Weitergabe von Daten über politische Einstellung, sexuelle Orientierung, Religionszugehörigkeit und Mitgliedschaften in Gewerkschaften möglich sein.               

Zuvor hieß es, sollte das Abkommen im österreichischen Nationalrat nicht beschlossen werden, drohe die  Wiedereinführung der Visapflicht für Österreicher. US-Botschafter William Eacho hatte  diesbezüglich “Druck aus Washington” eingeräumt. Dieser sei aber nicht “übermäßig” gewesen, sagte derselbe Diplomat in einem Interview mit der  Zeitung „Die Presse“. Erpressung sei das keine gewesen, so das österreichische Außenministerium. Wer kommt auch bloß auf so eine Idee?

Leider stehen die Fakten immer wiederkehrender diplomatischer oder politischer Interventionen – sei es in Asylfragen oder  solchen ökonomischer Wichtigkeit – in krassem Gegensatz zu dem beschönigendem (oder naivem?) Bild, das 1946, also ein Jahr nach Ende des Zweiten Weltkrieges, der damalige österreichische Außenminister Dr. Karl Gruber (1)  in einem Vortrag vor der Österreichisch-Amerikanischen Gesellschaft (2) in Wien zeichnete, und dem viele Österreicher noch immer anhängen.                                             

Demnach gehe es US-Amerika nur um die Sicherung des Friedens und  um die Offenhaltung des Handels für alle Mächte, d.h. Beseitigung der Handelsschranken.  Man habe, so Gruber, in Österreich sonst keine Interessen. Wie schön.

Mit 1945 begann eine neue Phase der  Beziehungen                                            

Willige Eliten in Politik und Gesellschaft hatten ab 1945 für eine Heranführung und enge  Bindung an  die allgütige Siegermacht Sorge zu tragen hatten. Wie in  der späteren Bundesrepublik Deutschland, aber weniger ausgeprägt vielleicht,  galt nach 1945 auch für Österreich, was der US-Autor und Soziologe James Petras so charakterisiert:                        „Die Ausbildung kollaborierender Herrscher oder Klassen entsteht aus diversen kurz- und langfristigen politischen Maßnahmen, angefangen bei direkten, militärischen, den Wahlkampf betreffenden und außerparlamentarischen Aktivitäten bis hin zu mittel- bis langfristigen Rekrutierungen, Training und Ausrichtung von vielversprechenden, jungen Führern über Propaganda und Erziehungsprogramme, kulturell-finanzielle Anreize, Versprechen von politischer und wirtschaftlicher Unterstützung bei der Übernahme politischer Ämter und über erhebliche verdeckte finanzielle Unterstützung.“ (3)

Zwar sind in Österreich nicht in dem Ausmaße  wie in der  so benannten Bundesrepublik dieselben starken transatlantischen Netzwerke  entstanden, aber eine Teil der österreichischen Elite wurde doch in solche eingebunden. Dadurch wurde  die  massive US-Einflußnahme auf Politik, Wirtschaft und Kultur, besonders auf die Medien.(Amerikanisierung  bzw. Westernisierung) durch auch heute noch vorhandene US-nahe Seilschaften ermöglicht.. Ihren Beitrag dazu leisteten auch die Fulbright-Stipendienprogramme, an denen seit 1951 tausende Österreicher teilnehmen durften.   

Daß die nach einem US-Senator benannte Fulbright-Kommission stark vom CIA unterwandert war  und wahrscheinlich noch ist, kam erst 1966 an das Tageslicht. Sie ist heute noch auch in Österreich präsent und tätig (Ehrenvorsitzende: Wissenschaftsminister  Töchterle und US-Botschafter Eacho).                                                   

Der erwähnte Petras ganz allgemein zu solchen und ähnlichen Kooperationen: „Die Geschichte hat gezeigt, dass die geringsten Kosten bei der Aufrechterhaltung von langfristiger, umfassend angelegter imperialer Herrschaft („Imperial Domination“) durch die Förderung von lokalen Kollaborateuren entstehen, egal ob in der Form von politischen, wirtschaftlichen und/oder militärischen Führern, welche von den Klientel-Regimes aus operieren.“

Ganz im Banne der  wirtschaftlichen Nöten war die Öffentlichkeit weniger daran interessiert, was hinter den Kulissen geschah, sondern mehr daran, was auf den Teller kam. Große Beliebtheit in der auf Lebensmittel-Hilfslieferungen angewiesenen österreichischen Bevölkerung erfuhren daher die von 22 US-Hilfsgesellschaften versandten „CARE“-Pakete (4).  Die erste Lieferung traf im Juli 1946 in Wien ein, insgesamt kamen rund eine Million Pakete  zur Verteilung. (Anmerkung: Wie  sonst auch muß hier zwischen von aufrichtiger Anteilnahme getragener  Hilfsbereitschaft vieler US-Amerikaner und  offizieller politisch-strategisch motivierter  Hilfe der US-Regierung unterschieden werden.)                                                                                                                      

Sehr vertrauensbildend und förderlich war  wohl auch der  bis heute hochgelobte und politisch gut vermarktete „uneigennützige“ ;Marshallplan.  Auf einer übergeordneten Ebene  hat er sogar die  (west)europäische Integration vorangetrieben, andererseits aber die Blockbildung ermöglicht. So wie er konzipiert war,  konnte ihn die UdSSR nur ablehnen.

 

Im Rahmen des Marshallplans lag das Hauptaugenmerk auf dem Wiederaufbau der österreichischen Wirtschaft. Österreich mußte, auch im Sinne der beginnenden Blockbildung, hochgepäppelt und leistungsstark gemacht werden. Erst kamen Lebensmittel und Brennstoffe, dann Maschinen und Traktoren, und schließlich wurde Geld, u. a. für die Grundstoffindustrie, für die Energieversorgung und den Fremdenverkehr, zur Verfügung gestellt.                                                                           

Gleichzeitig wurde Österreich durch Einbindung in das Europäische Wiederaufbauprogramm (ERP) sowie in die Organisation für Europäische Wirtschaftliche Zusammenarbeit (OEEC) und in die Organisation für wirtschaftliche Zusammenarbeit und Entwicklung (OECD) wirtschaftlich in das westliche System integriert. Bis 1962 stand die Verwaltung der aus Marshallplan und ERP-Mitteln  entstandenen Fonds unter Kontrolle der US-Amerikaner.                                                              

Auf halbstaatlicher Ebene sorgte die Wirtschaftssektion der Österreichisch-Amerikanischen Gesellschaft für eine Intensivierung der Wirtschaftsbeziehungen zwischen den USA und Österreich. Bei der Gremial-Haupttagung des „Gremium der jüdischen Kaufleute, des Gewerbes und der Industrie“, (1946!) kündigte der Generalsekretär der Österreichisch-Amerikanischen Gesellschaft“ auch die Gründung einer Österreichisch-Amerikanischen Handelskammer an.  Schließlich bekundete die Gesellschaft auch Interesse  an einem Beitritt Österreichs zu dem  1944 erfolgten Abkommen von Bretton Woods,  das in der Folge zu Internationalem Währungsfonds und Weltbank führen sollte.                                                                                                                                               

Neben der Österreichisch-Amerikanischen Gesellschaft war  es besonders dem „Österreichisch-Amerikanischen Klub“, dem Persönlichkeiten des öffentlichen Lebens und der Besatzungsmacht angehörten,  ein Anliegen, den Meinungsaustausch zwischen Österreichern und Amerikanern anzuregen. Unter anderem wurden von diesem auch Englisch-Kurse angeboten. Eine Anglizismen-Welle wie heute gab es damals allerdings noch nicht.                                                   

„Reeducation“ – der Schlüssel zum Erfolg

Eine immer stärker werdende Aufmerksamkeit schenkten die US-Besatzer natürlich dem Kulturleben und dem Erziehungswesen, was allgemein unter dem Titel „Reeducation“ Eingang in das Bewußtsein vieler  Österreicher gefunden hat.  Die von  langer Hand geplante  Umerziehung auch der Österreicher hatte vor allem die Durchdringung des Bildungswesens mit US-amerikanischen  Vorstellungen  bzw. Inhalten vor Augen. Denken und Leben der Österreicher sollten ganz im Sinne des „american way of  life“ und auf der Basis eines neuen prowestlich geprägten Geschichtsbildes  ausgerichtet werden.                                                                                                                                           

Wie in Westdeutschland  ging man dabei äußerst raffiniert vor, so daß die Besiegten am Ende diese Änderung auch dort wo sie zu ihrem Nachteil ausfiel, als eine freiwillig angenommene empfanden.  Wie später auch noch: die Verhöhnung tradierter Werte,  die Verächtlichmachung von „typisch deutschen“ Einstellungen und  Gewohnheiten, vor allem auch solche des Konsums und der  Freizeitgestaltung. sofern sie den Erwartungen des „Big Business“ oder  den Vorlieben experimentierfreudiger  Ideologen im Wege standen.

Der selbstgewählte Anschluß, dieses Mal nicht an Deutschland, sondern an die US-amerikanische Business- und Konsum-Welt und den dafür geeigneten US-Lebensstil war  also auch ein wesentliches Ziel des Umerziehungsprogramms, was mit dem Austausch der Eliten, der Rückkehr von deutschsprachigen Kulturschaffenden aus der Emigration  und dem Einsatz moderner  Kommunikationsmittel und Werbemethoden umso leichter voranging.                                                                                                                                   

Der Übernahme US-amerikanischer Kulturmuster  folgte  jene Selbstverständlichkeit des Imports und Kaufs amerikanischer Produkte auf dem Fuß,  so daß, z. B., von den im Jahre 2011 gezeigten Filmen in Österreich bereits 80 Prozent US-amerikanischer Herkunft waren (5). Auch heute noch dominieren im öffentlich-rechtlichen Fernsehen US-amerikanische oder diesen nahe verwandte Produktionen.

Als “Zwingburgen” des US-Kulturimperialismus fungierten nach dem Kriege an erster Stelle die „US-Information Centers“ (USIC), die später in Amerika-Häuser  umbenannt wurden. Deren oberster Chef, Shepard Stone, legte Austauschprogramme auf, gründete im Auftrag der  CIA über die Ford-Stiftung den Kongress für Kulturelle Freiheit  (7) und trieb damit, wie in Deutschland, den Kampf um kulturelle Hegemonie auch in Österreich voran.   

                                                                                                                                           Den Amerika-Häusern ging es darum, den Österreichern die US-amerikanische Kultur  und deren „demokratische Ideale“ nahezubringen. Dies geschah in Form von Vorträgen, Konzerten, Ausstellungen, Filmen usw.; ebenso dienten  sie als Leihbibliotheken und Leseräume.                                                                                                                             

Insgesamt wurden im Rahmen der „Psychologischen Offensive“ zwölf Amerika-Häuser (6)  in Österreich errichtet, davon nur mehr jenes in Wien in Betrieb ist. Insgesamt waren diese Amerika-Häuser ab 1947 auch dazu da, an der kulturellen Front den Kalten Krieg zu gewinnen. Heute wird das alles unter dem Begriff der „Cultural Diplomacy“   zusammengefasst. Die Funktion des Amerika-Hauses  ist, wenn auch eingeschränkt, da Mission im Wesentlichen erfüllt, wohl die gleiche geblieben.

Bis 1955 standen der US-Besatzungsmacht im kulturellen Aufmarschgebiet  noch weitere Organisationen und Instrumente zur Verfügung: Der Rundfunksender Rot-Weiß-Rot sollte die Österreicher „zu einem gut unterrichteten Volk machen“ (Gen.Maj. W.Robertson) und als Gegenpol zur sowjetisch kontrollierten Radio Verkehrs AG (RAVAG) dienen. So wurden Schriftsteller wie u. a. Ingeborg Bachmann, Milo Dor, Jörg Mauthe und Hans Weigel gefördert.                                                                                                                                     

Der  erstmals  im August 1947  im Stil eines Boulvardblattes erscheinende Wiener Kurier war eine Gründung der US-Besatzungsmacht und diente vor  allem dazu, die US-amerikanischen Propagandabotschaften zu transportieren. Sein erster Chefredakteur war der Presseoffizier Colonel Albert W. Reid,  Einer seiner Nachfolger, der Emigrant Hendrik J. Burus vom „Office of War Information“, gestaltete den Kurier im US-Stil und setzte sich für die „Reeducation“ ein , wobei Berichte über den „american way of life“ diese unterstützen sollte. Aber  der Kurier diente auch als  Abwehrriegel  gegen die Sowjetpropaganda.                                                                                                                        

Die Zeitschrift das  Forum (finanziert von dem von der CIA gegründeten und beeinflußten  Kongreß für kulturelle Freiheit) war ein “Kind” des  1952 aus der Emigration zurückgekehrten Schriftstellers Friedrich Torberg und richtete sich an das linksliberale intellektuelle Publikum. Torberg, dem später eine besondere Beziehung zu Kreiskys Frau nachgesagt wurde, sorgte sogar dafür, daß Brecht lange Zeit am Burgtheater nicht aufgeführt werden konnte.                                                                                                        

Als Antwort auf das sowjetische Informationszentrum wurde schließlich 1950  im Rahmen der „Psychologischen Offensive“ das Kosmos-Theater  gegründet. Dessen Direktor wurde der ehemalige Emigrant Ernst Haeussermann, der als Radio- und Filmoffizier für die „Information Services Branch (ISB)  tätig war. So genannte „Highlights“ des US-amerikanischen Kulturschaffens standen dabei auf dem Programm.        .                         

1951 wurde das „US-Information Service Theater“ gegründet, „um die Breitenwirkung des amerikanischen Theaters zu erhöhen“. Dessen Aushängeschild war ab 1953 der aus einer polnisch-jüdischen Familie stammende Marcel Prawy, der 1946 als Kulturoffizier der US-Streitkräfte nach Österreich kam und das Musical populär zu machen versuchte. Was auch einigermaßen gelang.                                                                                                

 

Bereits  kurz nach Kriegsende wurde übrigens auf  politisch-gesellschaftlicher Ebene  mit der Gründung des Europäischen Forum Alpbach des Remigranten Otto Molden  (1918-2002)  – dessen Bruder mit der Tochter  des OSS-Leiters und späteren CIA-Chefs  Allen Welsh Dulles verheiratet war – ein Gerüchten zufolge von CIA-Quellen finanziertes  international  besetztes Forum für einen Dialog zu Fragen der Gesellschaft, der Wirtschaft und Politik geschaffen.                                                                                                                      

Dazu wieder ein passendes Zitat von James Petras: „Die Geschichte hat gezeigt, dass die geringsten Kosten bei der Aufrechterhaltung von langfristiger, umfassend angelegter imperialer Herrschaft („Imperial Domination“) durch die Förderung von lokalen Kollaborateuren entstehen, egal ob in der Form von politischen, wirtschaftlichen und/oder militärischen Führern, welche von den Klientel-Regimes aus operieren.“

 

Vor allem Dank der tatkräftigen Unterstützung ehemaliger Emigranten (ohne die die  Umerziehung nicht gelungen wäre) traten der weiteren Amerikanisierung kaum Hindernisse entgegen.  So konnten neben dem Fulbright-Programm auf dem Gebiet des Unterrichtswesens mit dem  nach Kriegsende reaktivierten  „Austro-American of Education“, das bereits vor dem Krieg  österreichische Studenten an US-Hochschulen vermittelte, sowie der Patenschaft US-amerikanischer Schulen über Wiener Schulen, bedeutende Schritte in Richtung eines US-amerikanisch orientierten bzw. beeinflußten  Kultur- und Geistesleben gesetzt werden.                                                          

 

1951 trat neben dem Forum Alpbach auf europapolitischer Ebene  – als Ableger der  Jahre zuvor auf westeuropäischer Ebene von US-Geheimdiensten mit Geldern aus Ford- und Rockefeller-Stiftungen gegründeten Europäischen Föderalistischen Bewegung (EFB) -  die Europäische Föderalistische Bewegung Österreich in Erscheinung, in der sich heute  dessen Präsident, der ehemalige freiheitliche bzw. liberale Politiker Friedhelm Frischenschlager, stark macht.                                                                                                                                 

Doch außenpolitisch tat sich in demselben Jahr einiges anderes:: Seit der Moskauer Konferenz von 1943, wo es um den Einfluß im Nachkriegseuropa ging, war Österreichs künftige Rolle bereits ein Gesprächsthema. Mit Beginn der fünfziger Jahre alsokristallisierten sich dann schon konkreter auf Seiten der Alliierten aus verschiedenen Quellen gespeiste weitergehende Überlegungen zu einem Staatsvertrag (8)  mit Österreich heraus. Über dessen Zustandekommen bildeten sich verschiedene Mythen und Legenden. Dem damaligen, angeblich weinseligen österreichischen Außenminister Leopold Figl wird dabei eine maßgebliche Rolle angedichtet. Tatsächlich wurden die entscheidenden Schritte anderswo gesetzt.

 

Für Frederik W. Marks (9), Biograph von US-Außenminister Dulles, waren die Amerikaner entscheidende Akteure dabei. Dulles soll mit seiner Verzögerungstaktik bei den Verhandlungen und seiner angeblichen Drohung, abzureisen, wenn die Sowjets stur bei ihren Forderungen blieben, den Durchbruch erzielt haben. Moskau wollte eigentlich Deutschland ebenfalls neutral sehen, was den auf Europa-Dominanz ausgerichteten USA sicher nicht munden  konnte.                                                                                                    

 

Gewiß  hat das beharrliche Eintreten österreichischer Politiker für einen Staatsvertrag nicht unwesentlich zu dessen Abschluß beigetragen. Österreichs Neutralität änderte  aber nichts Grundsätzliches  an der Ausrichtung  der, sagen wir US-Kolonialpolitik, die den Anschluß des „befreiten“  Österreichs an den Westen, sprich: US-amerikanisch dominierte westliche Welt, bei gleichzeitiger Verschmelzung mit einer transnationalen Konsum- und Marketingkultur, zum Ziele hatte. Dies ist, nicht überraschenderweise, bestens gelungen.                                 

 

Auf dieser Basis konnte daran gegangen werden, unter dem Schirm einer von den USA ausgehenden und geförderten Globalisierung, den Einfluß auf das österreichische Geschehen auch die Jahre nach dem Kalten Krieg unter anderen Vorzeichen zwar, aber weiter im Sinne allumfassender US-Interessen wahrzunehmen. Und so konnte eben nach dem Ende der Blockspaltung die gewünschte marktwirtschaftliche und konsumgesellschaftliche Uniformität in vielen Bereichen der österreichischen Gesellschaft erreicht werden.  Ökonomisch und gesellschaftlich sollte Österreich ja später, wenn auch etwas behutsamer als die Bundesrepublik Deutschland, über die europäische Integration  mit dem politökonomischen System der USA zusammengeführt werden. Wozu ein europäischer Bundesstaat bestens geeignet scheint.                                                                  

Daß die Supermacht USA dabei die Zügel des  ihren Vorstellungen entsprechenden Ordnungsmodells nicht aus der Hand gleiten ließen, war zu erwarten, dennoch konnte Österreich innerhalb desselben gelegentlich einen eigenen kleinen Gestaltungsspielraum, etwa unter Kreisky, wahrnehmen.

 

Doch immer wieder werden Österreichs Grenzen aufgezeigt

 

 Letztlich aber wurden dem kleinen Land  immer wieder auch die Grenzen seiner „Souveränität“ aufgezeigt. Sei es im Fall Waldheim, wo zu Tage kam, wer in den USA wirklich das Sagen hat, oder während der schwarz-blauen Regierung. Sei es, daß Österreich im Irak-Krieg US-Flugzeugen seinen Hoheitsraum öffnen oder der österreichische Verfassungsschutz, laut „Corriere della sera,“  bei von  der CIA geplanten  Entführungen von Muslimen kooperieren  mußte,  Sei es, daß bei Problemen in Restitutionsfragen im Zweifelsfall US-Bürger obsiegen sollten.                                                   

 

Der Druck aus Washington war und ist evident, der umso stärker ist, sobald Israel mit von der Partie ist. So etwa, wenn es um den Iran geht und Österreich dabei betroffen ist.  In das US- Visier kam deshalb vor Jahren der damalige Chef des österreichischen  Inlandsnachrichtendienstes BVT, Gert Polli, dem, laut News, vom deutschen Nachrichtendienst BND unterstellt wurde, Informationsmaterial an Teheran weitergegeben zu haben.                                                                                                             

Polli dazu: “Ich gehe mit Recht davon aus, dass es sich um eine Retourkutsche für meine Amtsführung in Österreich handelt. Es ist ja allgemein bekannt, dass ich viele amerikanische Operationen aufgrund der österreichischen Rechtslage negativ bescheinigt habe. In einem Rechtsstaat ist so etwas selbstverständlich.”                                             

Hinter den Angriffen auf seine Person steckten, laut Polli, “ohne Zweifel die amerikanischen Sicherheitsbehörden”. Auch die Terrorgefahr würde manchmal nur als Alibi für derartige Operationen dienen. Inzwischen wohl nicht nur manches Mal.

 

Derselbe Ex-Geheimdienstler Polli nun erst kürzlich wieder  in einem österreichischen Medium zum aktuellen NSA-Skandal: „Das Datensammeln der NSA ist nur eine Serviceleistung für die US-Geheimdienste. Und die reduzieren sich schon lange nicht mehr auf die CIA oder andere Sicherheitsbehörden.“ Dazu gehörten auch Sicherheitsfirmen und harmlos erscheinende NGOs.                                                                                                            

Zur Gesamtstrategie gehöre auch ein gewaltiges Spitzelnetz von US-Konzernmitarbeitern., die Wahrnehmungen über mögliche Verstöße an Meldestellen zu berichten hätten. Auf den Plan gerufene NSA-Agenten hätten dann die Aufgabe, Personen in persönliche und berufliche Abhängigkeit zu bringen. Das beginne etwa mit dem Aufbau von persönlichen Freundschaften. Wer nicht kooperiert, werde diskreditiert und fertig gemacht. Das schließe Rufmord und sogar Erpressung ein, wird  Polli zitiert.

 

Laut dem ehemaligen Präsidenten des deutschen Bundesnachrichtendienstes (BND), Ernst Urlau, sei ersichtlich, daß US-Dienste in Österreich “Begehrlichkeiten” hätten, die “sehr nah an die Grenzen der Rechtsstaatlichkeit und manchmal auch darüber hinaus” gingen.     Nichts Neues unter der Sonne also.                                                                                    

Washington glaubt sieben Jahrzehnte nach dem auch von ihm betriebenen Krieg im neutralen Österreich so schalten und walten zu können wie sie es traditionell in der Bundesrepublik Deutschland hinter den Kulissen und davor zu tun beliebt. Die BRD eine quasi US-Firma getarnt als Bundesrepublik, die, nach angeblichen Worten von Präsident Obama vor US-Soldaten in der US-Militärbasis Ramstein, „besetzt sei und so bleiben werde“?                                                                                                                                               

Tu felix Austria? Irrtum, dazu braucht es in einem so kleinen Land keine Militärbasen, Konzernzentralen und ein freundlicher Botschafter genügen,  und notfalls ist Ramstein einen Katzensprung entfernt.

 

 (1) Grubers  proamerikanische Einstellung war ein Hindernis für einen Staatsvertragsabschluß mit der Sowjetunion. Grubers Memoiren “Zwischen Befreiung und Freiheit. Der Sonderfall Österreich” im Ullstein-Verlag und die darin erneut thematisierten Figl-Fischerei (wie die Gespräche von 1947 bezeichnet wurden) brachten ihn zum Sturz.
Gruber trat als Außenminister zurück und wurde am 19. Jänner 1954 zum Botschafter in Amerika ernannt. Die russische Presse nahm den Rücktritt Grubers als Außenminister mit Genugtuung auf. 

(2)„Die Österreichisch-Amerikanische Gesellschaft“, Nr.5/1946                                               

(3) Siehe auch: Stefan Scheil: Transatlantische Wechselwirkungen. Der Elitenwechsel in Deutschland  nach 1945: Dunker & Humboldt 2012                                                                  (4)Cooperative for American Remittances  to Europe“ (CARE), gegründet 27.11.               

(5) Rentrak-Marktstatistik 2011                                                                                                 

(6) In Salzburg, Linz, Wien, Steyr, Wels, Zell/See, Innsbruck, Hallein, Graz und Ried (OÖ) 

(7) Congress for Cultural Freedom (CCF) mit Hauptsitz in Paris (1950-1969). Die vom Kongress für kulturelle Freiheit über Zeitschriften favorisierte Kunstrichtung war abstrakte Kunst, die als informelle Kunst bzw. als Abstrakter Expressionismus bezeichnet wurde. In den 1960er Jahren bestand eine wichtige Kampagne des Kongresses in einer Entideologisierung, die insbesondere auf Journalisten und Medienschaffende abzielte. Ziel im Kalten Krieg war, hochrangige europäische Künstler und Schriftsteller in ihrem Sinne zu beeinflussen, in prowestlichen Haltungen zu bestärken und gegen das kommunistische Lager zu positionieren.                                                                                                                       

(8) Der Österreichische Staatsvertrag, im Langtitel Staatsvertrag betreffend die Wiederherstellung eines unabhängigen und demokratischen Österreich, gegeben zu Wien am 15. Mai 1955, juristisch kurz Staatsvertrag von Wien, wurde am 15. Mai 1955 in Wien im Schloss Belvedere von Vertretern der alliierten Besatzungsmächte USA, Sowjetunion, Frankreich und Großbritannien sowie der österreichischen Bundesregierung unterzeichnet und trat am 27. Juli 1955 offiziell in Kraft.[1]                                                  

Gegenstand des Vertrages war die Wiederherstellung der souveränen und demokratischenRepublikÖsterreich nach der nationalsozialistischen Herrschaft in Österreich (1938–1945), dem Ende des Zweiten Weltkrieges (V-E-Day) und der darauf folgenden Besatzungszeit (1945–1955), in der Österreich zwar formal wiederhergestellt, aber nicht eigenständig souverän war. Der Staatsvertrag gilt auch als Kernindikationsfaktor für die Entwicklung eines eigenständigen Österreichbewusstseins

(9) Frederik Marks:  „Power and Peace – Die Diplomatie von J.F. Dulles“, Westport, 1993

Tartuffe au pays des espions et des écoutes

REVELATIONS SNOWDEN : MAIS QUI EN DOUTAIT ?

Tartuffe au pays des espions et des écoutes

Jean Ansar
Ex: http://metamag.fr
L’ancien agent des services secrets américains, Edward Snowden, a rendu public ce que tout le monde savait sans jamais vouloir le dire. Traitre ou héros, employé aigri ou idéaliste courageux, le résultat est le même. Personne ne peut plus se faire d’illusions sur le monde dans lequel nous vivons.

Nos démocraties sont des tartufferies

On présente au citoyen des régimes virtuels très éloignés des systèmes réels. Dans un monde global et technologique  de communication, il est bien évident que celui qui tient l’information tient le monde. Qui donc peut s’étonner que la première puissance mondiale, chancelante mais qui tente de le rester, mette tous ses moyens pour savoir ce que ses  concurrents objectifs et ennemis potentiels préparent et pensent. Dis-moi avec qui tu parles je te dirai qui tu es.


Il y a dans l’indignation actuelle sur l’espionnage américain  de l’hypocrisie  parfois teintée d’une naïveté confondante. Bien sûr que tout le monde tente d’espionner tout le monde depuis Dalila cherchant le secret de la force de Samson. Sinon  pourquoi y aurait-il des services d’espionnage et de contre-espionnage ? Alors dire on n’écoute pas ses amis est assez ridicule car il n’y a pas d’amis dans la compétition mondiale.

Tout le monde écoute tout le monde et il n'y a pas de raison que cela change. C'est en substance ce que Barack Obama a répondu  à tous ceux qui s'offusquaient des révélations du désormais intouchable Edward Snowden, via le Spiegel puis le Guardian, sur les grandes oreilles installées par la NSA dans des bâtiments officiels européens.  38 ambassades et missions diplomatiques sont décrites comme des « cibles » par le document divulgué.
 
"Les cyniques, les cinéphiles et les amateurs de séries américaines mais pas seulement se retrouveront pour dire qu'il n'y a là rien de bien surprenant. Après tout, l'espionnage est une pratique reconnue dans les relations internationales et, comme l'a rappelé John Kerry, le secrétaire d'Etat américain, tous les gouvernements ou presque ont recours à « de nombreuses activités » pour sauvegarder leurs intérêts et leur sécurité ». Le journal La Tribune dit ce que tout le monde sait et feint ignorer. D’ailleurs tout n’est pas secret loin s’en faut.


Prism : surveiller les e-mails et les réseaux sociaux

PRISM est le nom du programme de la NSA qui consiste à accéder directement aux serveurs de Facebook, Google, Microsoft, Apple et d'autres entreprises d'internet, pour y chercher des informations sur des citoyens en principe non américains. La NSA et le gouvernement américain en ont confirmé l'existence, et la justifient par des objectifs de sécurité nationale. Par le biais de PRISM, les services de renseignements peuvent surveiller les e-mails, les chats vidéo et audio, les vidéos, les photos, les conversations sur Skype, les transferts de fichiers, ou encore les réseaux sociaux. Le Washington Post a détaillé ce week-end la manière dont la NSA, le FBI et la CIA s'organisent pour collecter et analyser les informations qui leur parviennent des serveurs des géants du web avec lesquels ils sont interfacés. Tout le processus est décrit, depuis la requête sur un élément spécifique (un nom, un numéro de téléphone, un mot-clé...) jusqu'au rapport d'analyse, en passant par l'extraction automatisée des données, et la validation par le FBI que les informations ne concernent pas un citoyen américain.

Le contenu des communications n'est pas la première information visée. Il s'agit plutôt de savoir qui communique avec qui, où et quand. Lorsque la NSA cible une personne, ses réseaux à deux degrés de séparation près (les personnes qui communiquent avec celles qui communiquent avec la cible) sont ainsi cartographiés. Le Guardian explique en détail quel genre d'informations est contenu dans les métadonnées, à quoi elles ressemblent et comment elles peuvent être utilisées. Il s’agit ainsi de dresser une carte mondiale de l’information répertoriée grâce à l’espionnage global.

Les Britanniques font très fort eux aussi, en se branchant directement sur plus de 200 câbles de fibre optique servant aux liaisons télécoms transatlantiques, pour écouter tout ce qui y transite, avec la possibilité de stocker ces quantités gigantesques de données pendant 30 jours. Le nom de code de ce programme est Tempora, et l'opération a également été révélée par Snowden, qui affirme que le Royaume-Uni est encore "pire que les Américains", d'autant qu'il collabore avec l'administration Obama, en partageant ses informations avec la NSA. 

En France aussi, des technologies d'écoutes électroniques sont mises en place, par le biais de Thalès, pour pouvoir surveiller les Sms, les conversations téléphoniques, internet... En fait tous les états qui en ont les moyens le font…au nom de la démocratie qui protège nos libertés…. Il n’y a que les benêts qui peuvent continuer de le croire, c’est leur problème.

Maintenant ceux qui mettent tout ou presque de leur vie et de leurs pensées sur les réseaux sociaux ou les sites de rencontre qui se multiplient pour la plus grande joie des  technologies de l’ ombre  sont des inconscients ou des victimes consentantes alliés objectifs d’ un monde qui les indigne mais qu’ils alimentent volontairement par  une vanité de l’égo qui plus que jamais mène le monde.

Les grandes oreilles qui fâchent l’Europe

gou0d8.jpg

Les grandes oreilles qui fâchent l’Europe

Ex: http://fortune.fdesouche.com

 

 

 

«L’Oncle Sam se comporte très, très mal» : voilà le titre de l’éditorial du Monde qui, face aux révélations – non démenties par Washington – du Spiegel selon lequel l’Agence de sécurité nationale américaine (NSA) visait aussi l’Union européenne via son programme Prism, est très choqué par le fait que les Européens soient désignés dans ces documents comme «des cibles à attaquer». D’ailleurs, le Guardian a raconté que la France, l’Italie et la Grèce figuraient parmi les cibles privilégiées de la NSA.

Cette «expansion» de la politique sécuritaire américaine «paraît aujourd’hui totalement incontrôlée», déplore le quotidien français. Mais «considéré par certains comme un traître, M. Snowden a en fait rendu un grand service à son pays en révélant l’ampleur des excès de cette politique. Intégré à nos vies, l’univers numérique les expose en permanence à l’ingérence des gouvernants et des géants de l’Internet. Visiblement, les agences américaines en profitent au maximum.»

De l’hypocrisie

Mais pour le Standard de Vienne, qu’a lu et traduit le site Eurotopics, l’attitude de l’UE paraît bien malvenue dans cette affaire, car «de toute évidence, les services européens ont bénéficié sans sourciller des conclusions des Américains. Et ce sans le moindre scrupule quant aux méthodes de collecte de ces informations.»

Conclusion, logique, du quotidien autrichien : «A partir de là, les élans d’indignation des politiques européens, qui bien sûr ignoraient tout de ces machinations, s’apparentent à une incroyable symphonie d’hypocrisie. Le point décisif […], ce n’est pas que la NSA ait étendu sa surveillance aux Européens. C’est surtout que, frappés d’une bizarre présomption de culpabilité, de grands pans du trafic Internet aient été surveillés et épluchés, en toute légalité, mais de façon éminemment illégitime.»


Danger pour le TTIP

La Stampa de Turin, citée et traduite par Courrier international, pointe aussi les réactions hypocrites : «Il y a quelque chose de comique à voir que des régimes reconnus pour leur capacité à contrôler leurs propres citoyens et à réprimer leurs dissidents, font de Snowden un héros et d’Obama le méchant Big Brother. Ainsi, les télévisions moscovites peignent l’ex-collaborateur de la NSA comme un Robin des bois opprimé dans le pays qui a inventé le Web.»

Le site Presseurop a lui aussi épluché les journaux européens pour en tirer la substantifique moelle, à quelques jours de l’ouverture des négociations du Traité transatlantique de libre-échange (TTIP). Est-ce pour cela que Die Welt, par exemple, «tente de dédramatiser la situation» ? Dans son commentaire, le journal allemand écrit ainsi qu’«il n’est pas sympa d’espionner ses amis, […] mais que cela arrive tant dans la vie privée que dans la politique.»

Vie privée et vie politique

Il y a une différence, cependant : «Dans la vie privée, cela peut se solder par un divorce, dans la politique en revanche, une séparation durable n’est admise que de façon passagère. Tôt ou tard, on aura à nouveau besoin de l’autre.» Le gouvernement allemand continuera donc «à accepter des indices» servant la lutte contre le terrorisme et à «s’en montrer reconnaissant, car ses propres services secrets sont soumis à des coupes budgétaires».

Il faut dire qu’en Allemagne, le choc est rude, constate la Gazeta Wyborcza polonaise : le respect de la vie privée y est comme souvent considéré comme un des droits humains, «qui ne doit être restreint qu’en dernier recours. La dévotion à ce principe est particulièrement forte là […] où le traumatisme historique né du totalitarisme nazi puis de l’expérience communiste de la RDA est encore présent.»

Un «Watergate du XXIe siècle»

Donc rien ne semblerait «pouvoir échapper aux grandes oreilles transatlantiques», écrit L’Humanité, qui qualifie le scandale révélé par Edward Snowden de «Watergate» du XXIe siècle. «Nous sommes tous les cibles, en effet, car la collecte d’informations […] a frappé des millions de citoyens européens.» Ces révélations, «si elles ne sont pas totalement surprenantes pour qui connaît l’histoire de la première puissance mondiale, n’en sont pas moins révoltantes et méritent une réponse ferme des Européens», poursuit le quotidien communiste français, qui en appelle à la «résistance à Big Brother» et au «courage politique».

«Silence, l’ami t’écoute», écrit pour sa part le Corriere della sera, jouant sur les mots d’une célèbre affiche de la propagande de Mussolini. Pour le quotidien milanais, «nous sommes amis, certes, mais au moment de rendre les comptes, c’est chacun pour soi. […] Aujourd’hui, l’Europe proteste, avec raison. Elle demande des explications aux Etats-Unis […]. Et certains invoquent des rétorsions commerciales. Mais personne ne peut nier que les gouvernements de l’UE, quand ils le veulent, collaborent avec les Américains.»

Du venin dans le négoce

N’empêche : pour El Periódico de Catalunya de Barcelone, «les relations entre les Etats-Unis et l’UE sont désormais gravement compromises». Car les Européens sont «furieux», écrit de son côté le Financial Times, selon lequel ces révélations «menacent de compliquer un défi déjà difficile à relever», celui du fameux TTIP : «Ce traité doit non seulement donner un coup de fouet aux économies stagnantes mais aussi solidifier les relations entre les Etats-Unis et l’Union européenne pour les générations futures.» De quoi envenimer encore davantage «la discussion sur la protection des données personnelles qui a déjà causé des difficultés profondes ces dernières années».

Le Temps

Qui dit qu’il y a pas d’Europe ? Et celle de l’infamie ?

Qui dit qu’il y a pas d’Europe ? Et celle de l’infamie ?

Ex: http://www.dedefensa.org

«On peut sauter sur sa chaise comme un cabri en criant “L’Europe ! L’Europe ! L’Europe !”...», disait fameusement le général en 1965. Il doit bien rire. Ils ne sautent plus sur leurs chaises et ne crient plus «L’Europe ! L’Europe ! L’Europe !» ; non, ils font leur coup en douce, comme des petits commissionnaires des dernières instruction impératives, montrant le complet alignement de l’Europe sur les consignes-Système des USA, après qu’on ait montré, deux jours auparavant, qu’on les espionnait comme dans des latrines à tous vents. Qu’un ministre bolivien, Ruben Saavedra de la défense, qui était dans l’avion avec Morales (nous y venons) puisse déclarer comme s’il parlait des gouvernements européens comme de services annexes du département d’État, pour lesquels il suffit d’appuyer sur un bouton pour qu’ils agissent comme on a décidé pour eux  : «This is a hostile act by the United States State Department which has used various European governments.», – qu’il puisse dire cela et que cela ne soulève en nous aucun réflexe de scepticisme, ou d’interrogation, ou d’indignation enfin, voilà qui nous en dit des tonnes et des tomes, – parce que cela est vrai...

Il s’agit de l’affaire de l'équipée de l’avion du président bolivien Morales dont il semble qu’il s’est vu interdire, au moins pendant quelques heures, l’espace aérien de trois ou cinq pays européens c’est selon, – dont la France fameuse pour son indépendance et sa souveraineté, – parce que des rumeurs sans doute recueillies par l’efficace et attentive NSA, – on travaille au niveau des caniveaux, – avaient suggéré que Snowden se trouvait à son bord. Il y a beaucoup de comptes-rendus de cette affaire extraordinaire, avec des interprétations différentes, qui conduisent tout de même à constater qu’on a transféré élégamment les bornes de la légalité internationale au-delà de toutes les normes concevables, et de toutes les violations déjà accomplies par un groupe d’États souverains et d’honorable et vertueuse réputation... (Voir Russia Today le et le Guardian le 3 juillet 2013.) Ci-dessous, on donne un extrait du compte-rendu de EUObserver du 3 juillet 2013. Il y a aussi quelques précisions sur les réactions d’autres États d’Amérique du Sud (avec d’autres précisions plus récentes sur ce point dans le Guardian du 3 juillet 2013).

«Bolivian President Evo Morales' plane was forced to land in Vienna early on Wednesday (3 July) amid suspicions it was harbouring fugitive whistleblower Edward Snowden. Morales was en route from an energy meeting in Moscow held on Tuesday, where he had told Russian TV that Bolivia would consider granting Snowden asylum. He said he was keen “to shield the denounced.”

»According to media reports, France, Spain, Italy and Portugal later denied his plane the right to fly over their airspace. Morales, his defence minister Ruben Saavedrd, and their crew are currently waiting in the Austrian airport’s VIP lounge. Austria’s foreign ministry has since confirmed that Snowden was not on the flight. All countries except Spain – then lifted the flight ban.

»Saavedrd said he considered the whole fiasco as a hostile act perpetrated by the United States which uses EU governments as proxies. Meanwhile, Bolivian foreign minister, David Choquehuanca, said France and Portugal initially refused flight entry citing “technical issues.” “They say it was due to technical issues, but after getting explanations from some authorities we found that there appeared to be some unfounded suspicions that Mr Snowden was on the plane,” he noted. Bolivia's vice president, Alvaro Garcia, went further. He said Morales had been “kidnapped by imperialism” in Europe.

»In a a sign that the incident could turn into an international diplomatic dispute, Cristina Kirchner, the president of Argentina, said Peruvian president Ollanta Humala is to organise a meeting of the Union of South American Nations to discuss the issue. “Tomorrow is going to be a long and difficult day. Be calm.” she tweeted. Rafael Correa, the president of Ecuador, said Latin American leaders need to take action. “Decisive hours for Unasur! Either we graduated from the colonies, or we claim our independence, sovereignty and dignity. We are all Bolivia!” he tweeted.»

Officiellement, rien n’a été dit de précis de la part des pays démocratiques et spécialistes de la liberté de parole, de la légalité internationale et ainsi de suite, qui ont commis cette forfaiture qui devrait rester comme un beau cas d’école dans l’histoire du droit international. Cette attitude officielle introduit d’ailleurs une certaine dose de confusion sur les conditions réelles de l’incident, dans la mesure où l’on voudrait espérer reconstituer ces conditions réelles, les différents pays concernés préférant donner des indications très floues où l’on joue sur les mots, sur le temps des verbes, sur les précisions imprécises des circonstances. Le Guardian, qui avait mis en place une série “nouvelles-après-nouvelles“ dite Live Update sur l’affaire, ce 3 juillet 2013, rapportait successivement 

• «Individual European Union member states have the right to refuse access to their airspace but it was unclear why France and Portugal cancelled air permits for a plane carrying the Bolivian president Evo Morales, an EU Commission spokeswoman said. She told Reuters: “At the moment it is not entirely clear what happened this morning, why the French and Portuguese decided to divert the flight.”»

• «This is very strange. AP is reporting that both French and Spanish officials have denied refusing to let Morales's plane cross their respective airspace. “French officials denied on Wednesday that France refused to let the Bolivian president's plane cross over its airspace amid suspicions that NSA leaker Edward Snowden was aboard. Spain, too, said the plane was free to cross its territory … [...] Two officials with the French foreign ministry said on Wednesday that Morales's plane had authorisation to fly over France. They would not comment on why Bolivian officials said otherwise. They spoke on condition of anonymity because they were not authorised to be publicly named according to ministry policy. An official with Spain's foreign ministry said on Wednesday that the country on Tuesday authorised Morales's plane to fly within its airspace and to make a refuelling stop. The official said Bolivia asked again this morning for permission and got it. She spoke on condition of anonymity because of department rules...»

Ce silence officiel sous forme de brouillage des informations en multiples versions plus ou moins officieuses ne doit pas nous empêcher de poursuivre un commentaire dont il nous étonnerait qu’il ne soit pas au moins justifié par l’esprit de la chose (au moins évidente dans le refus unanime de droit d’asile pour Snowden dans les pays de l’UE), dans quelque condition qu’elle ait été développée. (A moins que la NSA nous révèle qu’elle détient quelques milliers de coups de téléphone montrant que Morales est un maître monteur de circonstances provocatrices, sans doute en se trompant sur le nom et la fonction du bonhomme.) Donc, ce “silence officiel” sur l’affaire du vol de Morales s’accompagne du travail entrepris au sein des institutions européennes pour obtenir de la part des USA des explications sur leur espionnage massif, ce qui trace un parallèle ubuesque donnant à toute l’affaire un autre caractère absolument inédit. La présence de la France parmi la “bande des trois ou cinq” ayant réalisé le kidnapping du chef d’État bolivien en rajoute une couche appétissante, sur le plan très sacré des principes de souveraineté et d’indépendance qui font partie de l’arsenal dialectique de la Grande Nation devenue entièrement la nation-poire. Mais quoi, nous sommes bien à l’époque de l’infamie à la petite semaine, commise en catimini par des êtres très bas et complètement dépassés par des responsabilités qui leur font horreur, donc incapables de mesurer l’infamie de leurs actes, et les conséquences de cette infamie. Une telle forfaiture au niveau international pourrait ne pas être sans conséquences diplomatiques, notamment sur l’appréciation qu’auront les autres, notamment les pays d’Amérique du Sud, des pays européens qui constituent avec les USA le centre moteur du bloc BAO prétendant conduire et inspirer les destinées du monde

Toute cette éructation étant répandue, il reste tout de même quelques aspects mystérieux. Nous voulons dire par là que l’extrémité de l’infamie elle-même pose un problème et fait s’interroger sur l’état psychologique, à la fois de ceux qui ont suggéré l’une ou l’autre consigne, à la fois de ceux qui se sont obligeamment exécutés. Il y a l’aspect d’une complète absence de mesure, voire de simple prudence, qui fait songer à un état psychologique de panique comme le dit Norman Solomon à Russia Today le 2 juillet 2013There is an element of panic in US policy towards Edward Snowden and this entire issue»). Notre hypothèse est que cette panique n’est pas seulement US mais commune au bloc BAO, devant ce qui est perçu comme une menace fondamentale contre l’un des fondements du Système (l’ensemble NSA/GCHQ britannique et son complexe global) pour la surveillance assurant une sécurité du Système que ces mêmes psychologies paniquées ne cessent de percevoir de plus en plus menacée. A cet égard, ces psychologies ne font que refléter la panique du Système lui-même devant ce qu’il perçoit comme une menace diffuse, et, selon cette psychologie obsessive selon quoi plus grande est la puissance, plus vulnérable est la sécurité à la moindre des menaces. (Par ailleurs, l’aspect pyramidal et interconnecté de cette puissance implique effectivement qu’un élément mineur, voire microscopique, qui possède le bout d’un des fils composant l’ensemble, peut détricoter l’ensemble...). Il y a certainement là un effet déjà constaté dans d’autres occurrences de la terrorisation des psychologies des directions-Système, une sorte d’“empire de la terreur“ tenant aussi bien le Système lui-même que ses composants (les pays du bloc BAO) dans la crainte-panique d’une action, si minime soit-elle, qui déséquilibrerait l’ensemble et précipiterait l’effondrement.

Les pays de l’UE, qui font partie de l’UE, sont donc confrontés à une véritable schizophrénie de leurs psychologies. D’un côté, ils sont victimes de l’agression de ce puissant élément constitutif du Système qu’est le complexe de surveillance avec la NSA au centre, et leur réaction reste malgré tout furieuse et d’une intense frustration, d’être l’objets de surveillance et espionnage illégaux, intrusifs, sans aucun respect de la souveraineté et dans des conditions frisant la trahison des liens d’alliance, – et essentiellement sinon exclusivement parce que tout cela est étalé publiquement. D’un autre côté, ils sont les complices, voire les serviteurs inconditionnels du Système et ses obligés bien sûr, et ils jugent leurs destins liés au sien. Par conséquent, il doit leur apparaître également impératif de tout faire pour assurer sa protection au niveau d’un de ses composants essentiels, y compris les actes les plus illégaux. Dans ce cas, la frustration d’être la victime des actes de surveillance du monstre est complétée d’une façon horriblement antagoniste par la panique communicative de la psychologie du monstre devant de prétendues “menaces” contre l’intégrité de sa puissance, – et cette panique finissant par transformer ses “prétendues menaces“ en menaces effectives, selon l’habituel évolution dynamique de la surpuissance en autodestruction.

 

Mis en ligne le 3 juillet 2013 à 20H27

jeudi, 04 juillet 2013

Hoog lid Erdogans AKP dreigt Berlijn met 3,5 miljoen Turken in Duitsland

Hoog lid Erdogans AKP dreigt Berlijn met 3,5 miljoen Turken in Duitsland

Radicalisering Turken in Europa door islamistische Gulenbeweging - Erdogan moedigt gebruik van vlag Ottomaans Rijk aan


Erdogan moedigt het gebruik van de Ottomaanse vlag inmiddels openlijk aan.

Onopgemerkt -of opnieuw bewust genegeerd- door de Westerse media is een uiterst veelzeggend dreigement dat Melih Gökcek, de burgemeester van de Turkse hoofdstad Ankara en een vooraanstaand lid van premier Erdogans AK Partij, deze week aan het adres van de Duitse regering Merkel heeft gedaan vanwege de kritiek die Berlijn had op het keiharde neerslaan van de massademonstraties in Turkije. 'Duitsland zou voorzichtig moeten zijn. In Duitsland leven 3,5 miljoen Turken.' In april 2012 schreven we al dat de regering in Ankara van plan was om de in Europa woonachtige Turken te mobiliseren, om zo de belangen van Turkije en de islam te 'verdedigen'. Hiervoor werd in 2010 zelfs een speciaal ministerie opgericht.

Westerse 'inmenging'

De flamboyante burgemeester Gökcek was woedend om wat hij de 'Westerse inmenging' bij de massale demonstraties tegen de regering Erdogan noemde. Hij beschuldigde een BBC-journalist ervan een geheim 'agent' te zijn die tot acties tegen de regering zou hebben opgeroepen, en op Twitter voerde hij een ware veldslag tegen CNN. Tevens kondigde hij op TV aan een campagne tegen Duitsland op te zullen starten. Als voorbeeld van de 'inmenging' noemde hij de Duitse pianist Davides Martello, die op het Taksimplein in Istanbul een paar deuntjes had gespeeld 'om de bevolking op te hitsen'.

'Vijandige buitenlandse machten'

De regering Erdogan geeft inmiddels 'vijandige machten' in het buitenland de schuld van de demonstraties, die nog altijd doorgaan. Een paar weken geleden wees Erdogan al 'bankiers' in het buitenland als de plannenmakers achter de schermen aan. (3) Gökcek eist inmiddels een verbod op de seculiere oppositiepartij CHP, die volgens hem de aanstichter van de protesten is. Ook wil de AKP de regels voor Twitter verscherpen, om daarmee de negatieve berichtgeving over de regering in te dammen.

De Turkse kritiek op de regering Merkel had ook te maken met de aanvankelijke blokkade die Duitsland opwierp tegen een nieuwe onderhandelingsronde over de toetreding van Turkije tot de Europese Unie. Nadat hier alsnog overeenstemming over werd bereikt matigde de regering Erdogan zijn toon. Minister van Economie Zafer Caglayan zei dat het antwoord op Merkels voorlopige afwijzing van de Turkse toetreding 'hoffelijk' moest blijven.

Getuigen van dodelijk politiegeweld opgepakt

Tegelijkertijd komen er steeds meer berichten uit Turkije over toenemende intimidatie en geweld door de veiligheidstroepen. Zo zei de advocaat van de familie van de door politieagenten doodgeschoten demonstrant Ethem Sarsülük dat de politie twee getuigen van de dodelijke schietpartij heeft gearresteerd. Het lijkt er sterk op dat de regering demonstranten en getuigen wil bang maken. De agent die Sarsülük doodschoot werd daarentegen weer op vrije voeten gesteld.  (1)

Afgelopen avond en nacht kwam het in het zuidoosten van Turkije tot nieuwe ongeregeldheden. Bij een militaire politiepost in Lice/Diyarbakir werd vrijdag een 18 jarige demonstrant doodgeschoten. Volgens de BDP partij heeft de militaire politie gericht met scherp geschoten, waardoor in Istanbul opnieuw honderden mensen de straat opgingen om tegen het regeringsgeweld te protesteren. (2)

Speciaal ministerie om Turken in buitenland te mobiliseren

De waarschuwing van burgemeester Gökcek zal in Europa waarschijnlijk lacherig worden weggewuifd, maar kan maar beter heel serieus worden genomen. In 2010 richtte de regering Erdogan het ministerie voor Turken in het Buitenland op, dat speciaal is bedoeld om de in het buitenland woonachtige Turken, met name in Europa, te mobiliseren om samen een vuist te maken en de belangen van Turkije en de islam te 'verdedigen'.

Aan de buitenkant klinkt dat wellicht nog niet zo dreigend, ware het niet dat er in 2010 een speciale geheime bijeenkomst met 1500 in het buitenland woonachtige Turkse politici en zakenmensen werd georganiseerd om dit omvangrijke project op poten te zetten. Ook werden er vorig jaar twee grote conferenties georganiseerd om een strategie op te stellen hoe de invloed van de in Europa woonachtige Turken kan worden vergroot.

Islamistische Gulenbeweging bestuurt AK Partij

Bovendien is de Turkse vicepremier en theoloog Bekir Bozdag, die aan het hoofd van het bewuste ministerie staat, een aanhanger van de beruchte extremistische islamistische Gulenbeweging, die openlijk pleit voor het met leugens en misleiding ondermijnen van de Westerse samenleving en daarbij uiteindelijk geweld en terreur niet schuwt. De vrees bestaat dan ook dat Bozdag het omvangrijke internationale netwerk van de Gulenbeweging de ruggengraat van zijn 'mobilisatie'plannen heeft gemaakt, waardoor de in Europa wonende grote Turkse gemeenschap sterk zal radicaliseren.

In Turkije worden critici van de Gulenbeweging inmiddels als 'terreurverdachten' vastgezet. De oprichter van de beweging, Fethullah Gulen -door sommigen beschouwd als de gevaarlijkste islamist ter wereld-, vluchtte in 1998 naar de VS omdat de toenmalige seculiere Turkse regering hem wilde arresteren vanwege zijn plannen om van Turkije een radicaal islamistische staat te maken. Vanuit Amerika controleert Gulen de heersende islamitische AKP partij van premier Tayyip Erdogan, die net als president Abdullah Gul een heimelijke discipel van Gulen is.

Erdogan moedigt Ottomaanse vlag aan

Gezamenlijk streven de AKP- en Gulenleden naar de wederoprichting van het Turks-Ottomaanse Rijk. 'Wij zullen weer heersen van Sarajevo tot Damascus,' voorspelde de Turkse minister van Buitenlandse Zaken Davutoglu eerder dit jaar aan zijn Amerikaanse collega John Kerry. Veelzeggend is dat Erdogan zijn aanhangers inmiddels aanmoedigt om de vlag van het Ottomaanse Rijk te gebruiken (4). In zijn toespraak vorige week in Erzurum, de grootste stad van Oost Turkije, zei hij:

'Hang de Turkse vlaggen aan uw huizen op... Maar liever nog zou ik willen dat u daarnaast aan uw balkon de Ottomaanse vlag ophangt, die drie halve manen heeft. Dat zullen we verwelkomen, want we zijn trots op de Ottomaanse vlag (4).' Historisch gezien is deze vlag het symbool van het islamistische theocratische systeem waar het Ottomaanse Rijk op gebaseerd was, wat anno 2013 door Erdogan en de AKP opnieuw wordt nagestreefd.

'We hebben genoeg van deze arrogante premier'

Een Turkse zakenman: 'We hebben genoeg van deze premier, zijn dagelijkse uitbranders, zijn bemoeienis met hoeveel kinderen we zouden moeten krijgen (drie per gezin), zijn verbod op zoenen in het openbaar, zijn verbanning van alcohol tussen 10 uur 's avonds en 6 uur 's ochtends (behalve in toeristengebieden) en zijn derde brug over de Bosporus (die wordt genoemd naar Sultan Selim de Meedogenloze, die in de 16e eeuw Egypte annexeerde en van de Ottomanen het machtigste islamitische rijk maakte)... Erdogans stijl is zo onvriendelijk en arrogant geweest, dat de mensen nu zeggen dat het genoeg is geweest en de straat op gaan.' (5)

Xander

(1) Tagesspiegel
(2) Deutsche Wirtschafts Nachrichten
(3) Ynet News
(4) Hurriyet (via Walid Shoebat)
(5) Huffington Post

Zie ook o.a.:

10-06: Erdogans megamoskee in VS wordt Ottomaanse 'ambassade'
05-06: Gatestone Instituut: VS helpt herstel Turks-Ottomaans Rijk
23-03: Turkse minister BuZa: Wij zullen weer heersen van Sarajevo tot Damascus
21-03: Jordaanse koning waarschuwt het Westen voor Turkse premier Erdogan
12-03: Duitse geheime dienst: Turkije werkt al jaren aan kernwapens
01-03: Turkse premier Erdogan: Israël en kritiek op islam zijn misdaden tegen mensheid
02-02: Turkse minister BuZa roept Syrië op Israël aan te vallen

2012:
04-07: Turkse rechter: ' ... Erdogan en president Gül jagen het Ottomaanse Rijk na'
18-06: Turkije wil terugkeer machtigste en gevaarlijkste islamist ter wereld
18-04: Turkse regering gaat miljoenen Turken in Europa mobiliseren (/ Turkse vicepremier gaat extreem islamistische Gülen beweging inzetten)

2011:
12-07: Turkije wil leger verdubbelen naar 1 miljoen man (/ Erdogan impliceert nieuw Ottomaans Rijk inclusief Sarajevo en Jeruzalem)
09-06: Turkse opperrechter: Erdogan is tiran en wil sultan van het Midden Oosten worden

2010:
09-12: WikiLeaks (8): Turkije wil Europa islamiseren via lidmaatschap EU (/ 'Wraak op Europa vanwege nederlaag bij Wenen')
08-04: Gevaarlijkste islamist ter wereld is een Turk en leeft veilig in Amerika

Croatie dans l'UE: "Je crains que l'Europe ne devienne une nouvelle Yougoslavie"

 

Croatie dans l'UE: "Je crains que l'Europe ne devienne une nouvelle Yougoslavie"

Pour l'essayiste croate Tomislav Sunic, qui regrette l'adhésion de son pays, l'Union européenne a sacrifié la politique sur l'autel de l'économie.

Tomislav Sunic rappelle que seule une petite minorité de Croates a ratifié l'entrée du pays dans l'Union européenne, en 2012.

Tomislav Sunic rappelle que seule une petite minorité de Croates a ratifié l'entrée du pays dans l'Union européenne, en 2012.© DIMITAR DILKOFF / AFP
 
Propos recueillis par Jason Wiels

C'est une voix discordante dans le concert de célébrations organisées en Croatie pour l'entrée du pays au sein de l'Union européenne, officialisée ce 1er juillet 2013. Tomislav Sunic, croate et américain, ancien diplomate et professeur en sciences politiques, désormais intellectuel à plein temps, a grandi dans la détestation du communisme version Tito. En janvier 2012, il a voté contre l'entrée de son pays dans l'Union européenne. Lui qui a appris le français en lisant "les lettres de Daudet" et "la plume d'Aron" dit naviguer librement entre la pensée économique de gauche et une approche de la culture de droite. Conflit serbo-croate, situation économique difficile, corruption..., l'auteur de La Croatie : un pays par défaut ? (2010, éd. Avatar) se montre plus que pessimiste quand on lui demande si cette adhésion peut aider à régler les problèmes de son pays. Entretien.

Le Point.fr : Quel regard portez-vous sur l'entrée de la Croatie dans l'UE ?

Tomislav Sunic : Pour l'heure, je pense que l'Union européenne, telle qu'on peut l'observer, relève plus d'un "constructivisme académique" que d'une réalité politique qui refléterait la volonté de ses peuples. C'est le problème essentiel. En fait, le projet européen tel qu'il est, je le crains, me rappelle beaucoup l'ancienne République de Yougoslavie.

Si c'est le cas, on peut s'attendre à un avenir qui déchante...

Bien sûr, la désintégration yougoslave ayant abouti à des guerres inutiles et désastreuses. Conçu sur papier à la fin de la Première Guerre mondiale, le projet yougoslave semblait tout à fait valable, sauf que plusieurs mythologies nationalistes (slovène, serbe, croate, etc.) allaient finalement conduire à son éclatement sauvage. Au niveau européen, il me semble que l'on procède là aussi à des élargissements sans vraiment sonder le terrain.

Que voulez-vous dire?

Je ne suis pas le seul à penser que le projet européen est mal défini. Depuis le Traité de Rome en 1957 jusqu'à aujourd'hui, il se dirige d'abord vers "l'économisme", soit un capitalisme sauvage, et favorise la création d'une oligarchie mondialiste... Fatalement, cela va rejaillir sur le sort des peuples. Regardez par exemple le Mécanisme de stabilité européen, qui donne une immunité quasi totale à des décideurs non élus. Ils échappent au triage démocratique !

Que la Commission et la Banque centrale européenne rédigent nos lois, dans la grammaire comme dans la substance, voilà un projet qui me paraît particulièrement anti-démocratique. C'est ce qui me fait prédire que l'on se dirige malheureusement plus vers une rupture que vers une consolidation européenne. Bruxelles parle un langage économique, mécanique, super-capitaliste, qui nous fait mal, qu'on soit croate, français, de gauche ou de droite.

L'adhésion de la Croatie a pourtant été entérinée par un vote démocratique [66,67 % des votants ont dit oui, NDLR].

Certes, mais ce référendum a souffert de 60 % d'abstention [56,46 % exactement, NDLR]. Ce n'est donc qu'une petite couche de la population qui a voté oui. Si l'on compare à 1991, 85 % de Croates s'étaient déclarés pour la sécession d'avec la Serbie. Voilà un plébiscite qui était non seulement légal mais doté d'une légitimité à part entière. Dans le cas du référendum pour l'UE, on a fait chuter à dessein le palier de votes pour rendre le référendum valide...

De plus, il faut savoir que l'immense majorité de la classe politique croate est composée des nostalgiques de la Yougoslavie de Tito, que ce soit le président, Ivo Josipovic, ou même le Premier ministre, Zoran Milanovic (centre gauche, élu en 2011), issu d'une célèbre famille communiste. Des gens qui, paradoxalement, sont devenus les principaux supporters de l'"intégration" ! Ils pensent que tous nos problèmes vont être résolus à Bruxelles, par une pluie d'argent. Je caricature, mais c'est l'esprit.

Justement, l'économie croate compte 20 % de chômeurs, 50 % chez les jeunes. L'Europe a promis une enveloppe de 14 milliards d'euros au pays. N'est-ce pas là un signe positif ?

Tout à fait, nous sortons de quatre années sans croissance, même si notre dette souveraine reste bien inférieure à celle de la France par exemple [59 % du PIB contre 91,7 %, NDLR]. N'oublions pas aussi que toutes les familles ont leur expatrié (en Europe, en Amérique du Sud, etc.), ce qui permet de s'entraider. On a une vraie culture de la débrouille, aussi. Je ne pense pas que notre situation soit catastrophique.

En revanche, je pense que ce sont les grands apparatchiks de l'UE, tel M. Barroso, qui ont besoin de la Croatie plutôt que le contraire. Pour se donner bonne conscience, pour dire : "Regardez comment on continue d'intégrer." Et de faire un peu oublier au passage les cas grecs et portugais, qui ont pourtant été, à l'époque, les premiers bénéficiaires des aides européennes...

La Croatie est classée 62e sur l'indice de perception de la corruption par l'ONG Transparency International. Que faire pour lutter contre ?

C'est un de nos grands problèmes, c'est certain. Nous n'avons pas eu, comme vous en France en 1945, une "épuration" en 1945 après la fin de la guerre. Nous aurions dû nous débarrasser des membres de la police secrète, nous n'avons pas assez fait table rase de la période communiste.

L'entrée dans l'UE peut tout de même constituer une étape pour tourner la page du passé. Par exemple, en aidant à enterrer la hache de guerre avec Belgrade ?

N'oublions pas que, dans les années 90, quand beaucoup de Croates étaient pro-européens, Bruxelles ne s'était pas donné beaucoup de peine pour stopper les atrocités entre la Croatie et la Serbie.

Par ailleurs, je pense que cette adhésion ne résout en rien la question de la vérité historique, qui nous mine d'un côté comme de l'autre de la frontière. Je plaide pour une grande conférence qui réunirait des intellectuels de tous horizons pour qu'on règle une fois pour toutes la question de la "victimologie". C'est-à-dire qu'on se débarrasse de cette bataille de chiffres, dans laquelle on compte nos morts de part et d'autre sans souci des faits. Mes compatriotes construisent trop souvent leur identité de "bon Croate" en opposition avec le "mauvais Serbe". Il faut vraiment sortir de cette nécessité d'exister dans le dénigrement de l'autre...

Mais que ce soit à Bruxelles, Zagreb ou Belgrade, tout le monde est imprégné du même "économisme". Tout se résume aux mathématiques, aux chiffres. Il faudrait plutôt mettre en valeur nos idées spirituelles, intellectuelles, culturelles. Je suis pour une Europe culturelle, que l'on parle tous les langues des uns et des autres, plutôt qu'un mauvais anglais.

Obamas Fall

obama_ad_rect1.jpg

Obamas Fall

von Prof. Paul Gottfried

Ex: http://www.blauenarzisse.de/

Die Enthüllungen des ehemaligen Geheimdienst-​Mitarbeiters Edward Snowden offenbaren die tiefe Krise der USA. Ein Kommentar des Politikwissenschaftlers Prof. Dr. Paul Gottfried aus Pennsylvania.

Snowden, ehemaliger Mitarbeiter des CIA (Central Intelligence Agency)und der NSA (National Security Agency), gehört zu den meistgesuchten Männern der Welt. Der IT-​Techniker aus North Carolina hatte als Mitarbeiter der im Umfeld des Geheimdienstes NSA arbeitenden Beratungsfirma Booz Allen Hamilton Zugang zu brisanten Informationen. In die Entwicklung der streng vertraulichen staatlichen Programme zur weltweiten Überwachung des Internets, „PRISM“ und „Boundless Informant“, war Snowden direkt eingebunden. Im Mai 2013 gab er sein Wissen an den Guardian und die Washington Post weiter. Seitdem befindet er sich offiziell auf der Flucht. Ihm stehen umfangreiche Prozesse ins Haus, sobald er wieder amerikanischen Boden betritt.

Staatliche Überwachung in nie gekannten Ausmaß

Irgendwo in Hongkong, wo er Interviews gewährt, eröffnete Snowden das erstaunliche Ausmaß der von seinen Vorgesetzten gespeicherten, kompromittierenden Daten. Was in den USA als „streng verwahrte Regierungsgeheimnisse“ bezeichnet wird, schließt eine Menge von Personalien ein, ausgehend von einer umfassenden Auflistung aller Telefonate, die in den USA in den letzten paar Jahren geführt wurden. Ebenfalls einsehbar ist laut Snowden ein detailliertes Verzeichnis der Email-​Nachrichten aller inländischen Computer-​Benutzer.

Zur Tarnung argumentiert die Obama-​Regierung auf der Grundlage notwendiger Sicherheitsbedürfnisse. Um sich gegen die Bedrohung durch islamische Terroristen zu wehren, so die offizielle Verlautbarung, müsse der Staat alle möglichen Belege einsehen können. Wenngleich die vorherige Bush-​Regierung ebenso emsig „sicherheitsbezogene Dateien“ gespeichert hat, blieb ihre Sammelwut begrenzter und konzentrierte sich auf verdächtigte Terroristen.

Obamas privater Krieg

Ein ehemaliger Beamter in diesem Dezernat bezweifelt nun, dass die Vergrößerung des rasant sich ausdehnenden Datenbestandes helfen könnte, nach Terroristen besser zu fahnden. Der Geheimdienst würde es kaum bewältigen können in diesem Heuhaufen jede gefährliche Nadel zu finden. Hilfreich wären diese Informationen aber vor allem, wenn Obama darauf setzt, seinen Gegnern in die Karten zu schauen.

Es knallt zu einer unbequemen Zeit für die Regierung. Aus den Anhörungen der vorwiegend republikanischen Bundesabgeordneten tauchten gezielte Beschwerden über gewisse Amtsvergehen hervor. Dazu gehören auch unnötige Sonderprüfungen der Steuererklärungen der großzügigsten republikanischen Spender und das geheime Abhören anvisierter Journalisten, die die Verwaltung nicht als verlässlich wertete. Eine besondere Rolle spielt der im Fernsehen gesendete, vorgebliche Meineid des demokratischen Generalbundesanwalts Eric Holder. Er verleugnete fälschlich im Kongress seine Beteiligung bei den von ihm zu verantwortenden privaten Überwachungsmaßnahmen. Obwohl der Meineid Holders offensichtlich scheint, bleibt der De-​Facto-​Justizminister unberührt im Amt. Eine vom Kongress gestellte Forderung, dass er seine widerrechtliche Handlung schriftlich „aufzuklären“ habe, schlug Holder aus. Der Generalbundesanwalt tritt auf der Stelle und erklärt, dass er keine Antwort schuldig sei.

Diesen Skandalen ging der Tod von vier Amerikanern im libyschen Bengasi im September 2012 voraus. Nun wird das damalige Scheitern der Regierung deutlich. Aus dem Gewirr einst zusammenhangsloser Daten kommt heraus, dass Obama und seine ehemalige demokratische Außenministerin Hillary Clinton wenig ausrichten wollten, um den belagerten Botschafter und dessen Untergebene in Libyen im letzten Herbst zu retten. Damals war es höchst notwendig, mit den in Italien stationierten Streitkräften vor Ort einzuschreiten. Doch die Militärverwaltung weigerte sich, die Truppen nach Bengasi zu beordern. Wichtig war es für Obama, sein Bild als Sieger über die muslimischen Terroristen hochzuspielen. Diesen Ruf hat er der Tötung Osama Bin Ladens 2011 zu verdanken. Damit trumpfte er 2012 tagein, tagaus während des Präsidentschaftswahlkampfes gegen seinen republikanischen Konkurrenten Mitt Romney auf. Umso wichtiger erschien es ihm deshalb, einen erneuten Anschlag in Bengasi vor der Öffentlichkeit zu verbergen.

Obamas Scheitern in den Medien

Wenn Obama die nötigen Maßnahmen ergriffen hätte, um die belagerten Staatsdiener zu retten, dann wäre klar gewesen, dass er mit den Terroristen doch nicht fertig wird. Zum Schutz seiner Lüge wurde die außenpolitische Prominenz, inklusive der Botschafterin der Vereinten Nationen, Susan Rice, angewiesen, eine erfundene Geschichte mitzuteilen. Dieser Erdichtung nach scharten sich die empörten Muslime, die die Botschaft überfielen, zusammen, weil sie einen beleidigenden Film über den Propheten Mohammed knapp zuvor gesehen hätten. Wie sich nun herausstellte, wurde der schwerbewaffnete Angriff detailliert geplant. Die versuchte Verdeckung durch Obama scheiterte an Widersprüchen, kurz nachdem sie in Umlauf gebracht wurde.

Zum Verständnis der US-​amerikanischen Staatspolitik und Obamas Weigerung, auch nur um einen Schritt zu weichen, muss einiges erklärt werden. Gleichwie frevelnd die Obama-​Regierung handelte, waren bis dato die US-​amerikanischen Medien, außer dem republikanischen Fox–Kanal, bereit, einen weiten Bogen um ihren heimlichen Liebling zu machen. Bis vor zwei Wochen haben Journalisten Obama etliche „Patzer“ nachgesehen. In der letzten Woche aber hat die Sachlage eine für Obama verhängnisvolle Wendung genommen. Seine Beliebtheit fiel um 17 Prozent.

Snowden bringt das Fass zum Überlaufen

Seine Anhänger kommen in Meinungsumfragen nur weit unter 50 Prozent. Der von Snowden enthüllte, atemberaubende Umfang des bundesstaatlichen Überwachungsprogramms brachte das Fass zum Überlaufen. Offiziell lehnen die meisten Amerikaner gemäß der jüngsten CNN–Umfragen das Verhalten Snowdens ab. Der Flüchtling gilt als „unverlässlicher“ Staatsdiener, der Verrat begangen habe. Jedoch glaubt eine Mehrheit der Befragten zugleich, dass Snowden einen bestürzenden Machtmissbrauch seitens des Staatsträgers schonungslos enthüllt und unter Beweis gestellt hat.

Snowden ist es nun auch, der das Anti-​Obama-​Lager spaltet. Während die schon zerschlagene Altrechte, die „Tea Party“ und die Libertarians Snowden als Verfechter der bürgerlichen Freiheit verteidigen, wüten die Durchschnittsrepublikaner mit Hilfe der neokonservativen Medien über seinen Vertrauens– und Rechtsbruch. Vorrangig für die linientreuen Republikaner haben der Kampf gegen den islamischen Terrorismus und das Ringen nach einer demokratischen Weltordnung oberste Priorität. Auch wenn sie über Obamas Angriffe auf die Opposition empört war, unterstützt die republikanische Basis den demokratischen Präsidenten jetzt im Fall Snowden.

Das Scheitern der Republikaner

Ihm wird zugute gehalten, dass er das von Bush übernommene Überwachungsverfahren zur Abwehr der Terroristen erweiterte. Egal was er wirklich damit beabsichtigt, nehmen viele neokonservative Journalisten, vor allem diejenigen, die zum Wall Street Journal gehören, ihre Kampfhunde jetzt an die Kandare. Sie drehen die Spitzen gegen die Kritiker der Regierung von rechts sowie links um, die Obamas Motive als im Grunde gutherzigen Datensammler anzweifeln. Man fragt sich in dieser Ecke keineswegs, was er mit soviel Belegen zu schaffen gedenkt. Das überwältigende Gros der Daten steigt dem Normalbürgern nicht ins Bewusstsein.

Es gehört zur Ironie des „Falls Snowden“, dass die Opposition aus diesem neuesten Skandal mehr Gewinn zieht, als ihnen aus allen früheren Enthüllungen zugefallen ist. Das geschieht genau zu der Stunde, wo sich ihre Zerstrittenheit am deutlichsten abzeichnet. Doch gerade, als ein Sieg in Sichtweite gelangt, reicht die republikanische Führung dem schon torkelnden Feind die Hand. Nicht allein Obama steckt mitten in der Krise.

mercredi, 03 juillet 2013

Poutine signe une loi interdisant la « propagande homosexuelle »

vladimir-poutine.jpg

Poutine signe une loi interdisant la « propagande homosexuelle »

Le président russe Vladimir Poutine a signé ce dimanche 30 juin la loi pénalisant la « propagande homosexuelle auprès des mineurs ». Il en a également signé une autre réprimant les « offenses aux sentiments religieux » suite aux actions des Pussy Riot.

La première loi prévoit des amendes allant de 4 000 à 5 000 roubles (96 à 117 euros) pour les citoyens, de 40 000 à 50 000 roubles (940 à 1 170 euros) pour les fonctionnaires, et de 800 000 à un million de roubles (20 000 à 25 000 euros) pour les personnes juridiques.

Les sanctions sont encore plus dures si cette propagande est effectuée dans le cadre des médias ou via internet : 50 000 à 100 000 roubles (1 200 à 2 400 euros) pour les citoyens, de 100 000 à 200 000 roubles (2 400 à 4 800 euros) pour les fonctionnaires et jusqu’à un million de roubles (25 000 euros) pour les personnes juridiques, accompagné de suspension de leur activité pour un délais de 90 jours.

Un autre texte visant à protéger les enfants russes de l’adoption par des célibataires ou par des couples vivant dans des pays ayant légalisé le « mariage » homosexuel lui sera également bientôt présenté. Il a d’ores et déjà indiqué qu’il le signerait, dans la continuité de sa politique de protection des enfants et de défense des valeurs traditionnelles.

 

Christopher Lings

Tempora et Prism

PRISM.jpg

Tempora et Prism

Ex: http://www.huyghe.fr

À suivre les dernières révélations du "lanceur d'alerte" Snowden publiés dans le Guardian, le Royaume-UNi serait beaucoup plus efficace encore que les États-Unis pour surveiller dans le cadre de l'opération Tempora des millions de citoyens en interceptant un nombre astronomique de communications électroniques. Et les Britanniques souffrent de moins de restrictions juridiques encore...
 
La différence ? Là où les Américains devraient aller fouiller, comme dans le cadre de l'opération Prism, dans les ordinateurs de compagnies comme Google et Facebook, les Britanniques, ou  plus exactement les agents du GCHQ (General Communication Headquarter) équivalent de la NSA, iraient piocher directement les messages là où ils passent physiquement : sur des câbles optiques transatlantiques.
 
Selon Snowden, le furet, ils auraient 200 points d'accès donnant accès à 600 millions de communications par jour : courriels, messages Facebook, communications téléphoniques, etc.. Ils pourraient les stocker pendant trente jours, le temps de les analyser.
 
Mais, bien entendu, les deux services "cousins" se partageraient les informations. Ceci paraît vraisemblable pour au moins deux raisons :
 
- L'une est historique. Dès 1946 les deux pays signaient le pacte secret dit UKUSA (UK +USA) incluant aussi le Canada, l'Australie, la Nouvelle-Zélande, dans un cadre de guerre froire. Il s'agissait de partager leurs moyens dits de SIGINT et COMINT (interception de signaux et interception de communications) pour combattre le communisme international et ses espions. Ce pacte, qui est à l'origine du fameux projets Échelon d'interceptions tous azimuts, a continué ensuite, dans les années 90 pour recueillir de l'information économique, après 2001 dans le cadre de la lutte planétaire contre le terrorisme.
 
- Nous sommes ici (comme pour Prism), dans le cadre d'un méthode "à la nasse", portant sur des Big Data, d'énormes quantités de données numériques. Donc plus on possède de données de tous ordres - mots clefs repérés par les ordinateurs dans les messages, dates et durée de connexion entre des correspondants, lieu de l'appel et de la destination, suivi du déplacement des appareils (géolocalisation), numéros rapportés à des identités, et autres métadonnées -, plus le système est efficace. Nous ne sommes plus, comme dans le film "La vie des autres", dans un cadre où un humain espionne toutes les conversations d'un humain bien déterminé avec un soupçon bien particulier, pour découvrir ses secrets, ses fautes et ses projets. Nous parlons d'un système qui "travaille" sur des nombres et des rapprochements. Les algorithmes doivent faire les rapprochements entre des élémentes suspects et en les croisant obtenir une quantité phénoménale d'informations sur des millions de gens. Donc une capacité d'anticipation hors du commun.
 
La question qui vient spontanément à l'esprit "Mais que diable peuvent-ils faire de ces millions de données et qui trouve le temps de les analyser ?" trouve sa réponse dans la puissance de calcul démesurée : des ordinateurs fonctionnant à l'échelle de populations entières. Ce n'est pas un principe très différent de celui des grandes compagnies commerciales : en recueillant une multitude d'informations (dont certaines peuvent sembler tout à fait innocentes) il est possible, avec la puissance de calcul suffisante
a) de mieux "profiler" des individus jusqu'à deviner leurs goûts ou leurs intérêts voire leurs projets
b) de pressentir des mouvements collectifs d'opinion (qui pourraient aller de la mode du printemprs prochain aux variations de la Bourse en passant par l'envie de faire la révolution).
 
Tout ce dispositif étant par définition secret, nous n'avons qu'une idée très approximative de l'efficacité de pareils dispositifs, et, par exemple, de ce que valent les déclarations de responsables de ces services qui nous disent qu'ils ont ainsi empêché des dizaines d'attentats.  Mais nous avons au moins une idée de la vision du monde que développent ces gens.
 
Cela  rappelle  le roman de Philip K. Dick « Minority Report » devenu un film : dans un monde futur l’ordre social repose entièrement sur la pré-détection du crime avant qu’il ne soit commis. Les « précogs », sortes de voyants, le devinent juste avant son exécution, à temps pour que la police puisse l’empêcher. L’auteur est considéré comme aussi coupable que s’il avait eu le temps de passer à l’acte. Dans le roman, le système de précognition s’effondre le jour où il est prouvé qu’il n’est pas fiable à 100% et qu’il laisse la place à l’erreur ou au trucage. Un récent feuilleton télévision  "Person of interest" a utilisé le même ressort : un agent à qui la machine dit qui va tuer ou qui va mourir par rapprochement de données.
 
Science-fiction ?
 
Dans la réalité, il y a eu le projet TIA/IAO (Total Information Awareness/ Information Awareness Office) développé par l'amiral Pointdexter dans le cadre de la "guerre au terrorisme" et qui a bien failli fonctionner en 2002.
 
La mission du TIA/IAO tient dans une phrase de son texte de présentation, qui en fait un concentré idéologique : « le danger asymétrique le plus sérieux auquel ont à faire face les U.S.A. est le terrorisme, une menace caractérisée par de regroupement d’acteurs organisés de façon souple en réseaux clandestins et qu’il est difficile d’identifier et de définir. L’IAO entend développer des technologies qui nous permettront de comprendre les intentions de ces réseaux, leurs plans et, potentiellement d’identifier les occasions d’interrompre ou d’éliminer les menaces. ». 
 
Dans un discours inaugural, Pintdexter comparait la lutte antiterroriste à celle contre les sous-marins : identifier des cibles invisibles dans un océan de bruit. La solution ? Ce sont bien sûr « la technologie de l’information » : puisque les terroristes retournent contre nous nos technologies, cherchons à les identifier là où nos technologies les rendent vulnérables à leur tour. Puisqu’ils agissent en cellules indépendantes et clandestines, nous les prendrons là où ils se connecteront à nos réseaux et les frapperons quand ils deviendront visibles Dès qu’il prépare une opération, le terroriste engagé dans sa « guerre en réseaux » recourt à d’autres réseaux : il paye avec sa carte de crédit, réserve un avion, utilise son téléphone cellulaire. Bref, il laisse l’empreinte de ses mouvements, communications, ou transactions. L’ensemble de ses traces forme sa « signature ». Or, comme le dit un dicton du Pentagone, « sur le champ de bataille, la signature, c’est la mort ». Un terroriste qui consomme est un terroriste perdu. « L’espace des transactions », dixit Pointdexter, représente sa zone de vulnérabilité. Vous planifiez donc vous êtes prédictible. Nos algorithmes sont plus puissants que vos bombes : tracé, traqué, profilé, éliminé.
 
Comment fait-on ? Le TIA suppose d’abord l’interconnexion et le traitement de base de données de toutes sortes. Le secret est de trouver des corrélations entre l’usage de cartes de crédit, les vols en avion, les permis de conduire, les locations de voiture, l’achat de produit chimique ou tout qui pourrait indiquer des activités suspectes. L’argument est que, si un pareil système avait existé avant le 11 Septembre, il n’aurait pas manqué de rapprocher les profils des kamikazes. Ils avaient en commun de venir de pays « chauds », d’avoir de l’argent à volonté, de prendre des cours de pilotage, de se téléphoner, de réserver sur les mêmes vols…
 
Les chercheurs de l’I.A.O. avaient déjà élaboré un programme : systèmes d’écoute et de traduction automatique, identification biométrique, logiciels d’exploration clandestine de bases de données électroniques, systèmes de simulation, de prédiction des attaques terroristes, d’aide à la décision de crise, etc. Mais le maître mot de ce qui – il faut le rappeler- est resté un projet était : intégration. Ce saut d’échelle résulterait de la mise en synergie de toutes ces données et de tous ces instruments. Il vise à rendre le comportement terroriste justiciable des mêmes méthodes qui s’appliquent aux facteurs favorisant l’accident de voiture pour les assurances. Le comportementalisme, si prégnant dans la culture américaine, suppose que le terroriste est agi par une série de mécanismes calculables ; il se conjugue ici au culte de l’ordinateur omniscient, pour justifier les vertus de l’intervention préventive. Bénéfice collatéral : toutes les mesures sécuritaires, qu’il s’agisse de surveillance des voyageurs, de vérification des colis pénétrant sur le territoire U.S., de contrôle des exportations de matériel stratégique, se traduisent en termes d’intelligence économique et de lutte contre la concurrence industrielle.
 
Mais bien sûr, tout cela avait lieu sous l'horrible G.W. Bush, pas sous le gentil Obama. On se sent rassurés, non ?

Les leçons amères à tirer de l’affaire Prism

PRISM-Scandal-Nothing-to-Hide-Nothing-to-Fear.jpg

Les leçons amères à tirer de l’affaire Prism

par Christian Harbulot
 
Ex: http://www.infoguerre.fr

La divulgation du système d’espionnage américain par l’ex consultant de la NSA Edward Snowden ouvre une brèche beaucoup plus importante que l’affaire Wikileaks dans le système de croyance édifié par les Etats-Unis aux lendemains de la seconde guerre mondiale.  L’affaire Prism a fait voler en éclats les fondements mêmes du credo sur la démocratie. On pourrait la résumer en trois actes d’accusation : violation de secrets d’Etats étrangers, accès illimité aux informations économiques de pays concurrents, lecture potentielle des données personnelles des citoyens du monde sur les réseaux sociaux.

Les preuves fournies par le citoyen américain Edward Snowden remettent en cause le discours que les Etats-Unis affichent depuis leur création sur la liberté des peuples à disposer d’eux-mêmes. Si l’affaire Wikileaks a fait de la diplomatie américaine une référence mondiale qui faisait passer au second plan les autres discours diplomatiques, l’affaire Prism ramène les Etats-Unis à la case départ de la Real Politik. Suite à ces révélations, la démocratie américaine ne peut plus prétendre être un modèle pour les autres peuples du monde car elle fait le contraire de ce qu’elle dit, ne serait-ce qu’en ne respectant pas le secret de correspondance qui fut une des libertés élémentaires arrachées aux régimes absolutistes ou totalitaires.


Cette situation nouvelle a déjà des conséquences spectaculaires. Elle mine la légitimité populaire des élites politiques des démocraties occidentales qui s’étaient habituées silencieusement depuis des décennies à assumer le poids et le prix de la surveillance américaine de leur comportement. Il n’est pas étonnant que les premières réactions politiques de rejet de l’attitude américaine viennent d’Allemagne par la voix du gouvernement fédéral. A cette posture diplomatique s’ajoute la publication par le magazine Der Spiegel de nouveaux éléments sur le ciblage par l’espionnage américain de l’Union Européenne mais aussi de la France. Contrairement à la France, l’Allemagne a une stratégie de puissance qui lui permet aujourd’hui de s’affirmer de manière beaucoup plus mature sur la scène internationale. L’absence de réaction de l’Elysée au début de l’affaire et le motus bouche cousue de la classe politique, de gauche comme de droite pendant la première période de la crise, en dit long sur notre attentisme à l’égard des Etats-Unis d’Amérique.


L’affaire Prism a pris tout ce petit monde à contrepied. La France a du mal à se penser en dehors de son statut de petite moyenne puissance aux marges de l’empire dominant, position parfois ô combien inconfortable comme le démontre l’affaire Prism. Le fait que nous soyons incapables d’élever la voix aux côtés de l’Allemagne, « redimensionne » la valeur de nos attributs de puissance militaire et diplomatique. Sans armes nucléaires, sans fauteuil au conseil de Sécurité de l’ONU, l’Allemagne fait mieux que nous. Puissance bridée depuis 1945, elle a renversé son statut de vaincu en statut de puissance assistée (économiquement et militairement) au cours de la guerre froide pour maintenir l’équilibre des forces entre l’Est et l’Ouest. La chute du Mur et la réunification lui ont donné un nouvel élan au sein de la dynamique européenne. Berlin, contrairement à Paris, sait jouer le double jeu. Plus proche des Etats-Unis par le lien transatlantique hérité de la guerre froide, sa voix porte d’autant plus fort lorsqu’elle est la première à demander des comptes aux Etats-Unis.


L’absence de réaction française jusqu’à l’intervention officielle de Laurent Fabius ce dimanche est l’instrument de mesure parfait de notre véritable place dans le concert des nations. Contrairement à Berlin, Paris semblait attendre patiemment la fin de cette tempête informationnelle. Mais les dernières révélations sur l’espionnage de l’Union Européenne et même de la France ont brisé le mur du silence, du moins à gauche car la droite a encore du mal à se faire entendre sur ce dossier. Les images d’un Barack Obama qui essaie de substituer à l’image dégradante de son empire, celle du premier Président noir des Etats-Unis en voyage en Afrique du Sud, ne suffisent plus à masquer ce scandale à rebondissement. Certes, on peut toujours rêver dans l’hexagone en se demandant qui osera revenir un jour sur ce statut instable de vassal de l’empire, jamais assumé devant l’électorat. Le seul dirigeant politique français à s’être démarqué de cette dépendance à l’égard des Etats-Unis fut le général de Gaulle. Et il n’est pas inutile de rappeler qu’il était à l’époque très isolé dans son propre camp sur ce dossier majeur.

Christian Harbulot

mardi, 02 juillet 2013

Presseschau - Juli 2013

Presseschau

Juli 2013

 

Wieder einmal einige Links. Bei Interesse einfach anklicken...

#####
 
zeitungenxxxxcccc.gifAUßENPOLITISCHES
 
Giorgio Agamben im Gespräch
Die endlose Krise ist ein Machtinstrument
Ein lateinisches Imperium gegen die deutsche Dominanz? Der italienische Philosoph und Zeitdiagnostiker Giorgio Agamben erläutert seine vieldiskutierte These. Er sei missverstanden worden.
 
Agamben und das lateinische Imperium
 
London
Bilderberg-Treffen: Politiker bilden sich fort
 
(Prompt kuscht Merkel)
Kanzlerin zur Krise: Merkel will Macht an Europa abgeben
 
Europas Politiker
Die Invasion der südeuropäischen Hütchenspieler
In dieser Woche kam es besonders hart: Im Süden und Südosten Europas treiben es die Hütchenspieler in Regierungsämtern immer dreister – und der Norden schaut zu und zahlt die Rechnung.
 
So trickste sich Italien in die Eurozone
 
So dreist saugten irische Pleitebanker ihre Retter aus
 
Telefonmitschnitte enthüllt
Irischer Banken-Boss verhöhnt Deutsche
Der Ex-Chef der bankrotten Anglo Irish Bank ist an Kraftmeierei kaum zu übertreffen. In einem nun veröffentlichten Telefon-Mitschnitt beschimpfte er seine Kunden auch als "Fucking Germans".
 
Anglo Irish Bank Execs Comedy Routine Revealed!
 
Frankreich verbietet Goldversand     
Seit Juni ist es in Frankreich per neuem Dekret verboten, Edelmetalle per Post zu verschicken. Das Verbot gilt generell - auch bei versicherten Paketen und Einschreibesendungen.
 
Niederlande: Die Immobilien-Blase beginnt zu platzen
 
Niederländer sind Europameister – im Schuldenmachen
 
(älter, aber weiterhin aktuell)
Absahnende EU-Parlamentarier – Video
 
Detroit kämpft gegen Pleite: Zahlungen an Gläubiger gestoppt
Das hoch verschuldete Detroit kämpft ums Überleben: Die Autostadt stellt die Zahlungen an bestimmte Gläubiger ein. Dies geschehe, um ausreichend Geld für die Grundversorgung der Bürger übrig zu haben, begründete Zwangsverwalter Kevyn Orr am Freitag den radikalen Schritt.
 
Detroit vor Pleite: Gläubiger sollen "Opfer" bringen
Detroit sei praktisch zahlungsunfähig, so der Sonderfinanzverwalter der einst blühenden US-Autometropole. Gläubiger sollen auf Forderungen verzichten.
 
Edward Snowden
29-Jähriger bekennt sich zu US-Datenspionage-Enthüllung
 
Spionageskandal: Britischer Geheimdienst speichert weltweiten Internet-Verkehr
 
Aus dem Maschinenraum
Das allwissende Schattenimperium
Bei Fragen wenden Sie sich bitte an den für Sie zuständigen Geheimdienst: Die Abhöraffäre enthüllt die Dreistigkeit der Nachrichtendienste und die Unfähigkeit der Politik, diese zu kontrollieren.
 
Duma-Chef gegen Aufarbeitung der Sowjet-Vergangenheit
 
Merkel und Putin streiten über Beutekunst und Wirtschaft
 
Umbenennung von "Sol"
Madrid benennt Metrostation gegen Sponsorengelder um
 
Unbekannter will Empire State Building kaufen
 
Papst bestätigt Existenz einer Homo-Lobby im Vatikan
 
England
Atheisten klagen gegen Gratis-Parken für Kirchgänger
 
Wegen Feder an ihrem Schülerhut
US-Indianerin bei Schulabschlussfeier bestraft
 
(Der kanadische Fußballverband hat den Regionalverband aus Quebec ausgeschlossen, weil dieser eine Verordnung gegen das Tragen von Turbanen beim Fußball verabschiedet hat…)
Canadian Soccer Assocation steps in on Quebec turban ban
 
Syriens Machthaber Assad im F.A.Z.-Gespräch
„Europa wird den Preis für Waffenlieferungen zahlen“
 
(Zu Syrien)
Der Flächenbrand hat begonnen
Von Peter Scholl-Latour
 
(Kritische Debatte)
Erdogan, der böse Wolf?
 
Hammer, Sichel, Krummschwert
Behörden und FAZ sind begeistert: 40.000 überwiegend türkische Demonstranten, Aleviten gemäßigt islamischer Religion, demonstrierten in Köln friedlich gegen Erdogan. Was wir sahen, kommt im Qualitätsbericht nicht vor: Meere von DKP und SED Fahnen, Fahnen kommunistischer türkischer Gruppen…
 
Ägypten
Haftstrafe für Mitarbeiter der Adenauer-Stiftung
 
Mursi vereidigt Terroristen
Neuer Gouverneur von Luxor ist Mitglied einer Terrororganisation
 
Massaker an 16 Schülern
Muslimische Terrorgruppe Boko Haram ermordet 16 Schüler in Nigeria
 
Verweigerte Heirat: Säureattentat auf Schauspielerin in Pakistan
 
Ghanas Konsul fordert Rückkehr afrikanischer Flüchtlinge
 
INNENPOLITISCHES / GESELLSCHAFT / VERGANGENHEITSPOLITIK
 
Frankfurt am Main: EZB-Neubau bei Fertigstellung 2014 vielleicht schon zu klein
 
Bundestag beschließt Enteignung der deutschen Steuerzahler
 
Bundestag stimmt in heiterer Sitzung für Abgabe der Souveränität
Der Bundestag hat die komplette Bankenaufsicht über die großen europäischen Banken an die EZB übertragen.
 
(Dazu ein Kommentar)
Lustig in den Untergang
 
(Zur Erinnerung)
Un-Souveraen - Deutschland - Schaeuble – 2011
 
(Maßnahme zum Machterhalt)
Bundestag beschließt Dreiprozenthürde für Europawahlen
 
SPD-Wahlkampf
Mangelnde Loyalität – Steinbrück attackiert Gabriel
 
Gesamtschule lehnt die Verleihung des Aachener Friedenspreis ab
 
Möllemanns letzter Brief aufgetaucht
 
Hochwasserschutz
"Die Bürgerinitiativen hätten uns fast gesteinigt"
Der Hochwasserschutz ist auch gescheitert, weil einige Bürger sich wehren und die Genehmigungsverfahren zu lange dauern. Sachsens Ministerpräsident Tillich will nun kürzere Planungszeiten durchsetzen.
 
Zwei Drittel der deutschen Flussauen sind vernichtet
Die Flussauen in Deutschland sind auf dem Rückzug und fehlen damit als wertvolle Überschwemmungsflächen bei Hochwasser.
 
Stasi saß mit mindestens neun IM im Bundestag
 
Erinnerungspolitik
"Was die Vertriebenen durchmachten, war grausam"
Nach jahrelangem Streit startet Bundeskanzlerin Angela Merkel die Bauarbeiten des Dokumentationszentrums der Stiftung Flucht, Vertreibung, Versöhnung. Jetzt werde eine Leerstelle geschlossen.
 
(Zentrum gegen Vertreibung)
Relativierungen
 
Schlesier fordern Entschuldigung für Vertreibung
 
Dokumentation: Die Rede von Rudi Pawelka im Wortlaut
 
Schlesische Landsmannschaft verliert Büroräume
 
Dem Rudel widerstehen
 
(Im Gegensatz zu Deutschland bereitet sich Großbritannien auf die 100-Jahr-Feiern zum Ausbruch des ersten Weltkrieges vor)
Don't mention the war
 
LINKE / KAMPF GEGEN RECHTS / ANTIFASCHISMUS
 
„Rechtsextremismusforschung“ einst und jetzt
 
Blockupy blockiert sich selbst
Exklusiv: Der Rechtsstaat wehrt sich gegen linke Krawallmacher
 
Video: Das wahre Gesicht von Blockupy
 
„Blockupy“ spaltet das Römerbündnis
Im Entscheidungsfall positionieren sich die Grünen links
 
Polizeiverbände kritisieren Politiker scharf
Reaktion auf Blockupy-Einsatz: „Wir stehen zu Euch!“
 
Marlene Hensler
taz-Autorin nennt blu-News “Neonazi-Plattform”
 
Linksradikale Propaganda
Frank-Furter Schnauze: Liebe taz, liebe FR…
 
(Zur taz)
Wenn getroffene Hunde bellen
 
Hessen: Türkische Islamisten, Linksradikale und CDU gemeinsam gegen alternatives Jugendprojekt
 
Stadt Karben gegen Andreas Lichert – Teil 1
 
Stadt Karben gegen Andreas Lichert – Teil 2
 
Der Volksfeind von Karben
 
(Zu Karben)
Ungefährlich? – Eine Gegenrede
 
Proteste gegen Sarrazin und Alternative für Deutschland
 
Schlägerei mit Todesfolge – Die radikale Linke in Frankreich formiert sich neu
 
(Zu FAZ-Redakteur Nils Minkmar)
Thilo Sarrazin. FAZke Nils Minkmar und seine Vorurteile
 
Innenminister muß „Pro Köln“ aus Verfassungsschutzbericht streichen
 
(Auch das noch…)
Endlich: Golf gegen rechts!
 
Oliver Höfinghoff
Abgeordneter der Piraten im Zwielicht
 
Lothar König
Antifa-Pfarrer erhält Thüringer Demokratiepreis
 
Thierse unterstützt Antifa-Pfarrer Lothar König
 
Museumsreife Linke
Münchner Freiheit: Vom Verfassungsschutz beobachtet, vom Münchner Stadtmuseum ausgestellt.
 
Linkspartei setzt „Junge Welt“ vor die Tür
 
Gefälschte NPD-Plakate für Garnisonkirche
 
Antifaschist_Innen sprechen Denglisch
 
Linksextremisten drohen mit Anschlägen auf Deiche
 
Hier das Bekennerschreiben
 
Eisenhüttenstadt
Linksextreme stürmen Abschiebehaftanstalt
 
Linksextremisten attackieren Berliner Linienbus
 
Bö(h)se Rockfans
Über Auto getrampelt und Naziparolen gesungen
 
NPD: Fahne zu viel – 2000 Euro Strafe
 
Künstler Jonathan Meese
Strafbefehl wegen öffentlichen Hitlergrußes
 
Anti-Republikaner-Demo in Frankfurt
Polizei zeigt sich von ihrer Schokoladenseite
 
Tolle Fotostrecke mit den platten Parolen der „Antifaschisten“ (Demo gegen „Republikaner“-Demo in Frankfurt)
 
EINWANDERUNG / MULTIKULTURELLE GESELLSCHAFT
 
Krisenvorbereitung: Traditionelle Gewaltlogik und das Europa der Zukunft
 
Armutseinwanderung Brüssel verlangt Beweise
Die EU-Kommission zeigt sich in der Diskussion um Armutseinwanderung weiterhin zurückhaltend. In einem Brief, der der F.A.Z. vorliegt, verlangen die zuständigen Kommissare von den betroffenen Ländern „Fakten und Zahlen“.
 
(Zum Freitod Dominique Venners)
Selbstopfer, abgewählt
 
Gedenkveranstaltung für Dominique Venner in Paris
 
Video: Paul Weston "Es ist nicht rassistisch seine Kultur und sein Volk zu verteidigen"
 
Aleviten in Bayern fordern Scharia-Verzicht
 
(Ahmadiyya-Muslim-Jamaat)
Hessen erkennt Moslemverband als Körperschaft an
 
Baden-Württemberg: Türkisch soll dritte Fremdsprache werden
 
Umfrage LMU-München: 77 % islamkritisch
 
Islamisten wollten Ortsverband der Jusos übernehmen
 
Massiver türkischer Chauvinismus in deutschem Schulalltag
 
(man achte auf die Begründung)
Fallstricke des Alltags
Darf ich bei Hitze mit nacktem Oberkörper im Garten arbeiten?
 
Schock nach Angriff auf Rabbiner
 
8000 Demonstranten für Erdogan
 
Das bedrohliche Signal aus Offenbach
Der Angriff auf den jüdischen Rabbiner hat Ursachen
 
(Dazu ein Kommentar mit Ruf nach mehr Sozialbetreuung und weniger Ausgrenzung der Täter)
Kommentar: Toleranz verloren?
 
Rabbi-Angriff ohne Folgen
 
Islamisten greifen ARD-Kamerateam an
 
Offenbach
Fernsehteam bei Dreh vor Moschee angegriffen
 
Offenbach
Zahl der Schüler ohne Deutschkenntnisse gestiegen
Vom Zuzug überrannt worden
 
Pistorius warnt Friedrich vor “Islamfeindlichkeit”
 
Rassismus im Alltag
Woher kommen Orangen und woher U-Bahn-Schläger?
Dass Tätergruppen bestimmter Herkunft aufgrund ihrer Machokultur für brutale Morde verantwortlich sind, will bei Grünen und in Kreisen der evangelischen Kirche nicht ankommen.
 
Eine Zugfahrt und ein brummender Schädel
Ein Augenzeugenbericht
 
Undeutscher Unkrautvernichter und libanesische Falafel-Griller
Alltagsszenen der Frankfurter „Vielfalt“-Gesellschaft
 
Stuttgart
Puzzlestücke aus Polen
Gestohlene Eva-Figur: Verdächtiger gefasst - Neuguss braucht Spenden
Überraschende Entdeckung: Teile der gestohlenen "Eva" sind in Polen aufgetaucht. Metalldiebe haben die Figur auf der Uhlandshöhe vor zehn Monaten abgesägt. Der Neuguss kostet 30 000 Euro.
 
Limburg: Südländer verletzen Polizisten erheblich
 
Limburg (Hessen): Polizist krankenhausreif geprügelt – Zeugenaufruf
 
Nach Prügelattacke gegen Polizist: Frau gefasst
 
(Geburtsort Riga. Vermutlich Russen…)
Prozess gegen Schläger „Bruder, noch einen, hau drauf!“
In Bad Vilbel wird ein Mann brutal verprügelt. Dass er überlebt, ist großes Glück. Nun stehen die beiden Täter wegen versuchten Mordes vor Gericht.
 
(Täter aus dem Mahgreb)
Auf offener Straße Smartphone abgerippt – Offenbach
 
Offenbach
Jugendlicher geohrfeigt und ausgeraubt
„Hässlicher Ali“ schlägt am Ringcenter zu
 
KULTUR / UMWELT / ZEITGEIST / SONSTIGES
 
Fehlgeleiteter Städtebau führt zum Siedlungsbrei
Das Leben auf dem Land ist mühsam, die Menschen drängt es in die Stadt. Doch warum wird da nicht so gebaut, wie es sich die Bürger wünschen? Unsere Planer müssen aufhören, Menschen erziehen zu wollen.
 
ARD Monitor, Chemnitzer Altbauten: Wie eine Stadt mit Fördermitteln zugrunde gerichtet wird
 
Die Architektur der "Generationen Baumarkt"
 
Frankfurts Altstadt wird wieder neu erfunden
 
Restaurierung des Berliner Doms
"Am liebsten hätten sie alle Kreuze verschwinden lassen"
 
„Das Versöhnungskonzept wurde nicht fallen gelassen“
Was für den Wiederaufbau der Potsdamer Garnisonkirche spricht
Von Burkhart Franck
 
Berlins Zentrum
Die Pläne für das Berliner Schloss
 
Grundsteinlegung am Humboldtforum
 
Sehnsucht nach der alten Stadt
Mit dem Wiederaufbau das Berliner Stadtschlosses findet auch eine Flucht in die Vergangenheit statt.
 
Potsdams Schlossspurt
Berlin und Potsdam, zwei Städte, zwei verlorene Stadtschlösser. Wie Brandenburgs Hauptstadt den Wettlauf um den Wiederaufbau gewann
 
Stadtschloß trotzt altem Mief
 
Petition
Kein Abbruch des historischen Festsaals in Fürth (Bayern)
(noch werden Unterzeichner gesucht)
 
(Nächster Kirchenabriss in Frankreich)
Bilder die wehtun – Kirchenabbruch in Gesté
 
Dazu Videos:
 
1939 New York in HD Color
 
Schleswig-Holstein: Heimatkunde-Unterricht bleibt
 
Vertreibung der Heimat
 
(Gender-Wahnsinn)
Nur noch weibliche Bezeichnungen
In Leipzig heißt es jetzt "Herr Professorin"
 
Sprachreform an der Uni Leipzig: Guten Tag, Herr Professorin
 
Warum gibt es keine Faschistinnen?
 
(Noch mehr Steuergeld für Gender Mainstreaming)
Auf Teufel komm raus
 
(Homo-Lobby)
Einseitige Propaganda
 
(Zu Abtreibung und Tierliebe)
Wir lieben Tiere
 
Die Rettung der Liebe?
Ein Schluck vom Zaubertrank, und die Gefühle springen Salto: So läuft’s nur im Märchen. Bis jetzt. Der Wissenschaftler Brian Earp sagt, das könne bald Wirklichkeit werden. Steht unseren Emotionen eine chemische Revolution bevor?
 
Fanatische Atheisten
 
Solschenizyn und die Sezession von der Lüge (Fundstücke 17)
 
Fidel Castro über die NWO - Comandante 2003 -Teil 1-
 
85. Geburtstag Hans-Dietrich Sander
 
„Es hat keinen Sinn, Entwicklungen zu ignorieren“ – Frank Lisson im Gespräch
 
Demokratie: Der Gesellschaftsvertrag
von Ferdinand A. Hoischen
Herrschaftslegitimierung für Schwachsinnige
 
Demokratie: Nichtwählen
von Ferdinand A. Hoischen
Warum eine räuberische Institution unterstützen?
 
Demokratie: Für den bürgerlichen Minimalstaat
von Peter Boehringer
Moderate Stimmen kommen unter die Räder der Extremisten
 
(Angepasster geht´s ja nimmer. Techo-DJ Marusha erklärt uns Deutschland...)
Merkel strahlt mehr als Gorleben…
 
(Online-Handel zerstört den Einzelhandel)
Finale schöpferische Zerstörung?
 
Menschheit droht Rückfall in vorindustrielle Zeiten
Vor vier Jahrzehnten schreckte der Club of Rome mit dem Report "Die Grenzen des Wachstums" die industrialisierte Welt auf. Jetzt zeichnen die Forscher ein noch düstereres Bild von der Zukunft.
 
Physischer Besitz verliert seinen Reiz:
Digitaler Minimalismus verändert die Gesellschaft
 
Philosophie
"Die glücklichsten Momente sind alle Orgasmen"
Von Groupies und Nymphen, der ersten Liebe und den letzten Dingen: Kurz vor seinem Tod hat der Philosoph Friedrich Kittler ein Gespräch über das Wesentliche geführt. Ein Vorabdruck zum 70. Geburtstag.
 
Ist der Puls zu niedrig, wird das Kind ein Mörder
Die Neigung zur Kriminalität liegt in unseren Genen, zeigen aktuelle Forschungsergebnisse – zumindest teilweise. Denn die genetische Disposition allein macht aus einem Menschen noch keinen Mörder.
 
Persönlichkeitsstörung
Woran erkennt man Psychopathen?
 
Ausgebrannt?
 
Terschüren nicht mehr beim NDR
 
Wie man einen Reaktor verschwinden lässt
Beim Wettbewerb "GreenTec Awards" erhielt ein neuartiger Kernreaktor im Internet die meisten Stimmen. Daraufhin änderte die Jury rückwirkend die Nominierungsregeln. Simsalabim!
 
Stellungnahme des Instituts für Festkörper-Kernphysik gGmbH zur „Denominierung” des Dual Fluid Reaktors bei den Greentec-Awards 2013
 
Film (antik): Die letzte Kompanie - Eine Handvoll Helden
 

L’histoire d’amour entre l’Europe et la NSA

article_nsa.jpg

L’histoire d’amour entre l’Europe et la NSA

Ex: http://www.dedefensa.org/

Wayne Madsen, qui fut analyste pour la NSA pendant douze ans (1985-1997) avant de passer au journalisme “dissident”, donne une longue interview au site PrivacySurgeon.org, le 29 juin 2013, où il dénonce l’hypocrisie de l’Europe dénonçant avec quelques colossaux effets de manche l’espionnage électronique de la NSA chez elle, alors qu’elle collabore plantureusement avec la NSA depuis des décennies. (A noter que ces observations diverses de Madsen, plus que des “révélations”, sont reprises par le Guardian du 29 juin 2013, type de connexion originale entre la presse-Système, – ou disons malgré tout-Système, – et un journaliste notablement et résolument “dissident”.)

Voici d’importants extraits de cette intervention. Encore une fois, il ne s’agit pas de “révélations” mais d’une collation de faits rendus publics mais en général assez peu bénéficiaires de la publicité qu’on donne d’habitude aux démonstrations foudroyantes d’un BHL ou d’un Fabius sur la nécessité de soutenir les rebelles syriens, et du choeur des vierges folles, politiques et salonardes françaises en faveur de liens étroits avec notre “grand ami”, la Grande République. Effectivement, il s’agit bien d’une “grande amie”, à laquelle on ne peut pad refuser grand’chose, en même temps qu’on en attend quelques miettes relevées de sel et de poivre concernant les grands dangers qui menacent notre civilisation décidément très entreprenante. Cet ensemble rassemblé de diverse informations déjà publiques permet d’ailleurs de comprendre combien cette structure de renseignement et de surveillance à la fois commune et antagoniste a facilité la formation de ce que nous nommons le bloc BAO et la mise en œuvre de la politique-Système que développe le bloc... (Les interventions à la première personne non attribuées à Wayne Madsen sont le fait de Simon Davies, animateur du site PrivacySurgeon.org.)

«[Wadsen is] particularly concerned about the “sanctimonious outcry” of political leaders who were “feigning shock” about recently disclosed spying operations such as PRISM while staying silent about their own role in global interception arrangements with the United States. “I can’t understand how Angela Merkel can keep a straight face – demanding assurances from Obama and the UK – while Germany has entered into those exact relationships.” “She’s acting like inspector Reynaud in Casablanca: ‘I’m shocked – shocked – to find gambling going on here...’” “I can’t understand how Angela Merkel can keep a straight face – demanding assurances from Obama and the UK – while Germany has entered into those exact relationships.”

»Unlike the UK – which has expressed a mixed response to its government’s involvement with US security – allegations of collusion with the NSA are likely to spark widespread anxiety and disbelief in Germany. However the writing was on the wall in the final report of a 2000 inquiry by the European Parliament that investigated global signals intelligence, recommendation 21 of which states: “Germany and the United Kingdom are called upon to make the authorisation of further communications interception operations by US intelligence services on their territory conditional on their compliance with the ECHR…”

»German political parties at the time of the EP inquiry had fiercely lobbied against claims that their country had colluded with the NSA, forcing a minority EP finding that bluntly stated: “The report by the Temporary Committee confirms the existence of the Echelon interception system which is administered by various countries, including the United Kingdom, a Member State of the European Union, with the cooperation of Germany.” The Finish communications minister has likewise denounced the NSA’s intelligence gathering, despite evidence that Finland routinely supplies signals intelligence data to the NSA through its own listening station outside Helsinki. Indeed across Europe political leaders have sought to reassure their citizens that the NSA’s activities are intolerable, while staying mute about their own involvement in those operations. [...]

»In view of the current practice of targeting the messenger instead of the message, I’ll get one matter out of the way before we go any further. Some of Madsen’s views have been – to put it mildly – controversial. His articles and books sometimes talk of clandestine arrangements at the highest levels of government. But those claims are old news – and are irrelevant to the question being addressed in this article. Madsen’s disclosures in the realm of SIGINT have however have been persistently correct – often expressed years before they were confirmed through official publication. Madsen warned of ECHELON long before that system was confirmed, just as he warned of widespread unchecked NSA activity years before the emergence of PRISM. He has also been at the forefront of disclosures about specific NSA pograms such as the media intelligence operation FIRSTFRUIT, which covertly monitors journalists. [...]

»Madsen named seven EU countries that have been substantially engaged in communications intelligence gathering alongside the US. These are Britain, Denmark, the Netherlands, France, Germany, Spain, and Italy. Those seven countries have formal second and third party status under the NSA’s signals intelligence agreements, and are contractually bound to the US.

»Under international intelligence agreements – most of which remain secret – nations are categorised according to their trust level. In the western world the US is defined as First Party while the UK, Canada, Australia and New Zealand are Second Party (trusted relationships). All others are third party (less trusted) or fourth party (secret) relationships. Madsen named seven EU countries that have been substantially engaged in communications intelligence gathering alongside the US. These are Britain, Denmark, the Netherlands, France, Germany, Spain, and Italy. Madsen warned that the public were being intentionally confused by the utterances of politicians. “Spain and Germany had the same deal as GCHQ and NSA at [the spy station] Bude, Cornwall with their Project TEMPORA, tapping the TAT14 cable between Denmark and Germany, Netherlands, France, UK and US.”

»He outlined the “significant extent” of signals intelligence operations in Europe, cautioning that the public needed to be made aware of the scale of these activities. “The Danes have an NSA listening post at Aflandshage, outside Copenhagen and the Finns provide 4th Party feed to NSA from the Santahamina facility outside Helsinki. The Swedish FRA also sends 4th Party SIGINT [signals intelligence] to NSA and has done so since the Cold War.”

»“Bundesnachrictendienst (BND) and Spanish CESID jointly operated an undersea cable tapping station at Conil called Operation Delikatesse. The station tapped the cables linking Spain to the Canaries, other Mediterranean nations, Africa, and BND turned over operation of the station to CESID in1992 but like all these arrangements, German intelligence personnel likely remained for support.” “NSA did the same with its Turkish SIGINT stations, turning over operation of Sinop on the Black Sea, for example, to Turkey’s MIT intelligence organization. The tapping facility, on ”Camino de los Militares” in Conil is near the Telefonica satellite ground station.”

»Some of this activity was mentioned during the 2000 EP inquiry, but the specific contractual relationships with the NSA were not made clear. The European Parliament’s inquiry was triggered by revelations that the NSA was conducting a global SIGINT operation known as ECHELON. Despite finding that the spying activity across Europe was vast and persistent, no further action was taken by the parliament. Governments have chosen to keep the public in the dark about it. They don’t understand that the days when they could get away with a conspiracy of silence are over. [...]

»Madsen also expressed anger over the NSA’s hypocrisy over Edward Snowden. “Snowden is being roundly condemned by many who say he had no authority or right to provide the public with details of NSA snooping. But what right or authority did NSA director, General Keith Alexander, have to provide information on NSA surveillance at five meetings of the global Bilderberg Conference – two in Virginia and one meeting each in Greece, Spain and Switzerland?” “Alexander claims he is protecting the American people from a constantly changing number of terrorist attacks. In fact, he is providing information to elites on the methods NSA uses to spy on labor, student, religious and progressive organizations.” “When Alexander leaks to the elites, he’s thanked. When Snowden does it, he’s called a traitor and a coward.”

 

dedefensa.org

Afluisterschandaal: 'VS opereert als Stasi en is morele geloofwaardigheid kwijtgeraakt'

Afluisterschandaal: 'VS opereert als Stasi en is morele geloofwaardigheid kwijtgeraakt'

Frankrijk stelt Amerika ultimatum: Stop onmiddellijk met spioneren

Ook bondskanselier Merkel afgeluisterd

Europese leiders eenvoudig af te persen


EU-politici spelen nu de vermoorde onschuld, maar zijn zelf ook al jaren hard op weg om een totale-controlemaatschappij op te richten.

Het NSA-afluisterschandaal neemt steeds grotere vormen aan nu blijkt dat de Amerikanen ook standaard hoge Europese officials en regeringsleiders afluisteren. De Franse president Francois Hollande heeft de VS een ultimatum gesteld om onmiddellijk te stoppen met spioneren. Het is onduidelijk wat hij zal doen als Washington weigert (1). De paniek van hooggeplaatste politici zoals Hollande, de Duitse bondskanselier Merkel en EU-parlement president Martin Schulz geldt niet zozeer het afluisteren van burgers, want het is genoegzaam bekend dat ons lot hun een zorg zal zijn. Nee, ze zijn bang dat de Amerikanen persoonlijke info over henzelf bezitten en hen daarmee zal chanteren.

Martin Schulz noemde de onthulling dat de Amerikanen standaard Europese leiders afluisteren 'een enorme smeerboel'. De Duitse minister van Justitie Sabine Leutheusser-Schnarrenberger voelt zich herinnerd aan de koude oorlog. CSU-politicus Markus Ferber vergelijkt de NSA met de voormalige Oost-Duitse geheime dienst Stasi en vindt dat Amerika zijn morele geloofwaardigheid is kwijtgeraakt nu zelfs de emails, telefoongesprekken en het internetverkeer van bondskanselier Angela Merkel blijken te zijn afgetapt.

Totale controle

De achterliggende reden is dat de machtselite totale controle over invloedrijke officials, politici en regeringsleiders wil hebben. Op het moment dat iemand zich tegen hen verzet wordt zo'n persoon onmiddellijk met pijnlijke persoonlijke informatie gechanteerd of simpelweg kapot gemaakt.

Voorbeelden zijn bijvoorbeeld de officier van Justitie in New York Eliot Spitzer en voormalig IMF-chef Dominque Strauss Kahn. Spitzer probeerde de criminele banksters op Wall Street te vervolgen vanwege hun biljoenenfraude. Toen werden er opeens opnames gepubliceerd waarop Spitzer een afspraak had met een escortdame in een hotel. Wég was zijn carrière, en daarmee ook zijn onderzoek naar Wall Street.

Strauss-Kahn was een seksverslaafde en eveneens een gokker, en daarmee een makkelijk doelwit. Toen hij kritiek begon te hebben over de manier waarop het financiële systeem functioneerde en gered werd, liet men hem verleiden door een kamermeisje. Amper een uur laten haalde de politie van New York hem uit het vliegtuig en was ook hij zijn baan en geloofwaardigheid kwijt.

Het systeem vertrouwt zichzelf niet meer

De Wall Street elite zet tegelijkertijd klokkenluiders zoals Edward Snowden in. Hiermee krijgen hoge officials en politici de dreigende boodschap dat alles wat ze achter de schermen zeggen en doen bekend is en tegen hen zal worden gebruikt als ze niet aan de leiband meelopen. Kortom: de elite luistert ook elkaar af, een duidelijk teken dat het oude systeem zichzelf niet meer vertrouwt en vecht om te overleven.

Iedereen af te persen

Dankzij email en het internet is iedere politicus en official af te persen. Iedereen heeft wel iets te verbergen, of dat nu een buitenechtelijke affaire is, verboden of bizarre seksuele voorkeuren, een gokverslaving, belastingontduiking, geheime bankrekeningen, zwarte betalingen, privégebruik van dienstauto's... Normale burgers die zich aan dit soort zaken bezondigen zijn niet interessant. Hooggeplaatste personen des te meer.

Nemen we bijvoorbeeld EU-Commissiepresident José Manuel Barroso, salonmarxist en iemand die nauwe banden onderhoudt met dubieuze Griekse zakenmensen zoals miljardair Spiro Latsis, op wiens jacht 'Alexandros' hij meerdere malen vakantie heeft gevierd. Wat is Barroso's rol bij het met honderden miljarden euro's 'redden' van de Grieken, waarmee feitelijk alleen de Griekse superrijken overeind werden gehouden?

Gepland lekken van informatie

De 'onthulling' van het NSA-afluisterschandaal zou daarom wel eens heel goed gepland kunnen zijn. Hiermee zeggen de Amerikanen tegen de Europese leiders: wij weten alles van jullie, en als wij dat nodig achten, dan 'lekken' wij gevoelige informatie naar de media, of dit nu een geheime vriendin, een seksverslaving of een bankrekening met weggesluisd geld betreft. En de Westerse media werkt hier graag aan mee, want die worden vrijwel totaal gecontroleerd.

Door de schuldencrisis zijn zowel de politici als de media zeer kwetsbaar geworden en zijn daardoor eenvoudig manipuleerbare speelballen in handen van de financiële machtselite. Het afluisteren van alles en iedereen door de geheime diensten is feitelijk niets nieuws, want in de alternatieve media kunt u al jaren lezen dat dit het geval is.

Politici in paniek omdat ze nu zelf het doelwit zijn

Wél nieuw is de paniek waarmee de politiek nu op het afsluiterschandaal reageert. Zolang het gewone burgers betrof knipperden 'onze' leiders zelfs niet met hun ogen, maar nu ze zelf het doelwit zijn en hun eigen reputaties en carrières op het spel staan, slaat hun onverschilligheid om in verontwaardiging, woede en angst. Angst, want wie zal door elite worden uitgekozen om de volgende zondebok te zijn voor het wankelende Westerse systeem?

Kleinste misstap wordt geregistreerd en gebruikt

Ook in Den Haag zullen politici en parlementariërs voortaan wel twee keer moeten nadenken voordat ze een email of sms'jes sturen met persoonlijke of gevoelige informatie. Men weet nu 100% zeker dat zelfs de kleinste misstap wordt geregistreerd en zal worden gebruikt om hen in het gareel te houden, desnoods door dit als een pistool tegen hun slapen te zetten. Waar zij eveneens de absolute garantie voor hebben is dat de trekker onverbiddelijk zal worden overgehaald zodra dit 'nodig' wordt geacht. (2)


Xander

(1) Zero Hedge
(2) Deutsche Wirtschafts Nachrichten

samedi, 29 juin 2013

Les guerres d'Afrique

enfants_soldat_ouganda.1194288393.jpg

Les guerres d'Afrique

Des origines à nos jours

Entretien avec Bernard Lugan

Africaniste renommé, récemment auteur entre autres ouvrages d'une Histoire de l'Afrique, d'une Histoire de l'Afrique du Sud et d'une Histoire du Maroc, expert auprès du TPI-Rwanda et éditeur de la lettre d'information L'Afrique Réelle, Bernard Lugan signe aujourd'hui une nouvelle somme.

Son livre est très logiquement divisé selon un plan chronologique en quatre grandes parties : "Guerres et sociétés guerrières en Afrique avant la colonisation", "Les guerres de conquête coloniale", "Les guerres de la période coloniale" et "Les guerres contemporaines, 1960-2013", tous conflits dont il fait le récit chronologique et factuel. On voit bien l'ampleur du sujet et Bernard Lugan nous fait plusieurs fois traverser le continent de part en part au fil des époques. La grande région sahélienne, celle des Grands Lacs et l'Afrique australe reviennent bien sûr à plusieurs reprises et certaines situations résonnent en écho jusqu'à aujourd'hui. Tous les chapitres, agrémentés d'encarts qui précisent des situations locales ou des données chiffrés, sont intéressants et l'on ne retiendra à titre d'exemple que quelques titres de la dernière partie (sait-on que pour la période 2000-2010 70% des décisions de l'ONU sont relatives aux conflits africains ?) : "La guerre civile algérienne (1992-2002)", "Les guerres de Somalie : clans contre clans (depuis 1977)", "Nigeria : de la guerre du Biafra au conflit ethno-religieux Nord-Sud", "La deuxième guerre du Kivu (depuis 2007)" : autant de coups de projecteur extrêmement utiles et souvent pertinents sur des zones crisogènes dont l'Europe ne peut pas se désintéresser (même si elle le voulait, de toute façon).

L'ensemble de ces chapitres, rédigés d'une plume alerte et toujours référencés, est complété par un cahier central d'une soixantaine de cartes en couleurs, parfaitement lisibles et pédagogiques, et le livre se termine sur un index complet et une bibliographie significative. Ceux qui connaissent déjà tel ou tel engagement pourront regretter que certaines campagnes ne soient pas traitées davantages en détail, mais aborder autant d'opérations et de combats en 400 pages témoigne d'un bel esprit de synthèse. Au total, un ouvrage appelé à devenir très rapidement de référence et que liront avec le plus grand intérêt les étudiants et tous ceux qui soit s'intéressent à l'histoire du continent, soit se préoccupent de l'avenir. 

Editions du Rocher, Monaco, 2013, 403 pages, 32 euros.
ISBN : 978-2-268-97531-0.


Bernard Lugan a bien voulu répondre à quelques questions pour nos lecteurs :

Question : Votre livre dresse un impressionnant tableau des conflits en Afrique de la plus haute Antiquité aux guerres actuelles. Par grande période, une introduction présente un résumé des évolutions, mais vous ne tentez pas d'en tirer des enseignements généraux en conclusion. Pourquoi ?

Réponse : Parce que nous ne devons par parler de l’Afrique, mais des Afriques, donc des guerres africaines. Mon livre est construit sur cette multiplicité, sur ces différences irréductibles les unes aux autres et sur leur mise en perspective. Dans ces conditions, il est vain de faire une typologie, sauf pour les guerres de la période contemporaine, ce que j’ai fait, et encore moins une classique conclusion de synthèse.

Question : La grande région saharienne-Sahel est présente dans chaque partie, des "Origines de la guerre africaine" aux "Guerres contemporaines". Pouvez-vous nous en dire davantage sur ce qui semble bien être une zone de conflits quasi-permanents ?

Réponse : Cette zone qui court de l’Atlantique à la mer Rouge en couvrant plus de dix pays, est un véritable rift racial et ethnique en plus d’être une barrière géographique. Ce fut toujours une terre convoitée car elle fut à la fois le point de départ et le point d’arrivée -hier du commerce, aujourd’hui des trafics transsahariens, une zone de mise en relation entre l’Afrique « blanche » et l’Afrique des savanes, un monde d’expansion des grands royaumes puis de l’islam.

Aujourd’hui, cette conflictualité ancienne et résurgente tout à la fois est exacerbée par des frontières cloisonnant artificiellement l’espace et qui forcent à vivre ensemble des populations nordistes et sudistes qui ont de lourds contentieux. Le tout est aggravé par le suffrage universel fondé sur le principe du « un homme, une voix », qui débouche sur une ethno mathématique donnant automatiquement le pouvoir aux plus nombreux, en l’occurrence les sudistes. Voilà la cause de la guerre du Mali, mais ce problème se retrouve dans tout le Sahel, notamment au Niger et au Tchad. Au Mali, le fondamentalisme islamiste s’est greffé sur une revendication politique nordiste de manière récente et tout à fait opportuniste. Or, comme le problème nord-sud n’a pas été réglé, les causes des guerres sahéliennes subsistent.

Question : On a dit beaucoup de choses sur le retentissement de l'échec italien lors de la première tentative de conquête de l'Ethiopie à la fin du XIXe siècle. Si les conséquences en politique intérieure à Rome sont compréhensibles, ces événements ont-ils un écho réel dans les autres capitales européennes et sur le sol africain lui-même ?

Réponse : L’originalité de la défaite d’Adoua est qu’elle a, sur le moment, mis un terme au projet colonial italien. Ce fut une défaite stratégique. Français, Anglais et Allemands connurent eux aussi des défaites, les premiers, notamment au Sahara, mais cela n’interrompit pas la prise contrôle de ces immensités ; les Britanniques furent battus à Isandhlawana, ce qui n’empêcha pas la conquête du royaume zulu ; quant aux Allemands, ils subirent plusieurs déconvenues contre les Hehe et les Maji Maji, mais l’Est africain fut néanmoins conquis. Le désastre italien fut d’une autre nature, d’une autre échelle, alors que, à l’exception d’Isandlhawana, Anglais, Français et Allemands ne perdirent en réalité que des combats à l’échelle d’une section, au pire, d’une compagnie. Quant aux Espagnols, même après leurs sanglantes déroutes lors de la guerre du Rif, leur présence dans le Maroc septentrional ne fut pas remise en cause et, dès qu’ils décidèrent d’utiliser leurs troupes d’élite comme le Tercio et non plus des recrues tant métropolitaines qu’indigènes, ils reprirent le contrôle de la situation. Il faut cependant remarquer qu’avant son éviction par Pétain, Lyautey avait, comme je le montre dans mon livre, rétabli la situation sur le front de l’Ouergha et de Taza, ce qui enlevait toute profondeur d’action aux Riffains.

Autre conséquence, auréolée par sa victoire de 1896, puis par sa résistance sous Mussolini, l’Ethiopie eut un statut particulier d’Etat leader du mouvement indépendantiste et ce fut d’ailleurs pourquoi, dès sa création en 1963, le siège de l’Organisation de l’unité africaine fut établi à Addis-Abeba.

Question : Vous décrivez "Un demi-siècle de guerres au Zaïre/RDC", et l'on a finalement le sentiment qu'une amélioration de la situation reste très hypothétique. Comment l'expliquez-vous ?

Réponse : Ici le problème est sans solution car il n’est pas économique mais ethnique et politique. Nous sommes en effet en présence d’un Etat artificiel découpé au centre du continent à la fin du XIX° afin de retirer le bassin du Congo à la convoitise des colonisateurs et cela afin d’éviter une guerre européenne pour sa possession. Cet Etat artificiel, désert humain en son centre forestier, englobe sur ses périphéries de vieux Etats comme le royaume Luba, l’empire Lunda ou encore le royaume de Kongo. Ces derniers ont une forte identité et leurs peuples ne se reconnaissent pas dans l’artificielle création coloniale qu’est la RDC. Quant à l’impérialisme rwandais qui s’exerce au Kivu, il entretient un foyer permanent de guerre dans tout l’est du pays. La raison en est claire : étouffant sous sa surpopulation, le « petit » Rwanda doit trouver un exutoire humain s’il veut éviter le collapsus. De plus, comme 40% du budget du pays provient de l’aide internationale et le reste, à plus de 90% du pillage des ressources du Congo, pour le Rwanda, la fin de la guerre signifierait donc la mort économique du pays. Appuyé par les Etats-Unis qui en ont fait le pivot de leur politique régionale, le Rwanda exploite avec habileté ce que certains ont appelé la « rente génocidaire » pour dépecer sans états d’âme la partie orientale du pays.

Question : Vous intitulez la partie dans laquelle vous traitez de la décolonisation : « Des guerres gagnées, des empires perdus », pouvez-vous nous expliquer pourquoi ?

Réponse : Parce que la parenthèse coloniale fut refermée sans affrontements majeurs, sans ces combats de grande intensité qui ravagèrent l’Indochine. En Afrique, les guérillas nationalistes ne furent jamais en mesure de l’emporter sur le terrain, pas plus en Algérie où les maquis de l’intérieur n’existaient quasiment plus en 1961, qu’au Kenya où les Britanniques avaient éradiqué les Mau Mau, ou encore que dans le domaine portugais -à l’exception de la Guinée Bissau-, où, et mes cartes le montrent bien, l’armée de Lisbonne était maîtresse du terrain. En Rhodésie, la pugnace et efficace petite armée de Salisbury avait réussi à tenir tête à une masse d’ennemis coalisés, massivement aidés par l’URSS et la Chine avant d’être trahie par l’Afrique du Sud qui pensa naïvement acheter son salut en abandonnant les Blancs de Rhodésie. Partout, la décolonisation fut un choix politique métropolitain ; elle ne fut nulle part imposée sur le terrain. Les combats de grande intensité apparurent après les indépendances, dans le cadre de la guerre froide, et je les décrits dans mon livre : Angola, South African Border War, Corne de l’Afrique, Congo etc.

Merci très vivement pour toutes ces précisions et plein succès pour votre ouvrage. A très bientôt.

 

 
 

Africa in the Context of BRICS and Geopolitical Turbulence

afr.png

Africa in the Context of BRICS and Geopolitical Turbulence

by Leonid SAVIN

Ex: http://www.geopolitica.ru/

After the terrorist attacks on the WTC in New York, the US began to implement a new foreign policy vision and strategy for global order. Its elements synchronized with the doctrine of ‘Full Spectrum Dominance’ that was detailed in the 1996 Defense Department policy directive “Joint Vision 2010”[1]. In accordance with this concept, US armed forces should be "persuasive in peace, decisive in war, pre-eminent in any form of conflict"[2]. The militarization of the Africa continent is to be conducted hand-in-hand with the exploitation of African resources by Western corporate interests. The terrorist attack on the World Trade Centre on September 11th 2001 opened US eyes to the strategic advantage of  creating a relatively ‘safer’ West and West-Central African, in particular Nigeria, whose sources of high quality crude oil are rapidly transportable across the Atlantic Ocean to refineries in populous cities on the North American eastern industrial seaboard[3]. For example, 92.3 % of African imports to U.S in 2008 consisted of oil[4]. The ‘War on Terror’ has also provided US-NATO command with justification for securitising the ‘dangerous’ West African Muslim states.

In 2006 the US began military exercises on land and sea in different African countries. Since 2008, AFRICOM, the US military Command Center responsible  for Africa, has been officially operational. In 2010 the Pentagon began active military cooperation with several governments in the region (Senegal, Cape Verde, Ghana, Cameroon, the Democratic Republic of São Tomé e Príncipe, Mali, and Niger) and has established a military presence in the southern and northern states of Nigeria where the oil fields are located.

The argument that AFRICOM is primarily designed to provide humanitarian support has largely disappeared. Yet the United States still struggles to persuade the African people of the benefits of AFRICOM. To most observers, Africa has never been the intended beneficiary of AFRICOM. Based on the historical record, including direct comments from National Security Advisor James Jones, co-founder of AFRICOM, the goal of the new command is to protect U.S. access to oil and to protect U.S. corporate interests in Africa. Many African countries certainly have serious security concerns. But the behaviour of the states and the national militaries in question, combined with international economic interests, are often the catalysts for that insecurity. The question is whether the United States supports the forces of democracy and rule of law in Africa or whether, by treating dissent with military force rather than traditional law enforcement techniques, the United States has undermined democratic movements and encouraged extremism and the growth of anti-Americanism[5]. Another strategic goal of AFRICOM is to counter and roll-back Chinese economic expansion in the region[6].      

The other reason that African policy is a US priority for the next decade is geopolitical and strategic order. In the midst of the current economic-financial crisis, Washington should, as a major global player, direct its efforts in maintaining its positions in global zones, penalty to pay, in the best outcome, a rapid reorganization in regional power, or in the worst, a disastrous collapse, difficult to overcome in the short term. Instead, in line with the traditional geopolitical expansion that has always marked its relations with other parts of the planet, Washington chose Africa with its ample space to manoeuvre, from which to relaunch its military weight on the global plane in order to contest the Asian powers for world supremacy[7]

Another tool of US penetration into Africa is economic-financial structures and programs (seen in the case of sanctions against Sudan and the interference of the International Monetary Fund and the World Bank in the relationship between the Democratic Republic of Congo and China) with such initiatives like the Overseas Private Investment Corporation (OPIC) and the African Growth and Opportunity Act (AGOA).  Communication strategy should also be seen as a vector for US interest promotion in Africa, such as Obama’s speeches, already considered “historic”, in Cairo and Accra[8].

Attempts to establish control over Africa runs under the guise of new generation partnership and dialogue as well[9]. Africa underdevelopment is also a strategic concern for US geopolitical designs. U.S. military strategist Thomas Barnett has spoke about the ‘non-integrated gap’ of Africa and Middle Asia that must be integrated into the functional global core[10].

The Council of Foreign Relations (CFR), as an influential instrument of U.S. foreign policy also provides the US government with recommendations for dealing with African states. In Contingency Planning Memorandum No.11 "Crisis in the Congo" issued in May 2011 CFR advocated Washington to take several bilateral and multilateral steps to reduce the risk of violent instability, including: to improve Regional Engagement, use its influence through the office of the World Bank's American executive director, ensure a UN Presence, increase support for basic military training , etc.[11].

The US’s military presence in Africa also facilitates control over the Pacific and Atlantic Oceans, particularly in light of the emergence of new phenomena and threats such as piracy, the spreading of information technologies that can to be used for destabilization, water crises, and demographic crises.

The potential threat of conflicts rooted in ethnicity, religion, and tribal politics is a serious challenge for Africa. For example, in Nigeria with a population of 150 million, there are about 250 different ethnic groups, the population is divided between Christians and Muslims, and there are several active rebel groups. Out-of-the-box Western principles of parliamentary democracy based on class divisions do not function in societies divided in terms of identity on these lines[12]. A more complex and tailored approach taking into account regional history, culture, and identity divisions is needed. African critics claim that Europe and the US do not understand the nature and needs of social mobilization in Africa, where economic concerns coexist with ethnic and other divides.

But the economic crisis also demonstrates the contradictions and instability of the neoliberal global economic system, because of which, on the one hand African countries are threatened by transnational capital and re-colonialism, and on the other hand alternatives open to the issues of multilateral cooperation and self governance[13].

An important strategic initiative is the bloc of BRICS countries that have the possibility to turn African policy into a new paradigm. Geopolitically, Russia, India, Brasil and China are Land Powers (Not excluding of course, the necessity to have strategic sea lines of communication for transportation of goods, energy and natural resources).

China, India and Brazil are building relationships that take place within the framework of interaction between post-colonial countries[14], and therefore, these States inspire a higher degree of confidence and trust in Africa, than does the EU and the US with their colonial legacies The most successful foreign policy has been demonstrated by China, through the mechanisms of soft power for economic, industrial and cultural penetration.

 One possible alternative trend also is the possibility of the strengthening of the East African Community – a regional economic group with a population of more than 126 million people, whose members include Burundi, Kenya, Rwanda, Tanzania and Uganda. South Sudan with its huge oil reserves also has the potential to join this group[15]

Italian geopolitician Tiberio Graziani notes that,

Africa, in order to safeguard its own resources and stay out of disputes between the US, China, and probably Russia and India – disputes that could be resolved on its own territory – needs to get organised, at least regionally, along three principal lines that pivots with the Mediterranean basin, the Indian Ocean, and the Atlantic Ocean.

The activation of economic and strategic cooperation policies, at least regarding security, between the countries of North Africa and of Europe, on the one hand and similarly with India (to that aim note the Delhi Declaration, drawn up in the course of Summit 2008 India-Africa), on the other, besides making the African regions more interconnected, sets up the basis for a potential future unification of the continent along regional poles and entered in the broadest Euro-Afro-Asian context. Likewise, the Atlantic line, that is the pursuit of strategic south-south cooperation  between Africa and Indo-Latin America, would foster, in this case, the cohesion of western African nations and would contribute to the unification of the continent.  In particular, the development of the Atlantic line would reinforce the weight of Africa relative to Asia, and to China in the first place[16].

But this plan is based on the old geopolitical scenario of the political game. We have proposed to look at this situation from another point of view. Besides the established concept for global order of unipolarity and multilateralism, there exists the alternative concept of multipolarity (or pluripolarity).

In the unipolar world model, the BRICS countries are thought of separately, as intermediates zones between the core and the periphery of the world or between the centre of globalization and the non-integrated gap. With this approach, the elite of these countries must integrate into the global elite and the masses be consumed in a global melting pot with other lower social strata, including through migration flows and in so doing, lose their cultural and civilizational identity.

But in terms of the multipolar world view, the BRICS can be conceived fundamentally differently. If these countries can develop a common strategy, form a consolidated approach to major global challenges, and develop a joint political bloc, there will come into being a powerful international institution capable of birthing the multipolar world, with enormous technical, diplomatic, demographic and military resources[17].

This project should change the structure of the BRICS to that of a powerful global organization that will be able to dictate their demands to other participants (three countries of BRICS have armed with own nuclear weapons).

  So, with the economic and intellectual potential of the BRICS countries and the experience of intercultural and interethnic relations of complementarity, the only true geopolitical strategy for the African continent and in relation to it will be multipolarity.




[1] Joint Vision 2010. Pentagon. Washington, DC. 1996. [Электронный ресурс] URL: http://www.dtic.mil/jv2010/jv2010.pdf (дата обращения 01.09.2010).

[2] Ibid. P. 2.

[3] Ifeka C. AFRICOM, the kleptocratic state and under-class militancy. 2010-07-22, Issue 491. [Электронный ресурс] URL: http://pambazuka.org/en/category/features/66140 (дата обращения 12.03.2011).

[4] U.S. - African Trade Profile. Dept. of Commerce of  the U.S. [Электронный ресурс] http://www.agoa.gov/resources/US_African_Trade_Profile_2009.pdf (дата обращения 15.12.2010).

[5] Africa Action and FPIF Staff. Africa Policy Outlook 2010. January 22, 2010. [Электронный ресурс] URL: http://www.fpif.org/articles/africa_policy_outlook_2010 (дата обращения 04.03.2011).

[6] Энгдаль У. АФРИКОМ, Китай и война за ресурсы Конго. 06.12.2008. [Электронный ресурс] URL:  http://www.warandpeace.ru/ru/exclusive/view/30290/ (дата обращения 15.12.2010).

[7] Graziani T. L’Africa nel sistema multipolare. 27 novembre, 2009. [Электронный ресурс] URL:  http://www.eurasia-rivista.org/lafrica-nel-sistema-multipolare/2311/ (дата обращения 15.05.2011).

[8] Ibidem.

[9] Molefe M. Oxford opens a New Chapter on Pan-Africanism. 2011.03.16. [Электронный ресурс] URL:  http://pambazuka.org/en/category/Announce/71762 (дата обращения 15.12.2010).

[10] Barnett T. The Pentagon's New Map. Putnam Publishing Group, 2004.

[11] Marks, Joshua. Crisis in Congo. Contingency Planning Memorandum No. 11. N.Y.: C.F.R. May 2011. [Электронный ресурс] URL: http://www.cfr.org/democratic-rep-of-congo/crisis-congo/p25031?cid=nlc-rfpbulletin-memorandum_crisis_congo-051911 (дата обращения 15.05.2011).

[12] Amin S. Eurocentrism. Modernity, Religion and Democracy: A Critique of Eurocentrism and Culturalism. Fahamu books, 2010.

[13] Dani Wadada Nabudere. The Crash of International Finance-Capital and its Implications for the Third World. Fahamu books, 2009.

[14] Emma Mawdsley, Gerard McCann (ed.). India in Africa: Changing Geographies of Power. Pambazuka Press, 2011.

[15] Marco Picardi and Hamish Stewart. Building Africa: Where's The United States? May 27, 2010. [Электронный ресурс] URL: http://www.fpif.org/articles/building_africa_wheres_the_united_states (дата обращения 15.12.2010).

[16] Graziani T. L’Africa nel sistema multipolare. 27 novembre, 2009. [Электронный ресурс] URL: http://www.eurasia-rivista.org/lafrica-nel-sistema-multipolare/2311/ (дата обращения 15.05.2011).

[17] Дугин А.Г. Геополитика. – М: Академический проект, 2011. С. 511.

 

Регион: 

vendredi, 28 juin 2013

Le désordre vertueux

turkish-riot.jpg

Le désordre vertueux

Ex: http://www.dedefensa.org/

24 juin 2013 – Parmi les pays que nous classons hors-bloc BAO, celui qui nous paraît à la fois le plus engagé, le plus actif, et, sans doute paradoxalement pour certains jugement, le plus solide, est la Russie. La Russie a un niveau économique acceptable, une puissance de sécurité considérable (jusqu’à l’arsenal nucléaire), une population qui a une immense expérience des temps difficiles après des périodes socio-politiques terrifiantes, qui est caractérisée par un patriotisme résilient que structure un mysticisme puissant avec une dimension religieuse, par un très fort sentiment d’appartenir à l’histoire, voire à la grande Histoire, enfin par une référence permanente aux principes, notamment par rapport à la politique générale du pays. (Nous nous sommes assez souvent exprimés sur la Russie, tant à propos de sa capacité de résistance à l’“agression douce“, qui s’attaque aux principes, qu'à propos de sa politique syrienne, essentiellement principielle.) La Russie représente pour nous le pays qui est le plus fortement, le plus dynamiquement antiSystème, et son socle intérieur puissant (patriotisme et dimension mystique) lui assure à notre sens une stabilité intérieure remarquable, contrairement à ce qui est en général pronostiqué à la bourse des perspectives-Système du bloc BAO. De ce point de vue, l’histoire autant que les conditions générales du pays font que son cadre structurel, fortement principiel, est extrêmement résistant, surtout dans une époque si dangereuse qui a pour effet l'avantage paradoxal pour la Russie de mobiliser les énergies.

Nous suivons donc avec attention l’évolution de la Russie, tant dans sa capacité de résistance à l’“agression douce“, qui s’attaque aux principes, que dans sa politique syrienne, essentiellement principielle et plutôt de nature offensive. Malgré cela et comme nous l'avons déjà suggéré, et avec beaucoup de regrets conjoncturels, nous ne lui donnons pas une chance, essentiellement sur un point précis qui est nécessairement le but implicite de sa politique, – quoique ses dirigeants assurent et conçoivent. Ce pays par essence antiSystème n’a pas la capacité, par la seule action politique, même si cette action est dominante et victorieuse, même si elle est suivie par d’autres, de donner des résultats approchant du décisif contre le Système (contre la politique-Système). Cela n’a rien à voir spécifiquement avec la seule Russie et tout avec le Système, contre qui rien n’est fait tant que le décisif n’est pas accompli, et contre qui aucune force terrestre constituée ne peut accomplir ce décisif-là à cause de la puissance hermétiquement inviolable dudit Système par cette voie... (Dans les citations suivantes, il va de soi qu’en citant par exemple les USA, nous parlons du Système et de rien de moins.)

• Le 22 avril 2013... «Observons qu’il s’agit là d’une approche rationnelle et ultra-réaliste, bien dans la manière de Poutine pour la forme diversifiée de sa politique. La Russie développe une politique appuyée d’une part sur des principes intangibles [...] d’autre part sur une tactique flexible... [...] L’entêtement russe est proverbial et sans doute admirable mais n'est qu'humain et armé de la seule logique ; il est loin, très loin d’être dit qu’il sera suffisant face au phénomène du nihilisme par déstructuration et dissolution de l’action des USA, et à la constante puissance de la politique-Système qui anime le tout...»

• Le 5 juin 2013 : «Il est effectivement acquis, comme un premier fait objectif à leur avantage, que les Russes sont les maîtres du jeu, qu’ils sont désormais considérés comme les principaux acteurs dans la région ; mais le désordre général dans la région est un autre fait objectif très puissant sinon désormais structurel, qui échappe à leur maîtrise comme il échapperait en fait à quelque maîtrise humaine que ce soit.»

Dans l’actualité courante, on sait également que les événements de Turquie ont pris une place importante. Ils ne cessent pas (voir Russia Today le 22 juin 2013), montrant une résilience significative malgré des mesures constantes de dispersion de la part du gouvernement Erdogan. Nous avons déjà traité cette question à deux reprises (le 3 juin 2013 et le 10 juin 2013). Notre analyse est bien qu’Erdogan, avec sa “politique syrienne”, s’est délégitimé, après avoir assuré un gouvernement brillant jusqu’en 2011, fondé sur le respect des principes tels que la souveraineté, lui assurant une forte position antiSystème. Sa politique syrienne a renversé tout cela. Étant passé de facto dans le camp du Système à cause de cette politique syrienne, il a installé les conditions pour que le malaise général qui affecte tous les pays et toutes les situations se transforment en situation de désordre. (N.B. : peut-être est-il en train de changer ?)

• Le 3 juin 2013 : «Notre conviction est que cet aspect puissant de l’évolution turque et de l’évolution d’Erdogan joue un rôle fondamental dans la crise actuelle, où aspects intérieur et extérieur se mélangent pour organiser la perception d’un dirigeant politique légitime perverti dans la délégitimation, et instituer un jugement de condamnation que nourrit la psychologie ainsi orientée. C’est bien la dissolution puis l’entropisation de la légitimité d’Erdogan qui assurait son autorité, qui ont conduit par contraste à l’affirmation d’un autoritarisme illégitime, qui alimente la revendication et la colère populaires. [...] L’on voit donc que la crise turque, puisque crise il y a finalement, rejoint la cohorte des autres crises rassemblées et exacerbées par l’“insaisissable guerre syrienne”, comme une des expressions de la crise haute et, plus généralement, de la crise d’effondrement du Système...»

• Le 10 juin 2013 : «Adressées le 4 juin, le lendemain d’une chute de 10,5% de la bourse d’Ankara, à une assemblée de l’Association des Investisseurs Internationaux en Turquie, ces paroles du président Gül se voulaient ironiques et rassurantes à la fois… “Two years ago in London, cars were burned and shops were looted because of similar reasons. During revolts in Spain due to the economic crisis, people filled the squares. The Occupy Wall Street movement continued for months in the United States. What happens in Turkey is similar to these countries…”

»Tout cela est au fond très juste et particulièrement révélateur mais nous nous demandons avec un certain scepticisme et même un scepticisme certain s’il faut y voir de quoi rassurer les investisseurs d’un système en déroute erratique et chaotique. Qu’il l’ait réalisé ou pas, Gül signifiait à ses auditeurs que la Turquie est entrée en part très active dans la grande crise d’effondrement du Système, et l’on peut penser qu’il y a des nouvelles plus rassurantes que celle-là pour les investisseurs qui ont nécessairement partie liée avec le Système. Voilà donc la grande nouvelle, – “la Turquie entrée en part très active dans la grande crise d’effondrement du Système”. C’est bien entendu le principal enseignement de la crise turque, le seul qui vaille d’être reconnu et retenu à partir de notre posture d’inconnaissance, Erdogan ou pas, manœuvres américanistes et finaudes ou pas...»

Aujourd’hui, nous passons au Brésil, qui connaît depuis presque deux semaines des agitations sans précédent, drainant des foules énormes qui se décomptent par millions. La protestation s’appuie sur un argument en apparence mineur, qui est passé au second plan (l’augmentation des tarifs des transports en commun, mesure sur laquelle la présidente Rousseff est revenue), et sur un argument complètement inattendu : les dépenses considérables faites par le Brésil pour préparer la Coupe du Monde de football de 2014, alors que la population connaît une détresse considérable. Dans ce pays qui constitue évidemment le temple de l’adoration du football, cette réaction est tout aussi évidemment une surprise considérable. Même le roi-Pelé , la gloire nationale par excellence (mais recyclée-Système  : «[T]he superstar turned MasterCard ambassador»), est en train de perdre son auréole... (Voir le Guardian du 21 juin 2013.)

«More than a million people took to the streets on Thursday night in at least 80 cities in a rising wave of protest that has coincided with the Confederations Cup. This Fifa event was supposed to be a dry run for players and organisers before next year's finals, but it is police and protesters who are getting the most practice... [...]

»But the mega-event has been the lightning conductor. Many protesters are furious that the government is spending 31bn reals (£9bn) to set the stage for a one-time global tournament, while it has failed to address everyday problems closer to home. “I'm here to fight corruption and the expense of the World Cup,” said Nelber Bonifcacio, an unemployed teacher who was among the vast crowds in Rio on Thursday. “I like football, but Brazil has spent all that money on the event when we don't have good public education, healthcare or infrastructure.”

»It was all very different in 2007 when Brazil was awarded the tournament. Back then, crowds in Rio erupted with joy and Ricardo Teixeira, president of the Brazilian Football Confederation, was hailed as he said: “We are a civilised nation, a nation that is going through an excellent phase, and we have got everything prepared to receive adequately the honour to organise an excellent World Cup.” In the outside world, few doubted the wisdom of the decision. Football belonged in Brazil. In the home of carnival and samba, it would be a party like no other.

»But euphoria has steadily faded as preparations for 2014 have drawn attention to the persistent ills of corruption, cronyism, inequality and public insecurity. Those who appeared to have the Midas touch in 2007 now seem cursed. Teixeira was forced to resign last year amid accusations of bribery. Former president Luiz Inácio Lula da Silva has been tainted by revelations of massive vote-buying by the ruling Workers party. Fifa too is mired in a series of corruption scandals that have led to the resignations of several senior executives.

»The renovation and construction of most of the 12 World Cup stadiums has been late and over budget. Several have been pilloried as white elephants because they are being built in cities with minor teams. The new £325m Mane Garrincha stadium in Brasília – which hosted the opening game of the Confederations Cup – has a capacity of 70,000, but the capital's teams rarely attract more than a few hundred fans.»

Les soubresauts de la crise d'effondrement du Système

Si nous avons mis ces trois pays en parallèle, alors que leurs situations sont apparemment différentes ou très différentes, c’est d’abord parce qu’ils appartiennent à une même catégorie. On pourrait dire, pour simplifier, des pays du type-BRICS ; certes, la Turquie n’en fait pas partie, mais elle constitue un modèle de pays qui correspond parfaitement au BRICS, et il fut à un moment question de son adhésion, comme il y a par ailleurs une plus grande proximité entre la Turquie et l’OCS, ou Organisation de Coopération de Shanghai (voir le 2 mai 2013), qui est un organisme d’esprit et de situation assez similaires au BRICS. (Deux membres du BRICS, la Russie et la Chine, font partie de l’OCS, et un troisième, l’Inde, y a le statut officiel d’“observateur” qui lui permet d’assister statutairement à toutes les réunions de l’OCS.)

... En rapprochant ces trois pays, après avoir rapidement survolé leurs situations et souligné les différences de ces situations, nous voulons justement ne tenir aucun compte de ces différences, qui sont celles de leurs situations spécifiques, pour conclure à une sorte d’unité de situation générale. (Au contraire, pour voir des analyses dans ce sens que nous rejetons complètement, on peut parcourir la presse en général en allant par exemple de WSWS.org, le 22 juin 2013, à Marianne.net, le 22 juin 2013. On y retrouvera l’atmosphère de la lutte des classes des années 1950-1970 ou bien l’atmosphère du débat sur l’immigration et l’islamisme à partir des années 1980-1990.)

Nous refusons en effet absolument le traitement spécifique de ces situations, qui est l’aliment évident du réductionnisme par quoi l’on évite d’aller au cœur du seul problème qui compte dans notre temps. Plus encore, nous estimons que ce que nous avons déterminé comme la “sorte d’unité de situation générale” de ces trois pays qui font partie d’un groupe spécifique qu’on juge plus ou moins, selon les circonstances et malgré les accidents (Turquie), de tendance antiSystème, ne doit en aucun cas être séparé de la situation générale des pays du bloc BAO telle que nous l’observons depuis au moins 2008. (Cette situation spécifique des pays du bloc BAO étant faite de protestations sporadiques de la population, sans aucune organisation oppositionnelle, donc sans offre d’alternative ; de directions politiques discréditées et impuissantes ; d’une politique générale favorisant tous les centres-Système de pouvoir, instaurant une politique de surveillance systématique de la population, etc. ; bref d’une instabilité grandissante et d’une crise générale en constante aggravation à mesure que les autorités-Système affirment lutter avec succès contre l’instabilité et la crise.)

Nous devons ajouter bien entendu que ces pays, qu’on juge effectivement plutôt de tendance antiSystème, sont nécessairement soumis au Système, ou dans tous les cas intégrés dans le Système, dans le chef des aspects financier, économique et social (avec une certaine réserve mais tout de même nullement décisive pour la Russie, dont l’exécutif fort, la tradition étatiste affirmée, etc., limitent certains aspects de la pénétration-Système aux niveau financier, économique et social). Cela implique pour ces pays plus ou moins antiSystème les maux habituels engendrés par le schéma capitaliste, et surtout de notre capitalisme-turbo actuel, de l’austérité aux restrictions de l’aide sociale, des spasmes de développement à la destruction de l’environnement, de l’accroissement de l’inégalité à la corruption, etc. Le schéma capitaliste, absolument déstructurant et dissolvant, est évidemment aussi destructeur, sinon plus dans ce type de pays, et il est universel puisqu’émanant directement du Système. Les autres pays peu ou prou dans la même catégorie, qui ne sont pas cités ici parce qu’ils ne sont pas dans l’actualité ou qu’ils ont un rôle moins affirmé que les trois cités, sont dans la même situation, – la Chine notamment, certes. La cause en est évidemment, selon notre point de vue fondamental, que le Système est “la source de toutes choses” selon les seules normes effectivement en cours dans notre “contre-civilisation” aujourd’hui, ce que nous rappelons systématiquement. Rien de construit, d’efficace à l’échelle de l’organisation d’une nation, ou d’un groupe de nations, ne peut se faire hors du Système, et par conséquent hors de ses règles... Quelques rappels à cet égard, pour affiner la définition et mieux définir la situation, avec citations de deux textes éloignés de deux ans, – où l’on voit, signe de l’affirmation et de l’approfondissement de notre point de vue, qu’“un système” est devenu “le Système” majusculé et exclusif.

• Le 10 septembre 2010 : «D’autre part, ce qui nous invite à procéder de la sorte est le constat que nous avançons sans la moindre hésitation que la manifestation fondamentale de cette civilisation arrivée au point où elle se trouve, se fait sous la forme d’un “système” extrêmement élaboré et complexe, dont nous parlons souvent et qui est le principal objet de notre étude. Ce “système” a l’unicité, la puissance, l’universalité qui en font la source de toutes choses dans le chef d’une civilisation dont on peut dire qu’elle est une “contre-civilisation” »)

• Le 29 septembre 2012 : «Le Système est complètement fermé… Il est hermétique, selon cette définition de base que nous offrions le 20 mai 2011 : “Le Système qui régit le monde aujourd’hui est […] dans une situation de surpuissance extraordinaire, une situation de surpuissance que nous qualifierions d’hermétique dans le sens où cette situation est bouclée et inexpugnable… […] Lorsque nous disons que le Système est hermétique, nous soulignons par là que sa surpuissance s’exprime dans les deux voies essentielles de la puissance aujourd’hui. Il y a d’une part la puissance brute du système du technologisme, qui est si grande que rien ne peut être fait de structurant qui ne passe par les outils de cette puissance que contrôle, voire qu’engendre le Système, comme seule source de puissance matérielle et technique dans le monde. Il y a d’autre part la puissance d’influence du système de la communication, qui détermine la perception unique, et donc l’état de la psychologie. Cette formule idéale détermine l’hermétisme du Système, qui fait que rien n’est possible hors du Système.” L’hermétisme du Système est donc d’abord l’hermétisme du au souffle de sa surpuissance qui vous cloue sur place, qui fixe les moyens de son hermétisme autour de lui, comme une centrifugeuse créant une atmosphère qui lui est propre et séparant hermétiquement son monde des autres, et réduisant à néant toutes les tentatives antiSystème élaborées, rationnelles, construites à l’intérieur du Système lui-même, en utilisant nécessairement certaines de ses normes...»

Ainsi, lorsque nous parlons d’actions ou de collectivités, de nations, etc., antiSystème, il est entendu que nous parlons d’entités qui sont à l’intérieur du Système mais qui, pour une raison ou l’autre, par tel moyen ou tel autre, parviennent à exercer une action antiSystème de l’intérieur du Système. Cela rejoint d’ailleurs notre appréciation principale du phénomène antiSystème, qui est d’une logique évidente, qui est que le système antiSystème ne peut s’organiser qu’en fonction du Système puisque tout est dans le Système. D’une façon générale, également, son action, que nous qualifions évidemment de “Résistance”, est impuissante en elle-même, en tant que telle, et elle acquiert au contraire toute son efficacité essentiellement en “jouant avec le Système” ; c’est-à-dire, en retournant contre lui la force du Système, notamment pour éventuellement exacerber son processus de surpuissance et accélérer prodigieusement sa transmutation en processus d’autodestruction.

(Voir par exemple le 2 juillet 2012 : «L’intérêt de la résistance est moins de détruire, ou d’espérer détruire le Système, que de contribuer à l’accélération et au renforcement de son autodestruction. [...] L’opérationnalité de la résistance antiSystème se concentre naturellement dans l’application du principe fameux, et lui-même naturel, de l’art martial japonais aïkido : “retourner la force de l'ennemi contre lui...”, – et même, plus encore pour notre cas, “aider la force de cet ennemi à se retourner naturellement contre lui-même”, parce qu’il est entendu, selon le principe d’autodestruction, qu’il s’agit d’un mouvement “naturel”.»)

Ainsi nous trouvons-nous, dans les trois cas évoqués, et malgré les différences parfois considérables entre ces trois cas, dans une même situation paradoxale et contradictoire. Ce n’est pas une surprise puisque, lorsqu’il s’agit du Système, de ses spasmes et de ses convulsions, nous sommes absolument dans une situation qui ne peut se définir que par le paradoxe et la contradiction. D’un côté, on peut juger dommageable que des pays qui semblent plus ou moins d’orientation antiSystème se trouvent confrontés à des troubles intérieurs (certains le regrettent tant qu’ils insinuent que la main de la CIA se trouve pour une part non négligeable dans les troubles au Brésil, – ce qui peut se concevoir, certes, mais pour partie et sans action fondatrice, selon la “doctrine” dite du “prendre le train en marche”, comme éventuellement, pour ce qui est de la “doctrine”, dans le cas turc pour ceux qui restent favorables à Erdogan). Au pire et dans le meilleur des cas pour notre conception, on peut juger dommageable qu’un pays nettement d’orientation antiSystème (la Russie) ne puisse espérer (selon nous) pousser sa politique pourtant brillante et surtout principielle jusqu’à une issue antiSystème achevée. Mais ce jugement conjoncturel est infondé sur le fond, puisque l’action de la Russie exacerbe effectivement la surpuissance du Système et la transmue presque simultanément en processus d'autodestruction (l’exemple de la Syrie est évident).

D’un autre côté, ces pays étant tout de même dans le Système, parce qu’il ne peut en être autrement, leurs troubles affectent le Système qui est un ensemble absolument universel, hermétique, fondé sur une intégration absolue et totalitaire de toutes les forces existantes. Le Système ayant comme objectif l’équation dd&e (déstructuration, dissolution & entropisation), son but est l’entropisation de tout ce qui figure en son sein, c’est-à-dire tout ce qui figure dans cette “contre-civilisation” complètement globalisée et à laquelle rien d’humain, ni rien de la nature des choses et du monde, ni rien de structurant finalement, ne doit pouvoir échapper dans son chef. Par conséquent, les parties de ce tout qui connaissent des troubles interférant sur la bonne marche de l’objectif dd&e vers l’entropisation, constituent un grave problème, voire un revers pour le Système. Par conséquent, ce qu’on pourrait interpréter comme des événements satisfaisant le Système puisque touchant des pays antiSystème, – notamment les troubles en Turquie et au Brésil, la position de la Russie qui semblerait susciter des forces à l’intérieur de ce pays conduisant à la mise à l’index de ce pays, dans tous les cas par rapport au bloc BAO, – tout cela constitue en réalité des préoccupations majeures pour le Système par définition, par rapport au fonctionnement des processus de globalisation. Même si la politique du Brésil, type-BRICS, est perçue avec une certaine hostilité par le Système, les troubles au Brésil le sont encore plus et conduisent le Système à souhaiter finalement que le gouvernement brésilien rétablisse le calme (éventuellement, ce serait encore mieux, en modifiant sa politique dans un sens pro-Système). Même si la politique de Poutine, notamment syrienne, est perçue avec une hostilité considérable par le Système, la Russie est tout de même nécessairement perçue comme faisant partie du Système évidemment, et tout est fait pour affirmer que la Russie évolue pour se rapprocher du bloc BAO, et tout le monde, du président-poire Hollande au Premier ministre Cameron, répète régulièrement que la Russie va être bientôt “des nôtres”. Leur sottise conjoncturelle à cet égard, – concernant la vérité des événements en cours, – répond de leur complète loyauté au Système reflétant l’emprise-Système sur leurs psychologies absolument épuisées et dévastées.

Pour prendre une référence évidente, par rapport à ce que l’on a nommé le “printemps arabe”, où l’enjeu paraissait clair face à des dirigeants-Système avérés jusqu’à la caricature grotesque, le cas présent est très différent. Les dirigeants de ces pays ne sont pas irrémédiablement des dirigeants-Système, tant s’en faut, et même pas du tout pour certains. Ils sont eux-mêmes coincés entre paradoxe et contradiction. La Brésilienne Rousseff, venue de la gauche extrême, après des années de prison et de torture de la part des militaires brésiliens commandités par la CIA, est au fond en bonne partie du côté des foules en colère. Elle ne manque pas de le dire, d’ailleurs, ce qui ne manque pas de donner un sel surréaliste à la situation. Elle lâche le plus qu’elle peut mais, arrivée à un certain point, se trouve bloquée par les sommes en jeu, les investissements, les programmes colossaux engagés pour la Coupe du Monde. Même les Russes, même un Poutine, rencontrent des limitations, bien qu’ils soient, avec l’appui de la puissance et de l’essence historique et fondée sur la Tradition de la Russie, les plus en avant dans l’audace antiSystème, presque jusqu’au défi et au mépris. Ces limitations sont celles du Système dont ils sont malgré tout partie prenante, en partie certes, dont ils ne peuvent pas ne pas tenir compte.

Ainsi en est-il de leur position dans ces pays à la fois antiSystème et dans le Système. Finalement, cette position n’est pas originale même si elles se distingue par les politiques affichées telles qu’on les a détaillées. De façon plus générale on dira que cette position, à des degrés d’intensité très différents, est finalement universellement partagée, dans tous les pays et dans tous les continents dominés nécessairement par le Système, mais où des explosions et des projets antiSystème, très visibles ou à peine identifiés, apparaissent tout aussi nécessairement, de plus en plus souvent à mesure de la dégradation du Système, de la surpuissance à l’autodestruction. Même les pays les plus totalement entités-Système, dans le bloc BAO nécessairement, sont néanmoins, également, prisonniers du Système, et laissent échapper ici et là des manifestations antiSystème  ; les USA, on le sait bien assez, n’y échappent pas. Nous sommes dans un univers total où une bataille totale est en cours, mélangeant les uns et les autres, transcendant toutes les lignes conventionnelles, balayant toutes les étiquettes, à la mesure de la puissance extraordinaire du Système (surpuissance) et de sa crise d’d’effondrement (autodestruction). Simplement, on observera que l’épisode actuel, que nous analysons ici, avec les positions qu’on a dites, différant notamment du “printemps arabe”, marque une étape de plus, et éventuellement une avancée, dans la bataille autour du Système. Quoi qu’on fasse dans le sens des analyses spécifiques et réductionnistes, l’essentiel et l’unique chose qui compte est qu’il s’agit d’une bataille contre le Système, partout et de toutes les façons.

Il est donc impératif de considérer ces troubles pour ce qu’ils sont en vérité, comme reflet de l’infiniment complexe opérationnalité de la situation, et reflet de la terrible et bouleversante simplicité de la vérité de la situation. Les crises ou incertitudes dans les pays et groupes de pays auxquels on vient de s’intéresser, qui se retrouvent partout ailleurs sous des formes nécessairement différentes, sont accessoires dans leur signification pour tous ces pays et groupes de pays même si elles apportent un poids terrible de troubles, une quantité énorme de malheurs et de souffrances. Le fait est que tout cela marque d’abord, on serait presque tenté d’écrire exclusivement, les soubresauts terribles de la crise d’effondrement du Système.

Obama veel erger dan George Bush

barack-obama_7f.jpg

Global Research denktank: Obama veel erger dan George Bush

Stiglitz: Europa en VS in laatste, door IMF geplande fase om financiële elite totale controle te geven

Hij presenteerde zich als man van het volk, maar blijkt als geen andere president het werktuig van de globalistische machtselite te zijn.

Voor 'links' is hij een enorme teleurstelling, voor 'rechts' is hij de man die langzaam maar zeker hun allerergste nachtmerries werkelijkheid laat worden. Barack Hussein Obama is in de ogen van de antiglobalistische denktank Global Research nog véél erger dan zijn door velen gehate voorganger George W. Bush. Obama is het belangrijkste werktuig van de wereldwijde financiële elite, die volgens de over de hele wereld bekende econoom Joseph Stiglitz de Westerse landen wil onderwerpen aan een feodaal systeem waarin de gewone bevolking tot bezit- en willoze slaven is gemaakt.

Volgens Global Research heeft Obama de ongelijkheid in de VS vergroot. De kleine groep rijken is nog rijker geworden en de inkomensongelijkheid is toegenomen. Terwijl de hoogste officier van justitie de banken heeft uitgesloten van strafvervolging redt Obama de grote banken met jaarlijks $ 780 miljard. Tevens heeft de eerste zwarte president meer klokkenluiders veroordeeld dan alle andere presidenten bij elkaar.

Het internationale persbureau AP concludeerde onlangs dat de overheid onder Obama ongekend veel informatie achterhoudt voor de media. Bovendien heeft de president de Amerikaanse Grondwet meerdere malen overtreden, bijvoorbeeld door zonder instemming van het Congres talrijke nieuwe oorlogen te beginnen (zoals tegen Libië) en toestemming te geven om Amerikanen zonder vorm van proces op hun eigen grondgebied te vermoorden.

Obama dankt verkiezing aan financiële elite

Enkele weken geleden verklaarde Clarence Thomas, de hoogste rechter in de VS, in een toespraak voor juridische studenten dat Obama door de elite en media werd geaccepteerd 'omdat hij dat zou doen wat de elite van een zwarte president verwacht.' Met andere woorden: Obama werd niet gekozen door het Amerikaanse volk, maar aangesteld door de elite.

Obama had zijn verkiezingsoverwinning vorig jaar met name te danken aan de financiële bijdragen van Google, Facebook en een groep van 30 van de machtigste banken, en de politieke steun van de Wereldbank, de Trilaterale Commissie, de Economic Club of New York en het IMF.

Vier door IMF geplande fases bijna voltooid

Joseph Stiglitz, één van 's werelds meest gezaghebbende economen en beslist geen complotfanaat, legde al in 2001 aan de Britse Guardian uit wat het grote plan van het IMF was. Dit plan bestond volgens Stiglitz uit vier fases:

1. Privatisering, zodat de financiële elite de controle zou krijgen over alles wat zich eens in publieke- of staatshanden bevond.

2. Liberalisering van de kapitaalmarkten, waarmee blokkades voor internationale investeringen werden opgeheven. Brazilië en Indonesië laten zien waar dit toe geleid heeft: het geld is niet naar, maar uit deze landen weggevloeid.

3a. Marktconforme prijzen. In de praktijk leidde dit ertoe dat de prijzen van voedsel, water en brandstof explodeerden.

3b. Sociale onrust. In deze, door het IMF geplande tussenfase bevindt de wereld zich nu. Stiglitz: 'Als een land op de bodem ligt, perst het IMF het laatste bloed eruit. Ze verhitten het vuur net zolang totdat alles explodeert.' De multinationals profiteren enorm van sociale onrust, omdat ondernemingen en andere 'assets' (waardevolle bezittingen) in de getroffen landen hierdoor veel goedkoper worden en makkelijk kunnen worden ingelijfd. Hiermee worden forse winsten gemaakt.

4. Vrijhandel. Onder leiding van Obama zijn op dit moment diverse nieuwe vrijhandelszones in de maak, zoals tussen Amerika en Europa en Amerika en het Verre Oosten. Stiglitz vergeleek deze fase met de koloniale oorlogen die Amerika en Europa in de 19e eeuw voerden. Om vrij kapitaalverkeer te bereiken werden Latijns-Amerika, Azië en Afrika met militaire blokkades gedwongen hun grenzen te openen, terwijl de VS en Europa zelf protectionistische maatregelen namen. Het enige verschil met nu is dat de militaire blokkades grotendeels zijn vervangen door financiële blokkades.

Stiglitz werd bij het IMF ontslagen omdat hij met hervormingen probeerde te voorkomen dat de globalistische elite de macht over alle grond zou krijgen. Het door hem onthulde vierstappenplan van het IMF is anno 2013 verbijsterend actueel in de Europese Unie. De kapitaalmarkten werden geliberaliseerd door de invoering van de euro; 'marktconforme' prijzen zijn een hoofdthema van Brussel; sociale onrust is losgebarsten in Griekenland, Spanje en Portugal, en de vrijhandelszone wordt op dit moment door Obama aan de Duitse bondskanselier Merkel opgedrongen.

Grote uitbuiting van de massa

Dat de financiële elite haast maakt met het plan om over alle landen totale controle te krijgen blijkt uit de enorme snelheid waarmee Europese politici en bankiers de afgelopen maanden toewerken naar een bankenunie en de massale onteigening van spaarders en rekeninghouders. Cyprus was een blauwdruk van hoe het er straks in heel de EU aan toe zal gaan.

De kapitaalcontroles op Cyprus zijn een kleine terugslag, maar de privatiseringen in Zuid Europa gaat in sneltreinvaart verder. Het streven naar 'marktconforme' prijzen zal er voor de gewone Europeaan toe leiden dat de prijzen van levensmiddelen, water en energie de komende jaren nog veel duurder zullen worden (en de winsten van de multinationals en banken verder zullen toenemen). Ondanks de euro-ideologie doen veel EU-landen echter nog steeds precies wat ze zelf willen, waardoor de grote uitbuiting van de massa langer duurt dan gepland.

Leugens over vrijhandelszone

De vrijhandelszone tussen de EU en de VS markeert de implementatie van de vierde en laatste fase. Alle berichten over 180.000 extra arbeidsplaatsen die dan in Europa zullen komen zijn pure flauwekul. De IMF heeft het de afgelopen jaren in niet één prognose bij het rechte eind gehad en blijkt zelfs te hebben gelogen door de economische en financiële vooruitzichten doelbewust veel te rooskleurig voor te stellen.

Volgens Stiglitz is er maar één land ter wereld dat zich met succes verzet heeft tegen de wereldwijde uitbuiting door de financiële elite: Botswana. Hoe hebben ze dat gedaan? Stiglitz: 'Ze hebben het IMF simpelweg gezegd uit hun land te verdwijnen.'

Europa en VS in wurgslang financiële elite

Eenzelfde escalatie wil men in Europa en Amerika ten koste van alles voorkomen. De crisislanden worden al lang gegijzeld door de schuldeisers van de banken en zijn daardoor eenvoudig af te persen. Dankzij het EU/eurosysteem worden via hen ook de financieel gezondere landen zoals Nederland afgeperst en mee naar de bodem gezogen. Inmiddels ervaart ook u daar de gevolgen van, nu het kabinet keer op keer opnieuw 'moet' besluiten tot nieuwe miljardenbezuinigingen en lastenverhogingen.

Dat komt omdat alle politici, in Amerika en Europa, zich hebben laten verleiden zich tot over hun oren in de schulden te steken, waardoor wij allemaal in de tang van de grote wurgslang van de financiële machtselite zijn terechtgekomen. En het is absoluut zeker dat die slang op zeker moment zal bijten. (1)


Xander

(1) Deutsche Wirtschafts Nachrichten

00:05 Publié dans Actualité | Lien permanent | Commentaires (0) | Tags : politique internationale, obama, états-unis | |  del.icio.us | | Digg! Digg |  Facebook

jeudi, 27 juin 2013

Énigme turque et ours russe

bosphore-peinture-L-4uNxJe.png

Énigme turque et ours russe

Ex: http:://www.dedefensa.org/

Le site DEBKAFiles annonce que la Turquie a décidé de fermer ses frontières aux rebelles syriens, et plus précisément au passage d’armes US et otaniennes vers la Syrie. On connaît DEBKAFiles, dont les informations sont diffusées à partir de milieux proches des services de sécurité israéliens et sont nécessairement de véracité variable. Pourtant, il est un domaine où DEBKAFiles s’est montré ces derniers temps particulièrement attentif, qui est celui du comportement de la Russie, et du poids grandissant de la Russie sur la crise syrienne et tout ce qui va autour. Il semble d’ailleurs que cette orientation corresponde à une attention grandissante d’Israël vis-à-vis de la Russie, considérant ce pays désormais comme un acteur majeur de la région avec lequel il faudrait éventuellement envisager (dans le chef d’Israël) certains arrangements, à mesure que les USA sont moins actifs et dominateurs qu’auparavant et le sont de moins en moins. Par conséquent, les nouvelles que donne DEBKAFiles concernant la Russie sont particulièrement soignées et, souvent, reflètent certaines vérités de la situation. Or, la nouvelle rapportée ici concernant la Turquie est directement liée à la Russie, et à la crainte d’Erdogan concernant les réactions de la Russie si la Turquie continue à aider les rebelles syriens. Tout cela correspondrait assez justement au rôle grandissant de la Russie.

Le texte dont nous faisons ci-dessous des citations est donc de DEBKAFiles, du 22 juin 2013.

«The US decision to upgrade Syrian rebel weaponry has run into a major setback: DEBKAfile reveals that Turkish Prime Minister Tayyip Erdogan phoned President Barack Obama in Berlin Wednesday, June 19, to report his sudden decision to shut down the Turkish corridor for the transfer of US and NATO arms to the Syrian rebels. [...]

»Erdogan’s decision will leave the Syrian rebels fighting in Aleppo virtually high and dry. The fall of Qusayr cut off their supplies of arms from Lebanon. Deliveries through Jordan reach only as far as southern Syria and are almost impossible to move to the north where the rebels and the Hizballah-backed Syrian army are locked in a decisive battle for Aleppo.

»The Turkish prime minister told Obama he is afraid of Russian retribution if he continues to let US and NATO weapons through to the Syrian rebels. Since the G8 Summit in Northern Ireland last week, Moscow has issued almost daily condemnations of the West for arming “terrorists.”

»Rebel spokesmen in Aleppo claimed Friday that they now had weapons which they believe “will change the course of the battle on the ground.” DEBKAfile’s military sources are strongly skeptical of their ability – even after the new deliveries — to stand up to the onslaught on their positions in the embattled town by the combined strength of the Syrian army, Hizballah troops and armed Iraqi Shiites. The prevailing intelligence assessment is that they will be crushed in Aleppo as they were in Al Qusayr. That battle was lost after 16 days of ferocious combat; Aleppo is expected to fall after 40-60 days of great bloodshed.

»The arms the rebels received from US, NATO and European sources were purchased on international markets – not only because they were relatively cheap but because they were mostly of Russian manufacture. The rebels are thus equipped with Russian weapons for fighting the Russian arms used by the Syria army. This made Moscow angrier than ever.»

Par ailleurs, le même DEBKAFiles annonce des renforts importants venant de Russie pour la Syrie, notamment un contingent de 600 “marines” russes, soldats d’infanterie de marine ou/et forces spéciales (Spetnatz). Ce déploiement est présenté comme une mesure consécutive au sommet du G-8, et à ce qui est présenté par DEBKAFiles comme “un échec” (le sommet) et l’occasion pour les Russes de se forger une conviction concernant les livraisons d’armes du bloc BAO vers les rebelles, non seulement projetées mais d’ores et déjà en cours. Ce point est évidemment à mettre en corrélation avec la nouvelle que le même DFEBKAFiles annonce ci-dessus concernant la décision turque de fermer sa frontière aux rebelles syriens. L’argument de la protection des 20.000 citoyens russes en Syrie est largement présenté comme impératif dans la décision russe d’envoyer ces forces en Syrie, avec l’annonce supplémentaire que des forces aériennes russes seraient déployées en Syrie si une no-fly zone était établie par le bloc BAO. (DEBKAFiles, le 21 juin 2013 .)

«Just one day after the G8 Summit ended in the failure of Western leaders to overcome Russian resistance to a resolution mandating President Bashar Assad’s ouster, Moscow announced Wednesday June 19, the dispatch to Syria of two warships carrying 600 Russian marines. They were coming, said the official statement, “to protect the Russian citizens there.” Russian Deputy Air Force Commander Maj.-Gen. Gradusov added that an air force umbrella would be provided the Russian expeditionary force if needed.

»DEBKAfile's military sources report that the pretext offered by Moscow for sending the force thinly disguised Russian President Vladimir Putin’s intent to flex Russian military muscle in response to the delivery of Western heavy arms to Syrian rebels – which DEBKAfile first revealed Tuesday, June 18.»

Si elle est confirmée, la nouvelle donnée par DEBKAFiles concernant la Turquie est évidemment du plus grand intérêt. Si l’on s’en tient aux seules circonstances décrites et toujours en leur accordant le crédit de la véracité, on dirait, en un terme hérité du temps de la Guerre froide, qu’une telle circonstance se nommerait “finlandisation”, en plus appliquée à un membre de l’OTAN dans le cas turc (ce que n’était pas la Finlande dans les années de Guerre froide). Il s’agit de la paralysie, ou plus simplement de l’absence volontaire d’actes de politique extérieure, et encore plus d’actes militaires contraires aux intérêts de l’URSS, qui caractérisait la politique générale de la Finlande en échange de l’indépendance que respectait cette même URSS.

Dans tous les cas, – véracité ou pas de la nouvelle, – il ne fait aucun doute qu’en cas d’aggravation de la tension en Syrie, avec renforcement russe direct, pour une raison ou l’autre, la Turquie sera soumise de facto à de très fortes pressions russes dans le sens qu’on devine. Cela conduirait effectivement à une situation tout à fait inédite, dans la mesure extrêmement importante pour ce cas où la Turquie est membre de l’OTAN. On rapprochera ce cas d’une autre occurrence évoquée le 4 juin 2013 (Russia Today) par Medvedev, lors de questions qui lui étaient adressées par des journalistes, durant le Euro-Atlantic Forum, en Ukraine, et qui concernent plutôt le flanc Nord des rapports Russie-OTAN. Les réponses de Medvedev sur l’attitude de la Russie concernant de nouveaux membres de l’OTAN pourraient être extrapolées pour d’actuels membres de l’OTAN, notamment la Pologne, particulièrement concernée puisqu’elle déploie des missiles antimissiles US contre lesquels sont déployés des SS-26 Iskander russes dans l’enclave de Kaliningrad. Là aussi, la démarche russe telle qu’elle se dessine, également contre des membres de l’OTAN (la Pologne pouvant bien être la Turquie du Nord à cet égard), prend de plus en plus l’aspect d’une riposte offensive aux pressions exercées contre la Russie depuis vingt ans par l’OTAN, les USA et les divers États-clients (anciens d'Europe de l'Est complètement “rachetés” par les réseaux et l'argent US) et autres ONG téléguidés par les USA (type “révolutions de couleur“ et “agression douce“).

«When a reporter asked Dmitry Medvedev how the balance of forces in Europe will change if Sweden and Finland decide to enter NATO, the Russian Prime Minister answered that his country would have to react to such developments. “This is their own business; they are making decisions in accordance with the national sovereignty doctrine. But we have to consider the fact that for us the NATO bloc is not simply some estranged organisation, but a structure with military potential,” the head of the Russian government said adding that under certain unfavorable scenarios this potential could be used against Russia. “All new members of the North Atlantic alliance that appear in proximity of our state eventually do change the parity of the military force. And we have to react to this,” the top official noted.»

D’autre part, et considérant d’un autre point de vue la nouvelle initiale concernant la Turquie, on admettra qu’un (nouveau) changement d’orientation sinon d’“alliance” de facto de la part d’Erdogan, prenant ses distances du bloc BAO pour s’extraire du guêpier syrien et se replacer dans un axe Moscou-Ankara-Téhéran, pourrait être de bonne politique intérieure pour lui. Cela permettrait de remobiliser puissamment les forces qui l’ont soutenu fermement jusqu’à ce qu’elles perdent un peu de leur allant avec sa politique syrienne anti-Assad, détestée par de nombreux milieux turcs, y compris dans son propre parti, y compris chez les contestataires qui occupent actuellement les rues. Il s’agirait, comme nous l’avons envisagé, d’une voie vers une “relégitimisation” d’Erdogan (voir le 10 juin 2013), qui pourrait contribuer notablement à réduire les dimensions et le dynamisme de la contestation publique.

Britisches Abhörprogramm empört deutsche Politiker

tempora_und_prism_2029105.jpg

Britisches Abhörprogramm empört deutsche Politiker

Ex: http://www.jungefreiheit.de/

Sicherheitsprotokolle: Millionen E-Mails wurden abgefangen

BERLIN. Das britische Abhörprogramm „Tempora“ ist in Deutschland auf scharfe Kritik gestoßen. „Das massenhafte Ausspähen von Deutschen ist durch nichts gerechtfertigt“, sagte der innenpolitische Sprecher Michael Hartmann. Nach Angaben des Guardian hat der britische Geheimdienst seit eineinhalb Jahren Millionen E-Mails und Telefonate überwacht, die über transatlantische Glasfaserkabel verschickt wurden.

Zudem teilten die Briten die gewonnenen Informationen mit dem amerikanischen Geheimdienst NSA, der in den vergangenen Tagen wegen einem ähnlichen Spitzelprogramm in die Kritik geraten war. Die Bundesregierung erklärte, sie nehme den Zeitungsbericht „sehr ernst“ und werde „zum gegebenen Zeitpunkt“ Stellung dazu beziehen. 

„Krise des Rechtsstaates“

Auch der innenpolitische Sprecher der Grünen-Bundestagsfraktion, Konstantin Notz, griff die Maßnahmen scharf an: „Wir befinden uns an der Schwelle zu wohlmeinend autoritären Demokratien westlicher Prägung. Unser Rechtsstaat ist durch diese Entwicklung ernsthaft bedroht.“ Er sprach von einer „Krise des Rechtsstaates“.

Der stellvertretende Unionsfraktionschef im Bundestag, Michael Kretschmer (CDU), warnte, das Internet dürfe kein „rechtsfreier Raum für die Geheimdienste“ werden. „Wir Deutsche reiben uns verwundert die Augen, welche Handlungsmacht andere Demokratien ihren Geheimdiensten ermöglichen.“

600 Millionen überwachte Telefonate am Tag

Insgesamt wurden nach Angaben der britischen Zeitung bisher täglich 600 Millionen „telefonische Ereignisse“ überwacht. Hinzu kommen Millionen E-Mails und Einträge in den sozialen Netzwerken. Die privaten Daten der Internetnutzer sollen 30 Tage gespeichert worden seien. Zugriff auf die Daten hatten offenbar etwa 850.000 amerikanische und britische Geheimdienstmitarbeiter und Staatsangestellte sowie externe „Spezialisten“.

Die Informationen über die Überwachungsmaßnahmen stammen von dem amerikanischen IT-Spezialisten Edward Snowden, der bereits das US-Spitzelprogramm „Prism“ enttarnt hatte. Snowden befindet sich seitdem auf der Flucht vor den US-Behörden. Mittlerweile ist er von Hongkong aus nach Moskau weitergereist und hat Asyl in Ecuador beantragt. (ho)

Eine Frage der Macht

NSa.jpg

Eine Frage der Macht

Von Thorsten Hinz

Ex: http://www.jungefreiheit.de/

Die Enthüllung des amerikanischen Spionageangriffs namens „Prism“ löst zwei spontane Regungen aus: Erstens Schadenfreude darüber, daß die US-Führung, die sich gerade über Hacker-Angriffe aus China empörte, nun selber als der „Big Brother“ entlarvt ist, den man in ihr vermutet hat. Zweitens Empörung, weil die NSA, die nationale Sicherheitsbehörde der USA, in den globalen und vor allem deutschen Internetverkehr hineinschaut wie in ein offenes Buch. Es wäre jedoch kindisch, es bei diesen Reaktionen zu belassen.

Das „Prism“-Programm ist keine Überraschung. Die NSA betreibt schon seit Jahrzehnten das weltweite Abhörsystem Echolon, an dem auch Großbritannien, Kanada, Australien, Neuseeland beteiligt sind: ein angelsächsischer Machtblock. „Prism“ stellt die logische Ergänzung dazu dar. Wir müssen einsehen, daß die nationalen Diskussionen um den Datenschutz virtuell und gegenstandslos sind. Längst sind wir gläserne Bürger und damit kontrollier-, erpreß- und steuerbar. Steuerbar durch die Instanzen, die Zugriff auf unsere Daten haben. Sie können zur sanften Manipulation, aber auch zur handfesten Erpressung genutzt werden.

Die deutschen Beamten eines Protektorates

Zur Begründung für „Prism“ wird der Kampf gegen den Terror angeführt. Der ist wichtig, aber zugleich ein Vorwand. Konkret geht es um den islamistischen Terror. Dessen Drohung ist nicht zuletzt eine Begleiterscheinung der falschen Zuwanderung, die von denselben Machtinstanzen, die uns kontrollieren, als Bereicherung oder „Diversity“ gepriesen wird. Um die entstandenen Risiken zu begrenzen, wird jetzt ein Netz der Spitzelei über Staaten und Gesellschaften geworfen. So werden das Selbst- und das zwischenmenschliche Vertrauen schleichend zerstört und gemeinsames Handeln zur Gegenwehr verhindert. Desto leichter lassen die Atomisierten sich beherrschen.

Nicht zufällig ist es ein amerikanischer Geheimdienst, der die nationalen und europäischen Regeln und Gesetze beiseite wischt. Innenminister Hans-Peter Friedrich (CSU) erklärte zunächst, er habe nichts davon gewußt. Eine glaubhafte Aussage, aber auch ein Armutszeugnis für einen Mann, dem der Schutz des Landes und seiner Bürger unmittelbar anvertraut ist. Wenige Tage später wies er deutsche Kritik an „Prism“ zurück. So dürfe man nicht mit den amerikanischen Freunden umgehen, die im Kampf gegen den Terrorismus unsere wichtigsten Partner seien. So redet kein Minister eines selbstbewußten Staates, sondern der Beamte eines Protektorats.

Die USA sind ein Imperium, und sie handeln danach

Friedrich hatte sich inzwischen wohl darüber informieren lassen, daß deutsche Geheimdienste mit den amerikanischen zusammenarbeiten und deren Erkenntnisse nutzten. Das ändert nichts daran, daß deutsche Behörden im eigenen Land als Hilfstruppen agieren. Das hat Tradition, denn die Überwachung von Post und Telefon in Deutschland war jahrzehntelang durch das Besatzungsrecht gedeckt. Hohe deutsche Sicherheitsbeamte wie der BKA-Präsident Paul Dickopf (1965–1970) waren zugleich CIA-Agenten. Zwar ist die Bundesrepublik seit 1990 formal souverän, aber die alten Gewohnheiten und Verhaltensweisen wirken weiter.

Bloßes Moralisieren läuft ins Leere. Die USA sind ein Imperium, und sie handeln danach. Wer die Macht hat, der legt auch die Grammatik des Völkerrechts fest. Es ist rührend, wenn deutsche Politiker jetzt gemeinsame Regeln für die Überwachung fordern. Denn hier geht es nicht um technische Fragen oder liberale Werte, sondern um Macht.

Deutschland ist ein natürliches Zielobjekt der Wirtschaftsspionage

Bis in das 20. Jahrhundert war England der Welthegemon, weil es die globalen Seewege beherrschte. Heute ist – neben der Herrschaft über den Luft- und den Weltraum – die Gewalt über die globalen Datenautobahnen entscheidend. Die USA sind sich dessen bewußt und schlagen gnadenlos zu, wenn ihre Macht hier angetastet wird. Wikileaks-Gründer Julian Assange befindet sich seit Jahren auf der Flucht, sein Informant, Bradley Manning, wird sein restliches Leben wohl hinter Gittern verbringen. „Prism“-Enthüller Edward Snowden kann sich seines Lebens nicht sicherer sein als sowjetische Dissidenten zu KGB-Zeiten.

Mit den US-Behörden ziehen Tausende amerikanische Technologie-, Finanz- und Kommunikationsfirmen an einem Strang. Die einen arbeiten wider-, andere freiwillig mit den Geheimdiensten zusammen. Die freie und multinationale Wirtschaft hin oder her – für den Rest der Welt stellt es ein Risiko dar, daß amerikanische Firmen die globale Kommunikationsbranche monopolisiert haben. Das Echolon-System dient bekanntermaßen auch der Wirtschaftsspionage. Deutschland, die viertgrößte Wirtschaftsmacht, ist ein natürliches Zielobjekt.

Warum sollte es bei „Prism“ anders sein? Es ist naiv, die außenpolitischen Kombinationen auf Handels- und Wirtschaftspolitik zu beschränken und im übrigen auf eine Interessenidentität befreundeter Staaten zu vertrauen. Und dann ist da noch der nette Obama, den die Zeit einst euphorisch als „guten Führer“ titulierte. In Wahrheit gibt es keinen prinzipiellen Unterschied zu seinem Vorgänger, es kann ihn gar nicht geben. Den Deutschen bietet die „Prism“-Affäre ein Lehrstück in mehreren Akten.

JF 26/13

mercredi, 26 juin 2013

Disturbances Continue, Schism in Society Intensifies

turkey-police-main.jpg

Disturbances Continue, Schism in Society Intensifies

Dmitriy SEDOV

 

Ex: http://www.strategic-culture.org/

The events on Istanbul's Taksim Square are presented in the world media as the consequences of an «ecologically incorrect» decision by the government to clear a landscaped area in a park located on the square. This is far from the truth and raises questions about the real interests of the West in the spreading conflict.

In fact, the landscaped area plays but a minor role in the civil clash. This is really about Recep Erdoğan's intention to demolish the Mustafa Kemal Atatürk Cultural Center, which is located there, and also to remove the monument to the founder of the secular Turkish Republic. In place of the Cultural Center Erdoğan has decided to build a mosque, even though there is already a mosque on the square, Taksim Mescid Camii.

It is this intention which has united the secular part of society in protesting against the prime minister. A wide variety of community groups, including those which were previously irreconcilable, have united in opposition to Erdoğan's policy of actively destroying Atatürk's political legacy.

Of course, the consistent Islamization of the country over the past 10 years was causing an undercurrent of discontent among many societal forces before this. The potential for protest was gradually building.

So when society learned of Erdoğan's attempt to demolish the Atatürk Center, a symbol of the secular order, there was an explosion.

The cult of the Republic's founder is unshakable among the Turkish people. There are few political figures in the world who enjoy such unconditional respect as that which surrounds the figure of the founder of the modern Turkish state.

Only a politician who imagines himself to be Atatürk's equal could publicly encroach on his authority.

It seems that Recep Erdoğan imagines himself to be some kind of «Anti-Atatürk». He is planning a historical accomplishment on the same scale, but the other way around; he wants to turn Turkey from a modern secular state to an Islamist regime.

To this end it is necessary to remove symbols connected with Mustafa Atatürk, and that is why Erdoğan is so stubbornly and ferociously holding on to the idea of demolishing the center and the monument. For him it will be an ideological victory at a crucial moment in history. But the protesters also see the fight for the monument as a fight for the path Turkey will take.

Erdoğan has already done a lot to eradicate Atatürk's legacy.

At one time, Mustafa Kemal, with the support of the army, purged Turkey of any attributes of a «Muslim state» and turned the core of the former feudal Ottoman Empire into a Europeanized secular country. According to Atatürk's precepts, the army was the buttress of the secular authorities and their protector against Islamization.

Erdoğan has devoted all 10 years of his administration to depriving the army of its cementing role in society, replacing the officer corps with imams. In recent years there has been a growing «epidemic» of dismissals, criminal cases and scandals in connection with Turkish officers and generals, who have been accused of attempting coups d’état, corruption and much more.

Erdoğan himself has been speaking of the «inevitable Islamization» of the country since 2007. He has also been supporting Islamists abroad, especially in neighboring countries. Chechen, Ingush and Dagestani rebels to this day often receive supplies from Ankara. In the Chechen Wars there were «Turkish amirs» («amir bilal»). Among the rebels liquidated by federal forces there were as many Turks as there were Saudis.

In his own country Erdoğan has been conducting a policy of neo-Ottomanism, which is a mixture of national socialism and Sunnism.

Erdoğan has achieved recognition both among the lower social classes of Turkey and in Europe. Among European countries, the most active supporters of Turkey's current policy are Spain and Germany, the latter of which has very close ties with Turkey. Overall, Erdoğan is a favorite of the European socialists who are in power. To them he is the personification of their idealistic notion of «rational Islam».

Erdoğan began storming Kemalism on the crest of his influence within the country and abroad. Turkey was developing economically at an enviable rate and was strengthening its positions in the region. The war in Syria was a long-awaited chance for Erdoğan to show himself even more boldly. The irony of the situation is that he heatedly accused al-Asad of «undemocratic» methods of dealing with the opposition.

Now the mass dispersals and arrests of demonstrators in Turkish cities are showing what a «true democrat» he is himself.

The coverage of the events in Turkey in the Western media is worth examining separately. It is difficult to shake the feeling that these media have no interest in the truth about what is happening. They do not know how to present information on Erdoğan's Islamist «irresistible force» meeting the «immovable object» of the Kemalist opposition.

It doesn't fit in with the concept of the civilized Islamization which was supposed to make Recep Erdoğan the authorized representative of Western interests in the region. A month ago Europe was providing all possible support to Turkish Islamization, and the Western media were acting accordingly. And suddenly an openly anti-Islamist movement, behind which stand the army and broad social strata (and possibly some groups of the Turkish elite) has appeared in the country.

Nationwide solidarity, declaration of will through peaceful means and consolidation via Facebook and Twitter are taking place according to all the canons of neoliberalism. But it's directed against the interests of the West. A «color revolution in reverse» is in the making, and the results for the European capitals could be unpredictable. After all, forces which advocate a foreign policy governed by the precepts of the «Father of the Turks» could end up in power; such precepts include «No problems with neighbors,» which first and foremost means Syria. This would be a big surprise for NATO strategists.

For that reason many things are being kept quiet in the Western media, and the few stories that appear try very hard to pass over the anti-Islamist rhetoric of the protesters, but they are not very successful at it. Not a word is mentioned about Atatürk.

In the meantime, the conflict is spreading.

On Sunday 300,000 supporters of Recep Erdoğan, organized by the government, came out on the streets. It was meant to be a demonstration of the forces which support the prime minister. And such forces undoubtedly exist. However, in order to turn the situation around with their help, Erdoğan must de facto be equal in authority to Atatürk. But it seems that he has overestimated himself, because in response the protesters came out again and are fighting with the police. The prime minister summoned 1,000 special forces agents to Istanbul, and rather unexpectedly the powerful Turkish labor unions, which are threatened with extinction if Islamic norms are introduced, joined the conflict.

Reuters reports that one of Turkey's largest labor unions, the «Confederation of Unions of State Employees» (KESK), called for the organization of a general strike on Monday, June 17. The leadership of another Turkish labor union, the «Confederation of Revolutionary Labor Unions» (DISK), held an emergency meeting at which it decided to join this action.

Observers are following sentiments in the army attentively. Something unexpected could take place here as well.

It seems that the price Recep Erdoğan will have to pay for his attempt to banish Kemal Atatürk from Turkish history is becoming higher and higher. Soon rapidly developing events will show whether or not he will be able to pay it…

mardi, 25 juin 2013

P. Scholl-Latour: “L’Occident s’allie avec Al-Qaeda”

“L’Occident s’allie avec Al-Qaeda”

Peter Scholl-Latour, le grand expert allemand sur le Proche et le Moyen Orient s’exprime sur la guerre civile syrienne, sur le rôle de l’Europe et des Etats-Unis, sur le programme nucléaire iranien qui suscite bien des controverses...

Entretien avec Peter Scholl-Latour

PSLatour.jpgQ.: En Syrie, l’armée vient de reprendre un bastion des rebelles, la ville de Qussayr et a enregistré d’autres succès encore. Ces victoires représentent-elles un tournant dans cette guerre civile atroce, cette fois favorable à Bechar El-Assad?

PSL: Jamais la situation n’a vraiment été critique pour le Président El-Assad, contrairement à ce qu’ont toujours affirmé nos médias. Il y a bien sûr des villages qui sont occupés par les rebelles; des frontières intérieures ont certes été formées au cours des événements mais on peut difficilement les tracer sur une carte avec précision. La Syrie ressemble dès lors à une peau de léopard. Aucun chef-lieu de province n’est tombé aux mains des rebelles, bien que bon nombre d’entre eux soient entourés de villages hostiles à El-Assad. Il est tout aussi faux d’affirmer que tous les Sunnites sont des adversaires d’El-Assad, et la chute d’une place forte stratégique aussi importante que Qussayr est bien entendu le fruit d’une coopération avec le Hizbollah libanais.

Q.: Le Liban sera-t-il encore plus impliqué dans la guerre civile syrienne qu’auparavant? 

PSL: Le Liban est profondément impliqué! Quand j’étais à Tripoli dans le Nord du pays, il y a trois ans, des coups de feu s’échangeaient déjà entre les quartiers alaouites et sunnites. La ville de Tripoli a toujours été considérée comme le principal bastion au Liban de l’islam rigoriste et, pour l’instant, on ne sait pas encore comment se positionneront vraiment les chrétiens. On peut cependant prévoir qu’ils en auront bien vite assez de la folie des rebelles syriens, dont le slogan est le suivant: “Les chrétiens à Beyrouth, les alaouites au cimetière!”.

Q.: L’UE vient encore de prolonger l’embargo sur les armes contre la Syrie, vu que l’Europe ne montre aucune unité diplomatique ou stratégique. Peut-on considérer cette posture comme un prise de position inutile de la part de l’UE?

PSL: Les Européens montrent une fois de plus une image lamentable, surtout les Français et les Anglais. Cette image lamentable, à mes yeux, se repère surtout dans la tentative maladroite des Français de prouver que le régime d’El-Assad utilise des gaz de combat, affirmation purement gratuite car il n’y a pas l’ombre d’une preuve. Cependant, les seuls qui auraient un intérêt à utiliser des gaz, même en proportions très limitées, sont les rebelles, car Obama a déclaré naguère que l’utilisation de telles armes chimiques constituerait le franchissement d’une “ligne rouge”, permettant à l’Occident d’intervenir.

Q.: L’Occident pourra-t-il encore intervenir, surtout les Etats-Unis, même sans utiliser de troupes terrestres et en imposant militairement une zone interdite aux avions d’El-Assad?

PSL: Les Américains ne sont pas prêts, pour le moment, à franchir ce pas parce qu’ils ne veulent pas s’impliquer encore davantage dans les conflits du Proche Orient et surtout parce qu’ils en ont assez du gâchis libyen. L’Occident a certes connu une forme de succès en Libye, en provoquant la chute de Khadhafi, mais le pays est plongé depuis lors dans un inextricable chaos dont ne perçoit pas la fin. En Cyrénaïque, plus précisément à Benghazi, où l’on a cru naïvement qu’un soulèvement pour la démocratie avait eu lieu, l’ambassadeur des Etats-Unis a été assassiné. On aurait parfaitement pu prévoir ce chaos car la Cyrénaïque a toujours été, dans l’histoire, la province libyenne la plus travaillée par l’islamisme radical.

On a cru tout aussi naïvement que des élections allaient amener au pouvoir un gouvernement modéré et pro-occidental, mais on n’a toujours rien vu arriver... Les luttes acharnées qui déchirent la Libye sont organisées par les diverses tribus qui ont chacune leurs visions religieuses propres.

Q.: L’Occident soutient les rebelles en Syrie tandis que la Russie se range derrière El-Assad. Peut-on en conclure que, vu les relations considérablement rafraîchies aujourd’hui entre l’Occident et la Russie, la guerre civile syrienne est une sorte de guerre russo-occidentale par partis syriens interposés?

PSL: Bien sûr qu’il s’agit d’une guerre par partis syriens interposés: les Russes se sont rangés derrière El-Assad, comme vous le dites, de même que l’Iran et le premier ministre irakien Nouri Al-Maliki. La frontière entre la Syrie et la Turquie est complètement ouverte, ce qui permet aux armes, aux volontaires anti-Assad et aux combattants d’Al Qaeda de passer en Syrie et de renforcer le camp des rebelles. De plus, en Turquie, on entraîne des combattants tchétchènes, ce qui me permet de dire que l’Occident s’est bel et bien allié à Al-Qaeda.

Q.: Quelles motivations poussent donc les Turcs? Sont-ils animés par un rêve de puissance alimenté par l’idéologie néo-ottomane?

PSL: Selon toute vraisemblance, de telles idées animent l’esprit du premier ministre turc Erdogan. Mais, depuis peu, des troubles secouent toute la Turquie, qu’il ne faut certes pas exagérer dans leur ampleur parce qu’Erdogan est bien installé au pouvoir, difficilement délogeable, ne peut être renversé. Mais les événements récents égratignent considérablement l’image de marque de la Turquie, telle qu’elle avait été concoctée pour le public européen, celle d’un pays à l’islam tolérant, exemple pour tout le monde musulman. Cette vision vient d’éclater comme une baudruche. Mais les véritables inspirateurs des rebelles syriens sont les Saoudiens, dont la doctrine wahhabite est précisément celle des talibans.

Q.: L’Autriche va retirer ses casques bleus du Golan. On peut dès lors se poser la question: la mission de l’ONU dans cette région pourra-t-elle se maintenir? Si la zone-tampon disparaît, ne peut-on pas craindre une guerre entre Israël et la Syrie?

PSL: Pour les Israéliens, ce serait stupide de déclencher une guerre, ce serait une erreur que personne ne comprendrait car depuis la fin de la guerre du Yom Kippour, il y a près de quarante ans, il n’y a pas eu le moindre incident sur la frontière du Golan. J’ai visité là-bas les casques bleus autrichiens et ils ne m’ont pas mentionné le moindre incident. Aujourd’hui toutefois les échanges de tirs ont commencé et les groupes islamistes extrémistes s’infiltrent; il vaut donc mieux que les Autrichiens, qui ont l’ordre de ne jamais tirer, se retirent au plus vite.

Q.: Mais alors une guerre entre Israéliens et Syriens devient possible...

PSL: Israël a une idée fixe: la grande menace viendrait de l’Iran, ce qui est une interprétation totalement erronée. Si les rebelles ont le dessus en Syrie, Israël aura affaire à des islamistes sunnites sur les hauteurs du Golan. Bien sûr, on me rétorquera que le Hizbollah chiite du Liban est, lui aussi, sur la frontière avec Israël, mais il faut savoir que le Hizbollah est une armée disciplinée. Sa doctrine est aussi beaucoup plus tolérante qu’on ne nous l’a dépeinte dans les médias occidentaux: par exemple, dans les régions tenues par le Hizbollah, il n’y a jamais eu de persécutions contre les chrétiens; les églises y sont ouvertes et les statues mariales y demeurent dressées. Toutes choses impensables en Arabie Saoudite, pays qui est un de nos chers alliés, auquel l’Allemagne ne cesse de fournir des chars de combat... Nous vivons à l’heure d’une hypocrisie totale.

Q.: Vous venez d’évoquer l’Iran: un changement de cap après les présidentielles est fort peu probable, surtout si la figure de proue religieuse demeure forte en la personne de Khamenei...

PSL: On a largement surestimé Ahmadinedjad. Il a certes dit quelques bêtises à propos d’Israël mais dans le monde arabe il y a bien d’autres hommes politiques qui ont dit rigoureusement la même chose, sans que les médias occidentaux n’aient jugé bon de lancer des campagnes d’hystérie. Certes, le zèle religieux est bien repérable chez les Chiites d’Iran et, dans les villes surtout, le nationalisme iranien est une force politique considérable. Si un conflit éclate, l’Iran n’est pas un adversaire qu’il s’agira de sous-estimer.

Q.: Le programme nucléaire iranien, si contesté, est aussi et surtout l’expression d’un nationalisme iranien...

PSL: On ne peut prédire si l’Iran se dotera d’un armement nucléaire ou non. Mais on peut émettre l’hypothèse qu’un jour l’Iran deviendra une puissance nucléaire. Cela ne veut pas dire que l’Iran lancera des armes atomiques contre ses voisins car Téhéran considèrera cet armement comme un atout dissuasif, comme tous les autres Etats qui en disposent. L’Iran, tout simplement, est un Etat entouré de voisins plus ou moins hostiles et aimerait disposer d’un armement atomique dissuasif.

Propos recueillis par Bernhard Tomaschitz.

(entretien paru dans “zur Zeit”, Vienne, n°24/2013).